L’Anas ha pubblicato di recente il bando di gara per il rinnovo della concessione dell’autostrada A22. La gara è stata imposta dall’Unione Europea e il testo è un documento stupefacente per superficialità e carenze logiche. Disegnato in modo da favorire l’attuale concessionario. A tutto discapito non solo della trasparenza, ma anche del ricavo di circa 5 miliardi che lo Stato potrebbe ottenere. O dei benefici che potrebbero avere gli utenti in termini di minori tariffe. Incomprensibili poi cinquanta anni di concessione per una infrastruttura matura.

di Giorgio Ragazzi*, Lavoce.info

La concessione dell’autostrada A22 (Brennero-Modena, 314km), attualmente gestita dalla società “Autobrennero” (“Sac”) scadrà ad aprile 2014 e l’Anas ha recentemente pubblicato il bando di gara per il rinnovo. Possiamo considerarlo uno scippo da 5 miliardi. Perché? L’autostrada genera un Mol, ovvero un flusso di cassa operativo, di 150 milioni l’anno (dato 2010): per cinquanta anni (tale è la durata prevista della nuova concessione) farebbe 7.500 milioni. Ovviamente occorrerebbe attualizzare questa cifra e ridurla poi per gli accantonamenti dovuti al “fondo ferrovia” e per l’ammortamento dei nuovi investimenti. D’altra parte, però, il Mol continuerà a crescere nel tempo per l’aumento del traffico e delle tariffe: è già salito da 100 milioni nel 2006 a 150 nel 2010. Se è impossibile stimare con precisione il valore attuale della concessione, si tratta però certamente di una cifra imponente, dell’ordine appunto dei 5 miliardi.

Il testo del bando Anas è un documento stupefacente per superficialità e carenze logiche. Cerchiamo di commentarne alcuni degli aspetti più rilevanti.

Gli investimenti
Il bando indica in 3 miliardi l’importo degli investimenti che saranno a carico del nuovo concessionario. Da dove nasce la stima? Qualcuno ha previsto quali investimenti saranno necessari nei prossimi cinquanta anni? Il bando parla degli investimenti previsti dall’articolo 47 del Dl 31.5.2010 n. 78, ma in quel testo non si trova alcuna specifica di investimenti da attuare. L’unico investimento rilevante è la terza corsia nel tratto Modena-Verona, con un costo stimato di circa 850 milioni. Ma questo non era già previsto nell’atto aggiuntivo del 2004 grazie al quale la Sab ottenne la proroga della concessione dal 2005 al 2014? L’intervento è comunque ancora allo stadio di progetto ed è molto improbabile che venga completato entro l’aprile 2014.

Nei 3 miliardi è incluso “il pagamento al concessionario uscente di un valore di subentro nella misura massima di euro 897.847.000 commisurato agli interventi realizzati e non ancora ammortizzati” ad aprile 2014. Dal bilancio 2010 della Sab risulta che il valore residuo da ammortizzare dell’autostrada è 168 milioni – pur dopo le rivalutazioni monetarie e la capitalizzazione di oneri (vedi il mio libro I Signori delle autostrade, Il Mulino, 2008). Il bando nulla dice su come verrà determinato l’importo da pagare alla Sab da parte del concessionario subentrante, e non è questione da poco, visto che la società sta effettuando ammortamenti minimi, spalmati su un arco di quarantacinque anni: questo beneficio resterà acquisito alla Sab?

Il ricavo per lo stato e il “Fondo ferrovia”
Benché la concessione possa valere 5 miliardi, lo Stato si accontenta di incassare 70 milioni l’anno “sino alla concorrenza del valore della concessione per un importo minimo di 568.740.000 euro”. Come avranno mai determinato un importo minimo così preciso? Per il nuovo concessionario versare allo Stato 70 milioni per otto anni, avendo un flusso di cassa dall’autostrada di 150 milioni annui, non sarà davvero un grande sacrificio. Per di più il concessionario potrà recuperare in tariffa (cioè a carico degli utenti) quanto pagato allo Stato. Il bando prevede però che la prima “rata” di 70 milioni venga versata già entro fine 2011. Ma è mai pensabile che una gara come questa venga espletata e chiusa in due mesi? E non è comunque anomalo richiedere che si inizi a pagare tanto prima di essere subentrati nella concessione? Sembra una norma costruita su misura per favorire la Sab (insieme a molte altre descritte sotto) che ha ampia disponibilità finanziaria per adempie a questo requisito.

Se è la necessità di cassa a spingere lo Stato a svendere la concessione per un piatto di lenticchie, la cosa più ovvia da fare sarebbe imporre alla Sab di versare già da subito in Tesoreria i 450 milioni circa accumulati nel “fondo ferrovia”, destinato al rinnovo dell’infrastruttura ferroviaria attraverso il Brennero. Pare che questo fondo, accantonato in esenzione d’imposta, sia da ritenersi di proprietà dello Stato e non si vede pertanto perché debba restare depositato nella Sab, che si incamera i relativi interessi, piuttosto che presso la Tesoreria, pur rispettandone il vincolo di utilizzo previsto dalla legge istitutiva.

Il criterio di aggiudicazione
Uno si aspetterebbe che, una volta accertata la capacità tecnica dei concorrenti e avendo preventivamente determinato la durata della concessione, gli investimenti da effettuare e la dinamica futura delle tariffe, la concessione venga aggiudicata a chi offre il prezzo più alto. Così è avvenuto per le gare di concessioni negli Stati Uniti. In alternativa, con la stessa logica, si potrebbe prefissare il prezzo e aggiudicare a chi chiede il periodo di concessione più breve. Ma di questa logica non si trova traccia alcuna nel bando.

Si dice che “l’offerta economicamente più vantaggiosa” verrà determinata in base a un punteggio. E qui inizia lo stupore. Su 100 punti, a chi offre una minor durata della concessione vengono attribuiti solo 5 punti, anche se ogni anno in meno vale moltissimi milioni. Per le “tariffe di pedaggio da applicare” (che significa?) 10 punti. Per “maggior valore della concessione” 15 punti. In complesso il punteggio relativo alle condizioni economiche pesa solo un 30 per cento circa sul totale. Vi sono invece voci che appaiono quasi di fantasia, come la “sostenibilità economico-finanziaria” (15 punti), già comunque ampiamente tutelata da garanzie e capitali richiesti per partecipare alla gara, oppure la “programmazione delle attività manutentorie finalizzate al miglioramento della sicurezza stradale” (15 punti) o “la qualità del servizio offerto all’utente con particolare riferimento all’esazione del pedaggio” (10 punti). Pare evidente l’intento di mantenere un elevatissimo grado di discrezionalità nella scelta del concessionario aggiudicatario. A tutto discapito non solo della trasparenza, ma anche del ricavo che lo Stato potrebbe ottenere dalla concessione o dei benefici che gli utenti potrebbero avere in termini di minori tariffe.

Un vestito su misura
I politici altoatesini hanno fatto di tutto per cercare di ottenere un’ulteriore proroga della concessione senza andare in gara. Forse anche per questo il bando è uscito solo ora, nonostante che il Dl 78/2010 all’articolo 47 facesse obbligo all’Anas di pubblicarlo entro settembre 2010. Ma se la gara è imposta dall’Unione Europea si può pur cercare di ritagliarla su misura del candidato preferito, di cui magari si apprezza il sostegno politico anche a livello nazionale. E così certamente è stato fatto. Consideriamo ad esempio la capacità economico-finanziaria richiesta per partecipare alla gara: occorre avere fatturato come minimo 300 milioni l’anno nella media degli anni 2006-2010, guarda caso esattamente quanto fatturato dalla Sab. Ma è mai possibile che l’Anas ritenga questo un criterio valido per accertare la capacità economico-finanziaria? Non potrebbe darsi il caso di una società che, pur fatturando oltre 300 milioni l’anno, sia oberata di debiti e magari in stato prefallimentare? Anche per l’accertamento della capacità tecnica, il bando si basa su un livello minimo di fatturato in “servizi affini”: 200 milioni l’anno nella media 2006-2010. Si può ben pensare che l’intento di queste norme sia solo quello di restringere di molto la platea dei potenziali concorrenti.

Durata della concessione
Si può capire che si sia voluto proteggere in ogni modo la Sab per assicurarle la riassegnazione della concessione. Si capisce meno perché lo Stato debba accontentarsi di incassare una somma assai inferiore alla stessa capacità finanziaria della Sab e perché lasci ancora in deposito a questa società il fondo ferrovia. Invece, è del tutto incomprensibile perché venga messa in asta una concessione per un periodo così esageratamente lungo come cinquanta anni, per una infrastruttura matura. Per ammortizzare gli investimenti previsti sarebbero sufficienti ben meno di venti anni, al termine dei quali lo Stato potrebbe rimettere a gara la concessione o anche assumerne la gestione diretta, come è avvenuto in Spagna alla scadenza di alcune concessioni.

* Giorgio Ragazzi è professore associato di Scienza delle Finanze all’Università di Bergamo. In passato, ha lavorato come Economista al Fondo Monetario Internazionale (1967-72) ed è stato Direttore Esecutivo della Banca Mondiale (1980-84). Ha lavorato come dirigente (settore finanza) della Montedison (1973-78) e, dal 1985 svolge anche attività di consulenza per operazioni di M&A e finanza straordinaria.

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