Anna Maria Franzoni, al termine di un iter giudiziario che tra indagini e tre gradi di processo è durato dal 2002 al 2008, potrebbe accedere ai benefici di legge che le consentirebbero di incontrare i figli. O almeno lo verrebbe fortemente.

Condannata a 16 anni di carcere per l’omicidio del figlio Samuele, 3 anni, ucciso il 30 gennaio 2002 in località di Montroz, comune di Cogne, e detenuta nel carcere bolognese della Dozza, già l’estate scorsa aveva affidato agli suoi avvocati, i legali Paola Savio e Lorenzo Imperato, una prima richiesta senza tuttavia ottenere successo presso il tribunale di sorveglianza. Ora siamo al secondo round con un ricorso contro il no di poche settimane fa.

Tutto si giocherebbe intorno alla percentuale di pena da scontare prima di poter godere di permessi, come quello di lasciare il carcere per qualche periodo. Per il giudice che ha già rigettato l’istanza del team legale, dovrebbe essere almeno la metà mentre per gli avvocati si scende a un quarto, il 25%. Inoltre c’è il conteggio degli anni di carcere che differisce da quelli comminati nel 2007 dalla corte d’assise d’appello di Torino e poi confermati l’anno successivo dalla suprema corte.

Se i giudici hanno ritenuto che la donna dovesse trascorrere dietro le sbarre 16 anni della sua vita, quelli effettivi devono essere decurtati dei 3 tagliati dall’indulto del 2006 per tutti i reati commessi prima del 2 maggio di quell’anno. Inoltre c’è quanto il conteggio che una volta andava sotto la dicitura “buona condotta”, 45 giorni ogni semestre che la detenuta non ha dato problemi e ha partecipato alle attività formative e professionali proposte dalla struttura carceraria. E poi c’è il precedente per Anna Maria Franzoni, nata nel 1971 a San Benedetto Val di Sambro, provincia di Bologna, che era uscita dalla Dozza per partecipare alle esequie del padre, strenuo sostenitore della sua innocenza.

Tutti questi elementi sono ora al vaglio del tribunale di sorveglianza, per il quale dovrà decidere il giudice Francesco Maisto. Per farlo, vista una situazione che non appare lineare mettendo a confronto le parti che già si sono confrontate, è stato chiesto altro tempo. Sulla decisione finale, comunque, potrebbe giocare poi una perizia psichiatrica datata novembre 2008 in base alla quale, nonostante fosse stata richiesta dalla donna, è stato sottolineato il rischio di reiterazione di reato nel caso dovesse incontrare gli altri due figli, il primo più grande di Samuele e il secondo nato dopo la morte del fratellino.

Invece non dovrebbe pesare un’altra vicenda giudiziaria a carico di Anna Maria Franzoni. È quella partita dall’accusa di calunnia sporta da Ulisse Guichardaz, un uomo che abitava poco lontano dalla villetta di Cogne dove si è consumato il delitto e indicato da Franzoni e dal marito Stefano Lorenzi come la persona da indagare per scoprire l’assassino del bambino. All’iniziale accusa di calunnia contro la donna, rinviata a giudizio dalla procura di Torino all’inizio del 2009, si era aggiunta anche quella di frode processuale e in primo grado è arrivata la condanna pronunciata dal tribunale del capoluogo piemontese lo scorso 19 aprile. Un anno e 4 mesi il verdetto. Ma per questa vicenda occorre attendere che l’iter raggiunga la sentenza definitiva.

In ultimo una nota sul periodo di detenzione alla Dozza di Anna Maria Franzoni. Per un periodo la donna è stata in cella con la celebre teleimbonitrice Wanna Marchi, condannata il 4 marzo 2009 in via definitiva a 9 anni e 6 mesi anni di carcere per bancarotta fraudolenta, truffa aggravata e associazione per delinquere. La vicenda si riferisce all’attività della Ascié Srl, che “vendeva” attraverso il piccolo schermo numeri del lotto e pozioni magiche e “convinceva” i clienti a suon di minacce e intimidazioni. Marchi dallo scorso 7 ottobre è in regime di semilibertà e lavora in bar di Milano di proprietà del fidanzato della figlia, Stefania Nobili, da un anno ai domiciliari per la stessa vicenda.

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