Per la prima volta, le indiscrezioni di Palazzo parlano di un premier disposto a farsi da parte, dopo il fallimento del consiglio dei ministri e lo stallo sulle pensioni. Potrebbe farsi avanti Gianni Letta, con il beneplacito del Cavaliere
Silvio Berlusconi si starebbe convincendo a fare il passo indietro. Dopo il fallimento del consiglio dei minisitri di ieri sul decreto sviluppo, le indiscrezioni di palazzo parlano di un premier per la prima volta rassegnato a lasciare Palazzo Chigi, se non fosse possibile superare lo stallo con la Lega sul fronte dele pensioni e arrivare in tempi rapidissimi a misure condivise sulla crisi e sulla crescita economica. Che entro mercoledì dovrebbero essere presentate ai partner europei, un appuntamento che desta preoccupazione nei palazzi istituzionali.
Fonti parlamentari del Pdl riferiscono, dopo l’avvertimento dell’Unione europea all’Italia, di un colloquio telefonico tra Gianni Letta e il premier, durante il quale si sarebbe parlato anche della eventualità che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio possa diventare capo del governo se il Cavaliere non riuscisse a trovare un’intesa con il Carroccio. Letta avrebbe manifestato la sua disponibilità, ma solo come ‘extrema ratio’.
Le “exit strategy” che circolano all’interno del Pdl prevedono alternative, come un governo istituzionale guidato dal presidente del Senato Renato Schifani, ma non si esclude affatto la corsa al voto anticipato, magari a marzo. L’opposizione rispolvera invece l’eterno nome di Mario Monti a capo di un possibile governo tecnico.
L’ipotesi di show down è ormai apertamente evocata anche dai berlusconiani di più stretta osservanza. O si fa il decreto sviluppo “o andiamo a casa”, afferma il sottosegretario Daniela Santanché. “E’ il momento della verità, della responsabilità e anche del coraggio”. Mercoledì Berlusconi “deve portare una proposta forte e concreta, altrimenti salta tutto”, afferma Mario Mauro, capogruppo del Pdl al Parlamento Europeo, in una intervista ad Avvenire. “Mi auguro che alla fine Berlusconi riesca a convincere Bossi e in buona misura anche Tremonti sulla necessità di mettere mano alla riforma della previdenza”. E se Bossi dovesse tenere fede alla linea dura del no? “In questo malaugurato caso, si dovrebbe prendere atto che la Lega pensa ai suoi interessi invece che a quelli della nazione. Ma a quel punto, il premier dovrebbe andare in Parlamento per consentire l’approvazione rapida delle misure con chi ci sta. Dopo, naturalmente, dovrà recarsi al Quirinale per sancire la fine della maggioranza e del governo”.
Persino il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto prende in considerazione l’ipotesi: “In caso di caduta del governo Berlusconi ci sarebbe un autentico salto nel buio con conseguenze assai negative anche per la tenuta finanziaria del paese. Allora va fatto ogni sforzo per ricompattare la maggioranza anche sulle questioni programmatiche più delicate”.
Anche perché se i nuovi provvedimenti pretesi da Bruxelles, pensioni in testa, passassero con maggioranze alternative, la Lega ne trarrebbe le estreme conseguenze: “Se il Pdl farà passare il decreto sull’innalzamento dell’età pensionabile con i voti del terzo polo, vorrà dire che non c’è più maggioranza, e quindi governo”, afferma l’eurodeputato leghista Matteo Salvini.
Intanto a Roma, a Palazzo Grazioli, è in corso un vertice di maggioranza per fare il punto della situazione in vista del vertice europeo straordinario di Bruxelles, in programma mercoledì. Alla riunione partecipano, oltre al premier, Angelino Alfano, i ministri Roberto Calderoli, Maurizio Sacconi e Roberto Maroni, nonché i capigruppo di Lega e Pdl di Camera e Senato.