Con il docente di economia politica che insegna alla Statale di Milano si torna sul solco della tradizione. Archiviato il triennio modernista del politologo che insegna alla facoltà di Scienze Politiche a Bologna. Simili, nuovo vicedirettore: "Parlare di Shoah con una graphic novel può non essere piaciuto alla generazione più vicina agli anni della fondazione della rivista".
Tra chi lo fa c’è il politologo Gianfranco Pasquino, firma storica del bimestrale, che dice di essere “molto contento. Michele Salvati è un eccellente studioso che ha il senso della politica e del dibattito colto, oltre che nutrire profondo rispetto per le opinioni che non condivide. Sono certo che saprà riportare la rivista a quel livello sfuggito agli ultimi tre anni anni di direzione”. Grandi speranze con vene polemiche, dunque, condivise anche da altre voci dell’assemblea dei soci che sembrano non aver apprezzato fino in fondo la guida di Ignazi, secondo alcuni in difetto di idee e di profondità dei contenuti.
Tra i motivi di critica, in parte pare che si sia trovato poco compattamento intorno alla scelta della nuova veste grafica della rivista, improntata ad articoli più brevi e all’inclusione di aree tematiche che, accanto a quelle storiche basate più su tradizione europeista, democrazia dell’alternanza e bipolarismo, hanno incluso società, costume, satira e creazione artistica. Da parte del precedente comitato di direzione – del quale si confermano in quello attuale, oltre allo stesso Ignazi, anche Bruno Simili, che passa da redattore capo a vicedirettore, Roberto Escobar e Loredana Sciolla – si dice che l’obiettivo era e rimane quello di “svecchiare” il bimestrale ed esplorare settori considerati forse più pop per capirne motivazioni e linee di evoluzione della cultura contemporanea.
“Non si può accontentare tutti”, dichiara Ignazi a fronte delle critiche. “Tutte le voci dissonanti vanno ascoltate, ma la candidatura di Michele Salvati, che è persona che stimo, come tanti miei scritti confermano, non era in contrapposizione alla mia. Tanto che lo stesso Salvati mi ha offerto la direzione, ma essendo emerso in assemblea un orientamento diverso ho ritenuto di non accettare. Aggiungo che, quando mi sono insediato, per le innovazioni ho raccolto richieste che provenivano dall’associazione, proprietaria della testata. In tre anni, inoltre, il 50% degli autori non aveva mai scritto prima. Segno che si vuole dare voce a nuove leve della cultura italiana. Infine la distribuzione della rivista ha mantenuto i livelli precedenti, risultato soddisfacente considerando il periodo”.
“L’ultima assembla”, afferma Bruno Simili, che non è solo neo vicedirettore ma anche segretario dell’associazione, “è stata sicuramente vivace, ma non litigiosa. È stato apprezzato non da pochi il lavoro di cambiamento della direzione Ignazi, che ha fatto scelte forti determinando di certo malumori, ma non malumori preoccupanti. Le faccio un esempio: parlare di Shoah attraverso gli strumenti della graphic novel può non essere piaciuto a una generazione più vicina agli anni della fondazione della rivista o dei suoi vagiti. E di certo c’è qualcuno che apprezza di più i vecchi articoli da 42 mila battute invece degli attuali, che si aggirano tra le 20 e le 21 mila. Ma posso dire che le scelte del precedente comitato di direzione, in parte riconfermato, sono state condivise. Sul nostro sito web, inoltre, siamo stati in grado di raccogliere autori più giovani della media di quelli della rivista, con persone che possono avere anche meno di 30 anni”.
La questione generazionale, dunque, sembra essere un elemento che può aver giocato al cambio di leadership. Se gli ultimi due direttori (prima di Ignazi c’è stato un acclamato Edmondo Berselli, scomparso l’11 aprile 2010 e rimasto alla guida del Mulino per 2 mandati consecutivi, dal 2002 al 2008) sono entrambi classe 1951, Salvati invece è nato nel 1937 e si attesta anagraficamente tra altri due nomi dell’accademia italiana che venivano indicati tra i papabili, Luigi Pedrazzi, che fu tra i fondatori della rivista, nata il 25 aprile 1951, e Carlo Galli, docente di storia delle dottrine politiche all’università di Bologna e più vicino ai due precedenti direttori.
di Antonella Beccaria e Davide Turrini