I giudici di Milano hanno condannato Silvio Berlusconi a quattro anni nel’ambito del processo sui diritti Mediaset. Tre anni al produttore cinematografico Frank Agrama, considerato dalla Procura di Milano il “socio occulto” del Cavaliere. Le pene, come ha letto in dispositivo il presidente Edoardo D’Avossa, sono condonate. Il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, è stato assolto. Per l’ex presidente del Consiglio, i giudici hanno stabilito come pena accessoria l’interdizione dai pubblici uffici per tre anni. Agli imputati, in totale undici, veniva contestata la frode fiscale. I giudici hanno disposto un versamento a titolo di provvisionale di 10 milioni di euro da parte degli imputati condannati all’Agenzia delle Entrate.

Per capire meglio chi sia Mohamed Farouk Agrama, pubblichiamo il capitolo “Agrama, chi era costui?” estratto dal libro “Il regalo di Berlusconi”, di Peter Gomez e Antonella Mascali, edizioni Chiarelettere, 2009).

Ma chi è Agrama? Mohamed Farouk Agrama nasce in Egitto, lavora come regista in Libano, poi sullo scorcio degli anni Sessanta approda a Roma, dove fonda la Film Associates of Rome (Far) e comincia a dirigere e produrre pellicole trash: L’amico del Padrino, Sesso e pazzia, Si può fare molto con sette donne, Queen Kong. Nel luglio del ’79, mentre Berlusconi fa incetta di film alla Titanus per il varo di Canale 5, Agrama si butta nel business della compravendita di programmi tv. Dopo pochi mesi vola in California per lavorare con Paramount. Nel 1983 fonda, su Sunset Boulevard, la casa di produzione Harmony Gold. Insieme allo storico collaboratore del Cavaliere Daniele Lorenzano, diventa l’uomo Fininvest a Hollywood e fa soldi a palate, producendo film per la Berlusconi Communications e rifornendo le reti del Biscione di diritti su programmi Usa, tramite la Wiltshire Trading, in apparenza gestita da amministratrici di Hong Kong, come Paddy Yiu Mei Chan e Katherine Chun May Hsu. Secondo l’accusa, anche questa società svolge “un ruolo di intermediario analogo a quello di Universal One e Century One” per gonfiare i conti.

I pm sostengono addirittura che, tra il 1988 e il 1999, Fininvest prima e Mediaset poi abbiano speso 170 milioni di euro più del dovuto nell’acquisto di diritti dalla Paramount e sequestrano la somma record di 100 milioni di euro parcheggiata su una serie di conti svizzeri di Agrama, definito dagli inquirenti il “socio occulto” di Berlusconi. Proprio per questo oggi il premier e il suo amico americano sono anche imputati a Milano di appropriazione indebita in un’inchiesta che sarà chiusa solo nel 2009. Che sia sempre il Cavaliere il dominus della situazione, del resto, lo si evince da molti documenti riassunti in una lunga relazione redatta, per i pm, dalla società di revisione Kpmg. In un memorandum interno della Paramount del 3 marzo ’92, il manager Peter Carey si rivolge al collega Joe Lucas lamentandosi dell’errore commesso e inviando materiale pubblicitario alla Wiltshire Trading: La sola cosa di cui siamo orgogliosi è di servire un cliente e quando si chiama Berlusconi è estremamente importante che il servizio sia perfetto. In un’altra nota del 18 luglio ’97 indirizzata a Joe Lucas, alla voce “Berlusconi receivables” (crediti da incassare da Berlusconi), si legge: “Porto alla tua attenzione il significativo ammontare dei crediti scaduti di Harmony Gold/Wiltshire Trading”.

Poi si affacciano i problemi finanziari del Cavaliere che, prima della quotazione di Mediaset, si trova assediato da cinquemila miliardi di lire di debiti e così ritarda i pagamenti ai fornitori. Bruce Gordon, presidente di Paramount, discute la situazione con Lorenzano e fa presente che la Paramount ha arretrati per 18 milioni di dollari nel ’93, per 25 nel ’94 e per 13 nel ’95. Mister Gordon, dopo aver citato alcune possibili forme di pagamento, scrive: Spero che si possa procedere con questo piano. Berlusconi è un ottimo cliente che compera per l’Italia […]. Credo che, anche se ha qualche guaio, merita considerazione perché è un cliente veramente importante e un amico della mia compagnia. Infine, in un’altra nota dell’11 febbraio 1999, inviata su carta intestata Wiltshire Trading ai vertici di Paramount e per conoscenza a Pier Silvio Berlusconi, Agrama commenta: “Il gruppo Berlusconi lavora con Paramount da più di vent’anni e ha preso programmi per oltre 250 milioni di dollari”.

Insomma Berlusconi e Agrama, dal punto di vista delle major americane, sono la stessa persona. E, per capire fino a che punto si intreccino gli affari tra i due, è sufficiente seguire il percorso battuto, con alta acrobazia commerciale, dal film Love Kills. La pellicola fa parte di un pacchetto di diritti che Wiltshire Trading ha acquisito il primo gennaio ’93 da Paramount, per trasferirlo in seguito, con decorrenza primo luglio 1994-30 giugno 2000, a Universal One, la società offshore di proprietà di Pier Silvio Berlusconi. La Universal One il 31 dicembre ’93 gira la pellicola a un’altra società del gruppo Fininvest, la Principal Communications Ltd., ma concede lo sfruttamento dei diritti per soli due anni, dal 1° luglio ’94 al 30 giugno ’96. A sua volta il 10 gennaio ’94 Principal Communications vende la stessa decorrenza 1994-96 alla AMT Ltd. di Malta (società non ufficiale della holding del Cavaliere), che lo gira a Mediaset srl. Ma non è finita: Love Kills passa ancora di mano, venduto il primo settembre ’95 dalla Film Trading & Tv Productions di Montecarlo, di proprietà del commerciante di carni Erminio Giraudi, alla International Media Service, società di Malta, posseduta interamente e ufficialmente da Mediaset. Durata del diritto: dal 1° luglio ’96 al 30 giugno ’99. Insomma, lo stesso film viene commercializzato più volte e a ricomprarlo, da venditori apparentemente diversi, è sempre Mediaset. Con un enorme aumento di spesa.

Per anni la Procura di Milano chiede inutilmente alla magistratura americana di perquisire la casa e l’ufficio di Agrama. Ma finché Berlusconi, graniticamente schierato al fianco del presidente Bush, rimane premier, non si cava un ragno dal buco. I magistrati americani e italiani si scambiano lettere di fuoco. I primi polemizzano: “Ci dispiace che il nostro carico di lavoro non ci permetta di spiegarvi nei dettagli i vostri numerosi errori e omissioni”. I milanesi reagiscono: “Ci dispiace che il vostro “carico di lavoro” vi impedisca di adempiere pienamente al vostro dovere di collaborazione internazionale “.

Poi, il 15 novembre del 2006, con Berlusconi non più primo ministro e Bush indebolito dal voto di metà mandato, ecco la svolta (apparente). A Milano il processo per i diritti Mediaset è ai nastri di partenza e a Los Angeles il sostituto procuratore distrettuale Jason Gonzales spedisce in Sunset Boulevard 7655 – dove lavora Agrama e dove ha avuto sede anche un club di Forza Italia – più di cinquanta agenti della divisione “reati dei colletti bianchi” della Polizia federale. Gli uomini dell’Fbi sequestrano dieci computer, rovistano in tre piani di uffici e nella villa di Agrama in Canyon Back Road. Il produttore egiziano, da sempre finanziatore e sostenitore del Partito

repubblicano (a partire dal 2006 però sponsorizza la democratica Hillary Clinton), pare un uomo distrutto. Del contenuto dei documenti sequestrati non si sa pressoché nulla, ma il poco che trapela sembra bastare per segnare la fine della sua carriera. L’Fbi ha scoperto alcuni timbri con firme di Paddy Chan: la manager che in apparenza risultava sottoscrivere da Hong Kong i contratti sui diritti cine-tv della Wiltshire Trading. Per il produttore è una bella grana. Non solo in Italia, ma anche negli Usa: se i contratti venivano “fabbricati” a Los Angeles, allora anche i relativi redditi non erano prodotti a Hong Kong, come lui ha sempre sostenuto, bensì negli Usa. Se le cose stanno davvero così, il presunto “socio occulto” di Berlusconi ha evaso le tasse in America, dove notoriamente chi inganna il fisco se la passa maluccio. Nel giro di due mesi però la situazione cambia radicalmente. Mentre in Italia comincia il processo contro lui e Berlusconi, Agrama impugna a sorpresa la perquisizione del 15 novembre. I suoi difensori chiedono la restituzione dei documenti perché quel giorno gli agenti dell’Fbi erano accompagnati dal pm De Pasquale e da due suoi consulenti della Kpmg. Agrama contesta “l’illiceità e la scorrettezza del comportamento del team della pubblica accusa italiana nell’ottenimento e nell’esercizio del mandato di perquisizione e nel sequestro di prove” e accusa De Pasquale di aver fornito “informazioni inaccurate, fuorvianti o incomplete” sulle ipotesi di reato avanzate nei suoi confronti. In buona sostanza il produttore sostiene che il pm e i suoi consulenti hanno partecipato in modo attivo alla perquisizione, esaminando documenti preparati dai suoi legali e violando i diritti della difesa.

Sembra una mossa disperata. De Pasquale e i suoi consulenti hanno semplicemente seguito gli agenti dell’Fbi su invito di Jason Gonzales e non hanno potuto vedere alcunché. La Procura di Los Angeles si dice tranquilla e nelle telefonate con i colleghi milanesi si mostra ottimista, spiegando che ribatterà punto su punto alle accuse. L’udienza davanti al giudice che esaminerà il ricorso viene fissata a febbraio del 2007. A metà dicembre del 2006 Berlusconi parte all’improvviso per gli Usa. Vola a Cleveland, dove gli viene applicato un pacemaker. Ma al suo rientro la situazione appare cambiata. Ai primi di gennaio Jason Gonzales comunica alla Procura milanese che quella di Los Angeles non si opporrà più al ricorso di Agrama. Ha deciso così il capo che, secondo la legge americana, è di nomina politica. E quale sia negli Stati Uniti il potere del governo sugli inquirenti lo dimostra proprio quel che accade in quelle settimane: il 7 dicembre 2006 il ministro della Giustizia di Bush, Alberto Gonzales, ha rimosso sette procuratori federali considerati non abbastanza fedeli all’esecutivo. Una scelta che finirà per provocare un enorme scandalo, in seguito al quale lo stesso ministro sarà costretto alle dimissioni. Senza l’accusa costituita in giudizio, Agrama ha vita facile. Il 1° febbraio il giudice annulla la perquisizione e gli restituisce tutti i documenti: migliaia di pagine di carte, che ricostruivano tutta la storia degli acquisti di film e programmi televisivi da parte di Berlusconi a partire dal 1980, scompaiono nel nulla.

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