Mesi e mesi di battaglie legali a colpi di avvocati e ricorsi al Tar. Poi, pochi giorni fa, la sentenza che mette fine ad uno dei tanti scontri tra le coop bolognesi che si occupano di sociale. Ma la guerra, visto il clima di tagli e risorse che mancano per tutti, sembra appena iniziata. Con il Comune di Bologna che, per bocca dell’assessore al welfare Amelia Frascaroli, si dichiara impotente e ammette di “non riuscire più a controllare l’Asp Poveri Vergognosi”, azienda pubblica formalmente in mano a Palazzo D’Accursio che si è incaricata di scrivere un bando da molti giudicato “pura macelleria sociale”.
“Non ci sono risorse e non so dire come uscire da questa situazione”, ha aggiunto Frascaroli. A pagare, come sempre, gli operatori sociali. “Dovrebbero aiutare i poveri, ma i nuovi poveri sono loro”, dice Luciano Serio, presidente dell’associazione Naufragi e veterano tra gli operatori del sociale in città.
Per intanto il tribunale amministrativo regionale ha assegnato tutto il comparto dell’inclusione sociale bolognese al consorzio Indaco, cordata di cooperative composta da Copas, La Rupe, Altercoop, Martin Pescatore e Dolce come capofila. Ad uscire perdente dalla sfida Nuova Sanità, che in un colpo solo perde molti tra i suoi servizi più corposi, e cioè quelli che garantivano maggiore sicurezza anche economica alla cooperativa. E i lavoratori, che denunciano “l’arrivo di demansionamenti e tagli allo stipendio anche del 20%”, saranno distribuiti tra le varie società del consorzio Indaco.
Nel caso specifico il bando conteso è stato scritto e preparato dall’Asp Poveri Vergognosi, azienda pubblica nelle mani del Comune di Bologna che si è occupata di mettere all’asta una serie di servizi che, fino a poco tempo fa, erano suddivisi tra le varie coop bolognesi. “Nonostante sia pubblica da anni non riusciamo più a controllarla come vorremmo. Quel bando io non l’ho condiviso”, spiega l’assessore al welfare Amelia Frascaroli. Adesso che la perdente Nuova Sanità uscirà di scena, i vari operatori che si occupano di accoglienza a senza casa, tossicodipendenti e migranti saranno distribuiti tra le cooperative che fanno parte del consorzio Indaco. “Un modo come un altro per continuare con lo spezzatino dei servizi che ha colpito prima il mondo degli educatori, e che ora si abbatte sul welfare”, dice il sindacalista Usb Marco Martucci.
“Ci hanno già annunciato un demansionamento generale, una diminuzione delle ore lavorative e quindi dello stipendio. Alcuni di noi perderanno tutti gli scatti di anzianità e altri probabilmente resteranno senza lavoro”, spiega uno dei 20 lavoratori interessati al passaggio al consorzio Indaco. Che tradotto significa “tagli anche di 200-300 euro su uno stipendio iniziale di mille”, spiega un altro suo collega, vent’anni di anzianità spariti da un momento all’altro. “Mi aspetto – dice – di passare dal quinto livello contrattuale al terzo, Marchionne al confronto è un dilettante”.
“La verità è che Asp ha annunciato risparmi gestionali e di scala, e invece i risparmi si faranno sulla nostra pelle”, dice un altro operatore. E che la situazione sia grave lo conferma anche la Fp Cgil. “Abbiamo domandato un incontro ad Asp per chiedere che i lavoratori non debbano subire una decurtazione dello stipendio”, ha detto la sindacalista Anna Maria Margutti. La risposta è arrivata qualche giorno fa. “Ci hanno scritto che tutto quello che c’è sapere è già stato reso pubblico”, ha spiegato Margutti. “La situazione è gravissima, i lavoratori sono stati demansionati per bando. Come Cgil – ha concluso Margutti – vediamo all’orizzonte un progetto di dismissione graduale dei servizi sociali”.
di Giovanni Stinco