Bv Tech. Ovvero come farla in barba a Regione e Provincia portandosi pure a casa 100mila euro di fondi europei. O almeno, questo è quello che pensano i lavoratori che hanno chiesto alla Procura di Bologna di fare luce sulla vicenda, e capire se le istituzioni, Regione in primis, abbiamo vigilato poco e male.

Quella di Bv Tech è una storia paradossale, dove si è pensato di trasformare operai che facevano sigarette in ingegneri e tecnici informatici. Per poi mandarli a sistemare campi da calcio a Milano Marittima e a fare interviste sui bus di Mantova. E alla fine annunciare la chiusura e lasciare 53 persone in cassa integrazione straordinaria.

Dodici mesi che portano dritti alla messa in mobilità e alla disoccupazione. In piena crisi economica. Un disastro politico per la Regione che ha creduto nell’operazione di riqualificazione degli operai. E anche un disastro economico, perché soldi pubblici sono stati spesi per corsi di formazione giudicati inutili da chi li ha fatti, e per ammortizzatori sociali che dovevano traghettare i 53 operai verso un lavoro che è svanito.

“Se ci sono responsabilità qualcuno se le assuma, e paghi”, è la loro richiesta. Il dito è puntato verso l’attuale assessore alle attività produttive, Gian Carlo Muzzarelli, ma sopratutto verso il suo predecessore, Duccio Campagnoli, ora presidente di Bologna Fiere.

La storia inizia nel  2003, quando i dipendenti della Manifattura Tabacchi, all’epoca Monopoli di Stato, passano alla Bat Italia, divisione della British American Tobacco. Un anno dopo Bat annuncia già l’intenzione di chiudere. Le cose sembrano sistemarsi quando la Regione mette gli occhi sul terreno di via Ferrarese dove sorge la fabbrica e decide di realizzarci il Tecnopolo, il (futuro) centro di eccellenza per la ricerca e le nuove tecnologie. Centomila metri quadrati da riempire con oltre mille persone.

Tra i registi dell’operazione l’allora assessore regionale alle attività produttive Campagnoli. Un affare perché da via Aldo Moro vengono sborsati 19 milioni di euro, contro un valore di mercato più che doppio. Bat si libera dei dipendenti “presentando” Bv Tech, azienda interessata ad assumere gli operai. E già qui iniziano i problemi.

Per l’avvocato che ha presentato l’esposto per gli operai, Marina Prosperi, “la Regione non ha ottenuto garanzie adeguate sulla sorte dei lavoratori e ha lasciato dismettere una fabbrica di sigarette, che da che mondo è mondo non è mai andata in crisi”. “Guarda caso – commenta Marco Colli della Cgil – un’azienda informatica come Bv Tech sceglie di espandersi a Bologna e invece di assumere personale esperto, tecnici e ingegneri, punta a riconvertire degli operai. E a trasformali in esperti di reti informatiche”.

Come? Con corsi di formazione di 1000 ore a testa. Corsi che vengono affidati a una controllata da Bv Tech (che prende i soldi) e che vengono finanziati dalla Provincia attraverso fondi europei. Centomila euro in tutto vengono “sprecati perché – spiega Paola Ferrigno, delegata Fiom – nessuno di noi operai capiva quello che ci veniva detto, le materie di insegnamento erano infatti tutte a base di matematica e teoria delle reti informatiche”.

“E’ stata un’umiliazione, forse speravano che ce ne saremo andati da soli”, aggiunge Ferrigno. “Intanto i soldi pubblici sono stati presi da un’azienda che poi è sparita e  ha lasciato gli operai a casa – commenta Roberto Sconciaforni, consigliere regionale di Rifondazione che ha seguito la vicenda – operazioni come quella di Bv Tech non sono più tollerabili”.

La formazione si interrompe nel marzo 2010 e 40 operai vengono messi in cassa integrazione. Altri 18 vengono utilizzati non in progetti informatici, ma per le mansioni più strampalate. Dal sistemare i campi da calcio a Milano Marittima al fare interviste di gradimento sui bus a Mantova, passando per attività di telemarketing. “Insomma, non esattamente un progetto industriale serio”, spiega Colli.

Pochi giorni fa l’epilogo, con BvTech che annuncia di volere chiudere con Bologna. L’accordo è stato firmato a Roma solo dalla Cisal, ma quello che doveva succedere è successo. “Non rilasciamo dichiarazioni”, dicono i manager dell’azienda informatica che spiegano di volere parlare solo con “chi di competenza”. Intanto l’unica cosa sicura è la cassa integrazione straordinaria per i 53 lavoratori e l’assessore regionale alle attività produttive Muzzarelli – “sono infuriato”, dice – che annuncia un incontro con l’azienda perché “vuole capire”. Forse un po’ tardi.

Sarà per questo che gli operai hanno depositato un esposto in Procura. Per loro è proprio la Regione, che si era fatta garante del processo di formazione e reinserimento lavorativo, ad essersi fatta prendere per il naso da un’azienda che un piano industriale non ce l’aveva. E che infatti ora chiude dopo avere promesso ogni volta (l’ultima volta solo 4 mesi fa) di trovare una collocazione per i 53 operai.

Senza dimenticare che il Tecnopolo, annunciato fiore all’occhiello dell’Emilia-Romagna, è abbandonato da anni alla devastazione di vandali e ladri.

di Giovanni Stinco

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