La guerra alla droga che contrappone governo olandese da una parte e il mondo attorno al commercio della marijuana (che in Olanda è semi-legale) dall’altra, si arricchisce di un nuovo capitolo.
Nel corso di una recente conferenza stampa, il ministro della Giustizia, Ivo Opstelten ha annunciato che dal 2012 la cannabis venduta nei coffee-shop, i bar dove dal 1976 è tollerata la vendita di piccoli quantitativi di erba e hascisc, non potrà più superare il 15 per cento di thc, il tetraidrocannabinolo, uno dei principi attivi responsabili dell’effetto di quelle sostanze. L’erba più forte, la cosiddetta skunk, sarà quindi trattata, secondo i piani del governo, al pari delle droghe pesanti e inserita nella tabella delle ‘hard drugs’, insieme ad eroina e cocaina, la cui vendita al dettaglio è vietata.
La decisione, come aveva suggerito lo scorso giugno una commissione governativa incaricata di redigere una proposta di riforma dell’attuale legislazione sugli stupefacenti, arriva proprio in concomitanza con il parziale abbandono del progetto di chiusura dei coffee-shop ai turisti a causa della ferma opposizione di gran parte dei sindaci del paese. Nell’annunciare il provvedimento, il ministro della Giustizia ha sottolineato coma la responsabilità del mancato monitoraggio sarà totalmente a carico dei negozi, nonostante a questi ultimi sia consentita solo la vendita al dettaglio.
Questa nuova offensiva del governo, si muoverebbe sulla linea di evidenze scientifiche, che dimostrerebbero quanto siano rischiose per la salute alte percentuali di Thc. E gli imprenditori della cannabis, cosa ne pensano? “Un provvedimento demenziale, basato su presupposti scientifici inesistenti”. E’ il lapidario commento di Franco, italiano, da quasi un decennio manager del business (legale) dei semi presso Greenhouse, una catena di coffee-shop di Amsterdam: “Può essere considerato scientifico un presupposto che ignori il fatto che il thc è solo uno dei circa 120 agenti dopanti della cannabis? Di sicuro quello che gode di fama maggiore…”. Franco ha lavorato come responsabile della produzione presso la prima coltivazione legale al mondo di cannabis terapeutica, autorizzata dal governo olandese nel 2001.“ La campagna contro il thc è nata in seguito ad alcune opinioni che avrebbero associato il tetraidrocannabinolo in alte percentuali a manifestazioni di schizofrenia. Queste opinioni scientifiche sono dibattute da anni senza aver portato a conclusioni definitive, nonostante le ‘certezze’ dei politici”, prosegue sarcastico. Ma ridurre il Thc è possibile? E renderebbe davvero l’erba più ‘innocua’? “Allo stato attuale non esiste un protocollo standard, riconosciuto a livello internazionale, per misurare la percentuale di principio attivo. I sistemi attualmente impiegati dalla polizia negli Usa o in Italia, hanno un margine d’errore troppo ampio per poter essere adottati in un contesto dove la vendita al dettaglio della sostanza è consentita. Senza considerare che Thc più basso poi non vuol dire assolutamente ‘cannabis meno potente’; ad esempio l’hascisc ne ha percentuali più basse ma una concentrazione elevata di Cbd, altro agente ‘dopante’ responsabile del senso di rilassatezza associato al consumo di questa sostanza”.
Ma è davvero cosi’ negativa l’idea di introdurre controlli di qualità? “Assolutamente no – prosegue Franco – noi caldeggiamo da anni una soluzione che ci consenta di produrre cannabis legalmente, sulla base di protocolli riconosciuti e all’interno di un quadro legislativo certo, senza costringerci come ora a ricorrere al mercato clandestino”. Cosa succederà se il governo decidesse, questa volta, di non fare marcia indietro? “Sulla base della mia esperienza, posso dire nulla, a meno che non abbiano intenzione di impiegare a tempo pieno l’intero corpo di polizia del Paese, per passare al setaccio i 700 coffee-shop e le decine di migliaia di consumatori a caccia di cannabis che superi il 15 per cento di Thc.”
di Massimiliano Sfregola