Se un operatore di polizia finirà sotto inchiesta per reati commessi in ordine pubblico, il procuratore capo dovrà sottrarre l’indagine al pm competente. E’ una “specifica norma” annunciata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, durante l’audizione alla Camera sugli incidenti di Roma del 15 ottobre, quando al corteo degli Indignati si sono verificati violenti scontri tra una parte dei manifestanti e le forze dell’ordine. Maroni ha parlato per l’esattezza di “intervento diretto del procuratore capo, cui spetterà procedere sottraendo la competenza al primo sostituto procuratore”.
La norma “che sto approfondendo”, ha spiegato il ministro, è stata “richiesta dai poliziotti e dai carabinieri, che hanno manifestato in tutti questi anni, dagli incidenti di Genova in poi, una sorta di timore psicologico a intervenire: dobbiamo dare loro la certezza che non possono passare da coloro che mantengono l’ordine pubblico a colpevoli delle violenze delle manifestazioni di piazza”. Vale la pena di ricordare che, per quanto riguarda il G8 di Genova del 2001, sono rarissimi i casi di agenti finiti indagati per episodi di piazza, mentre il grosso delle condanne agli uomini in divisa è arrivato per le violenze alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto (rispettivamente 25 e 44, in secondo grado). Cioè per episodi avvenuti in luoghi chiusi, su persone inermi, in momenti del tutto slegati dai cortei e dalle violenze di strada.
Maroni ha annunciato l’intenzione di proporre al governo e al parlamento altre misure in favore delle forze di polizia impegnate in ordine pubblico. Tra queste, un “rafforzamento delle tutele patrimoniali per gli operatori delle forze dell’ordine, perché oggi poliziotti e carabinieri devono pagare, altri servitori dello Stato no, e questo non è giusto”. Secondo il ministro dell’Interno, “bisogna garantire che chi va in piazza in una condizione difficilissima, in una condizione in cui rischia la vita, lo faccia serenamente, senza timore di essere perseguitato, perché questo è avvenuto”. Ma, ha precisato, “non si tratta di una legislazione speciale, né di una legislazione di emergenza”. Sono soltanto misure che, “coniugando equilibrio e rigore, offrono alle forze di polizia più strumenti sul fronte della prevenzione e del contrasto, per evitare che le nostre piazze vengano messe a ferro e fuoco da pochi delinquenti”.
Ancora, il ministro Maroni ha proposto di “estendere alle manifestazioni pubbliche l’aggravante, già prevista per quelle sportive, delle lesioni gravi e gravissime a pubblico ufficiale, con pene rispettivamente da 4 a 10 anni e da 8 a 16 anni”. Tra gli altri provvedimenti in cantiere, il ministro ha ribadito “l’introduzione del Daspo anche per le manifestazioni pubbliche; possibilità dell’arresto in flagranza differito; introduzione di nuovi reati tipici delle manifestazioni pubbliche come il possesso e il lancio di materiale pericoloso e il divieto di portare caschi protettivi e maschere antigas”.
Sul fronte delle indagini sulle violenze di Roma al corteo degli Indignati, Maroni ha sottolineato che “tra gli arrestati e i fermati compaiono numerosi giovani che appaiono privi di un precedente percorso militante”, a riprova “dell’effettiva presenza nelle fila degli insurrezionalisti di nuove leve accomunate soprattutto dalla voglia di esprimere il proprio disagio sotto forma distruttiva, senza una precisa collocabilità politica”.
Le indagini del Ros dei Carabinieri e della Digos proseguono e hanno portato finora “alla convalida dei dodici arresti già eseguiti e dei due fermi di polizia giudiziaria”.