Vittorio Sgarbi

Berlusconi non ha avuto i coglioni di seguire l’istinto e le sirene dell’’amicizia. Gli avevo consigliato di assecondare la prudenza della Merkel, una donna che probabilmente non gli piace ma che davanti all’ipotesi dell’attacco alla Libia aveva preferito mettersi in un angolo e mostrare le palle. Silvio non ce l’ha fatta e forse, avrà qualche rimorso. Ma cinicamente, la ragione era dalla parte dei vari falchi, dal presidente Napolitano a Frattini, fino a La Russa. Nelle santabarbare della Cirenaica non c’erano armi chimiche, ma solo polvere e vecchi fucili. Con mio grande stupore, la resistenza libica si è sgretolata in fretta”. Vittorio Sgarbi, quasi vent’anni fa, fu il primo italiano a violare l’embargo libico. Due Cessna partiti da Lampedusa a notte fonda. Lui, l’editore Niki Grauso, una banda di pirati. “Il pilota, per evitare il ritiro del patentino, sostenne che gli avevamo puntato la pistola contro. Altri tempi”.

Ora Gheddafi non c’è più.

Lo abbiamo lisciato e blandìto fino a che ci è parso comodo. Poi l’abbiamo abbandonato. Intorno a Gheddafi si agitavano in tanti. Destra sinistra, centro, poteri forti, istituzioni deboli. E’ la storia di sempre. La nostra storia impastata con la vigliaccheria e l’opportunismo.

Chi lo lisciava?

Il nostro universo imprenditoriale, i petrolieri, l’Eni, il governo, l’opposizione, le forze di polizia. Durante l’ultima visita romana, l’avete scritto anche voi, la gara dei ministri e dei sottosegretari impegnati a farsi fotografare con il leader era impudìca. Una legittimazione evidente. Anche monsignor Mogavero, interpretò la rilettura del Corano di Gheddafi in modo laico. La definì un’opportunita utile anche alla religione cattolica. E Mogavero non è sciocco.

I protagonisti della gara?

Ambiguamente, tutti. Quelli che pensavano che la Libia fosse un baluardo contro al Queda, gli uomini d’affari e i presenzialisti annoiati. I ministri, i prefetti, i direttori generali della Rai. Dopo la caduta dell’embargo, da Dini a Andreotti, passando per La Torre, Scaroni, Berlusconi, Pisanu, Letizia Moratti, D’Alema, La Russa e Frattini, non c’era fetta della torta costituzionale che si vergognasse a far di conto con Gheddafi. Persino Tony Blair si fece fotografare con Muammar. Baci e abbracci.

Poi cosa successe?

Chi contava, all’improvviso, decise di gettarlo a mare. Paradossalmente, mi accorsi del trapasso proprio leggendo i resoconti giornalistici dell’ultima visita romana. Lo prendevano per il culo. L’ironia feroce sulle gheddaffine, lo scherno sull’abbigliamento, l’attenzione cattiva verso le tende berbere e il circo ambulante. Capii che il libero insulto era la prima avvisaglia della fine

Una novità?

Fino al giorno prima, nessuno si era permesso. Gheddafi era improvvisamente tornato il mostro di Lockerbie. Lo stragista. Il terrorista descritto con spreco di particolari efferati del pre-embargo. Segni impercettibili, ma rivelatori su quello che di lì a breve sarebbe accaduto.

Le gheddafine?

Ragazze di media intelligenza, con la sola colpa di aver accettato un rimborso di 80 euro.

Con Gheddafi, Berlusconi era in ottimi rapporti.

Dopo la cena, i lustrini e gli spettacolini dell’ultima visita romana, assistemmo assieme a una mostra. Foto d’archivio dell’occupazione italiana, non esattamente commendevoli. Nonostante le sue colpe, Gheddafi aveva convinto Silvio che, all’epoca della colonizzazione, gli italiani si fossero dimostrati i peggiori assassini del pianeta. Berlusconi era turbato, commosso. Così provai a convincerlo a non concedere le basi per bombardare la Libia.

Risultato?

Da amministratore di Salemi, il mio scrupolo non era etico né metafisico. Con Berlusconi fui insistente. “Silvio, liberiamo l’aeroporto di Trapani dai militari. Qui sbarcano quasi due milioni di turisti l’anno. Le divise li faranno fuggire”. L’avevo quasi persuaso. “Gli voglio bene, potremmo anche ritirare le truppe”, diceva. Poi ha prevalso la ragion di Stato. Le dirò una cosa che la stupirà.

Siamo qui.

Mentre assistiamo alle più penose dissociazioni tardive, bisognerà registrare che gli unici a opporsi alla soluzione militare sono stati Antonio Di Pietro, Maroni e Bossi. Nel mio ultimo incontro con Gheddafi, gli suggerii un parallelismo con il leader della Lega. “Ti somiglia e non solo a livello fisiognomico. Veste di verde, è combattivo”.

Adesso?

Dietro l’angolo non c’è la democrazia. Governeranno gli stessi che fino a un minuto fa, prendevano ordini dal dittatore. Anche Fanfani, Bocca e Spadolini erano stati nel Fascismo e poi, al momento giusto, diventarono i cantori della riscossa. Fuggire in tempo è un’arte. Il vero Gheddafi oggi, in un ribaltamento borgesiano, è il ventenne che gli spara. E ride perché ha colpito un debole. Un sorriso sinistro, demente, vuoto.

Sembra dispiaciuto.

Berlusconi mi ha deluso. Era combattuto tra le bombe che buttava all’antico sodale e il dubbio lecito: “Perché cazzo lo sto facendo?”. Ha optato per il realismo. Hanno vinto loro, senza che in realtà abbia trionfato nessuno. Così poi non si ammazza neanche un animale.

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