Doveva essere il momento della verità, è terminato con un nulla di fatto. Il consiglio dei ministri che avrebbe dovuto varare il “decreto sviluppo”, vale a dire le ricette anticrisi tanto attese di partner europei e dalle parti sociali, si è chiuso senza alcuna decisione in merito. Né è stata comunicata una nuova convocazione per i prossimi giorni. Nella giornata sono state diffuse indiscrezioni e una bozza di decreto, che conteneva tra l’altro ben dodici misure di condono fiscale, subito smentite dal ministero dello Sviluppo. Con tanto di polemica su una legge ad personam in materia ereditaria.

Ma il nodo sembra essere quello delle pensioni. Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi pensa all’innalzamento dell’età pensionabile, da 65 a 67 anni, come piatto forte del pacchetto. La Lega nord, però, non ci sta, perché “le pensioni non si toccano”, come ha ripetuto Umberto Bossi in questi ultimi mesi. Al termine del Consiglio dei ministri finito in niente, si sono ritrovati a cena il premier, Bossi, Roberto Calderoli, Roberto Maroni, Giulio Tremonti e Gianni Letta. Per continuare a “ragionare” sul tema, a quanto si apprende.

Bossi pare intenzionato a “non cedere di un millimetro”, e in consiglio dei ministri avrebbe invocato “soluzioni che vadano bene a tutti”, cosa non facile in materia economica. Per chiarire il clima, la Padania ha preparato un titolo di prima pagina piuttosto netto: “Scontro finale sulle pensioni. Oggi il D-day. No all’innalzamento dell’età pensionabile. La Lega non arretra di un passo, coerente con la posizione già espressa con la manovra di agosto”. Corredato da un virgolettato di Rosi Mauro, vicinissima a Bossi e segretario generale del sindacato padano: “Adesso basta. E’ arrivato il momento di smetterla di mettere le mani nelle tasche dei lavoratori e dei pensionati”.

Rischia così di non essere onorato l’ultimatum dei partner europei, Francia e Germania in testa, che dopo il nulla di fatto al vertice di domenica pretendevano da Berlusconi, entro mercoledì prossimo, provvedimenti chiari ed efficaci per affrontare la crisi e imboccare la via della crescita economica. A questo punto il presidente del consiglio rischia di presentarsi di nuovo a mani vuote, o con indicazioni generiche neppure messe sulla carta di un atto approvato dal governo.

Una situazione preoccupante che potrebbe portare alla caduta del governo, secondo fonti parlamentari del Pdl raccolte dalle agenzie di stampa. Se Berlusconi e Bossi non trovassero l’accordo, si farebbe strada un nuovo esecutivo istituzionale o tecnico, guidato da Gianni Letta – che si sarebbe detto disponibile e ne avrebbe già parlato con Berlusconi -, da Renato Schifani o da Mario Monti. In alternativa, il voto anticipato.

Commenti trancianti dall’opposizione: “Se si pensa a un governo che cerca i nostri voti in Parlamento per fare quelle riforme che non sono riusciti a fare con la Lega, se lo scordino”, afferma il presidente del Pd Rosy Bindi. “Noi non andiamo a fare la stampella di nessuno”. La condizione è che Berlusconi faccia un passo indietro e che la maggioranza ammetta i propri errori, dopodiché “siamo disponibili a un governo del presidente della Repubblica che dia un incarico a una personalità che possa sedersi in Europa con prestigio e non ci faccia assistere all’umiliazione di questi giorni. Altrimenti l’unica via d’uscita sono le elezioni”. E per l’Idv, Antonio Di Pietro ironizza sul consiglio dei ministri della verità, finito invece “a tarallucci e vino”.

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