Il capo dell'ala violenta che guidò la strage di Castelvolturno era già stato colpito da altri ergastoli. Con lui condannate altre 24 persone, tutti affiliati alla cosca camorristica casertana
Un’altra condanna per “O’ cecato”: è di 29 anni di reclusione la pena per Giuseppe Setola, il capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi che guidò la strage di Castelvoturno in cui furono freddati sei immigrati africani e il titolare di una sala giochi. Lo hanno deciso i giudici della prima sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta da Raffaello Magi. Il killer della camorra casertana, per il quale i pm avevano chiesto una pena di 30 anni, è colpevole di associazione per delinquere di stampo mafioso, tentati omicidi, detenzione illegale di armi ed estorsioni. Era stato arrestato nel gennaio scorso a Minturno, in provincia di Caserta, ed è già stato condannato a tre ergastoli. Insieme a lui, nel processo in primo grado e con le stesse accuse, altri 34 imputati, tutti appartenenti alla fazione violenta del clan di camorra che detta legge nel casertano.
Nomi e volti noti della malavita casertana: Francesco Bidognetti, altro esponente di spicco della cosca, è stato condannato alla 9 anni di reclusione, anche se la Dda di Napoli ne aveva chiesti 20. Per Emilio Di Caterino, da poco divenuto collaboratore di giustizia, la pena è di 3 anni. Fu lui a far scoprire ai carabinieri del Comando provinciale l’esistenza di una mega discarica di rifiuti tossici a Castelvolturno. Condannato invece a 20 anni di reclusione Alessandro Cirillo, che con Setola era stato già imputato proprio nel processo per la per la strage degli africani consumatasi nella notte del 18 settembre 2008 a Castelvolturno. Un gruppo di sicari, guidati da Setola, freddò sei immigrati nei pressi di una sartoria e il il titolare di una sala giochi. L’episodio scatenò poi la reazione della numerosa comunità nordafricana che vive, in condizioni spesso igienico-sanitarie pessime – sul litorale Domitio: scesero in strada e manifestarono anche con la violenza la loro rabbia per quanto accaduto, chiedendo che fosse fatta giustizia.
Dieci dei 35 imputati sono morti prima che si arrivasse a questa sentenza. Per tutti è stata eslcusa l’aggravante del metodo terroristico, mentre i giudici hanno accordato la richiesta di un risarcimento economico di 50mila euro, più altre settemila di spese, al Ministero dell’Interno che si era costituito parte civile. Risarcimenti di 5mila euro anche per le varie associazioni antiracket – da “Mo’ basta!”, a Fai, al Coordinamento napoletano dell’associazione antiracket – impegnate sul territorio per la sensibilizzazione e la lotta contro il pizzo. Anche il Comune di Trentola Ducenta, che tra il 2008 e il 2009 fu teatro dei tentati omicidi commessi dal gruppo dei setoliani, ha ottenuto un risarcimento di 2500 euro. Ma se è una vittoria per la giustizia e per parte della società, c’è un’altra parte che ha avuto qualcosa da ridire: al termine dell’udienza, subito dopo la lettura della sentenza, sono infatti volate ingiurie nei confronti di giornalisti, cameraman e del presidente del collegio giudicante da parte di alcuni degli imputati.