“Ma ci sono tutte le vecchie guardie qua”. Le “vecchie guardie” sono quelle della Democrazia Cristiana e nel suo ricordo è tutto un baci e abbracci, mani che si stringono e pacche sulle guance per festeggiare gli 80 anni di Virginangelo Marabini, politico dc che ha ricoperto alti incarichi in Regione e che è stato segretario del presidente della Camera ai tempi di Nilde Iotti e poi membro dell’ufficio di presidenza di Montecitorio. Quella celebrata nella sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio di Bologna è stata anche l’occasione per presentare il libro “Voltandomi indietro. Sessant’anni fra la gente” (Edizioni Pub), memorie che Marabini ha affidato alla carta e al suo coautore, il giornalista Vittorio Zerbini.
E in effetti le “vecchie guardie” c’erano tra la gremitissima platea. Giancarlo Tesini, Emilio Rubbi, gli Andreatta, il cui più celebre Benianimo è mancato nel 2007, e l’onorevole Cappelli, “colui con cui ho condiviso la casa per due legislatura”, ha detto Marabini. Ma le guardie erano rappresentate anche dall’oggi, tra l’attuale dell’università di Bologna Ivano Dionigi e i suoi predecessori, Fabio Roversi Monaco e Pier Ugo Calzolari. E poi, ancora, monsignor Ernesto Vecchi, già arcivescovo della città prima dell’arrivo di Carlo Caffarra (tra coloro che hanno inviato un messaggio a Marabini insieme a Gianfranco Fini, Oscar Luigi Scalfaro, Giorgio Napolitano, Giovanni Bersani e Carlo Guelfi).
In rappresentanza del consiglio comunale (terminato in anticipo in vista dell’appuntamento all’Archiginnasio) Maurizio Cevenini, Simona Lembi e Patrizio Giuseppe Gattuso. Per la provincia, invece, la presidente Beatrice Draghetti e il suo vice Giacomo Venturi. In platea, inoltre, Romano Prodi, che ha dribblato il summit dei rottamatori dello scorso week end, ma non ha rinunciato a ritrovarsi con i vecchi amici di battaglie politiche.
Insomma, un parterre delle grandi occasioni per riguardare a un partito, la Democrazia Cristiana, che non esiste più e che ha lasciato un evidente rimpianto tra chi c’era in sala. Ma non la si confonda però con la nostalgia, avverte il leader dell’Udc Pierferdinando Casini, “qui si sta parlando di persone che hanno servito la politica, non che ne sono serviti”. Rievocando poi i confronti nell’aula di Montecitorio tra Marabini e Aldo Moro, precisa inoltre che i toni del presidente della Dc ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978 non sono quelli rissosi “della Santanché o di La Russa”. E soprattutto Casini dà segno di apprezzare una partecipazione così nutrita. “Non essendo un’assemblea di indignati, non è facile trovare una sala tanto affollata”.
La Imola dei tempi che furono, vissuti qui dall’onorevole Virginangelo Marabini, e poi l’inizio dell’attività nell’Azione Cattolica seguita fin su, fino ai palazzi della politica romana passando per la parabola politica di Alcide De Gasperi e della solidarietà nazionale, negli anni di piombo e dell’emergenza terrorismo. In proposito lo storico Paolo Pombeni ha osservato che quelle esperienze di governo e di dialogo con l’opposizione sono state la dimostrazione di “una capacità insita in questo Paese di fare sistema. Una capacità perduta, dato che la politica di oggi ha perso il concetto di lungo periodo”.
L’ex liberale e intellettuale Antonio Faeti ha ricordato la linea “del garbo e dell’alleanza” in tanti momenti del confronti tra partiti, “a iniziare dalle elezioni del 1958, dopo l’invasione dell’Ungheria del 1956” e le spaccature che questi eventi avevano generato, a iniziare da quelle all’interno del Partito Comunista. E sull’argomento è tornato anche Casini quando ha fatto notare che, a differenza di oggi, allora si “trovava assieme il modo di capire che, stante le differenze, esiste la terzietà delle istituzioni”.