È cominciata la Coppa del Mondo di sci. È cominciata a Solden, in Austria. Qui, per garantire la neve durante tutto il periodo invernale, è stato realizzato, a 2900 metri di quota, un bacino idrico di accumulo per la produzione di neve artificiale (o programmata) profondo 17 metri e grande come 17 campi di calcio.
Se non ci fosse l’innevamento artificiale, moltissime stazioni dell’arco alpino avrebbero già chiuso i battenti. E’ un po’ come l’accanimento terapeutico: la neve programmata tiene in vita il paziente moribondo per un po’ di anni. Ma per poterla produrre devi avere temperature basse e costanti (l’ottimo è intorno ai 6/7° sotto lo zero), altrimenti, ciccia. E queste temperature non le puoi programmare e si raggiungono in sempre meno giorni dell’anno. Fra qualche decina d’anni, continuando il trend di rialzo delle temperature attualmente in corso, buona parte delle stazioni dell’arco alpino chiuderanno. Quelle degli Appennini prima.
Non è catastrofismo: sono dati oggettivi.
Molte stazioni avrebbero comunque chiuso i battenti, nonostante l’innevamento artificiale, se al loro capezzale non fossero giunte le pubbliche amministrazioni a coprire i buchi di bilancio creati proprio dall’uso della neve programmata, che sarà anche utile, ma è terribilmente costosa.
Davvero singolare, tra l’altro, che si faccia un gran parlare di concorrenza e libero mercato se poi, in molti casi, senza aiuti pubblici tante attività imprenditoriali cesserebbero. E così è appunto per lo sci, settore per il quale è ormai pratica invalsa quella di ripianare i debiti con soldi pubblici in tutte le regioni dell’arco alpino, alla faccia della normativa europea che esclude gli aiuti pubblici al settore privato (ma in Svizzera la situazione non è per nulla diversa). Solo la Regione Piemonte e solo per la stazione di Sestriere eroga ogni stagione qualcosa come 2.5 milioni di euro, dall’anno 2007 (Giunta Bresso…).
Così, all’immoralità di consumare acqua a fini ludici in periodi di crisi idrica (almeno un milione di litri per l’innevamento di base di un ettaro di terreno), all’immoralità di consumare enormi quantitativi di energia elettrica in periodi in cui essa è più scarsa (circa 25.500 kWh per ettaro innevato), si aggiunge l’immoralità della pubblica amministrazione, che, invece di investire in sanità o scuola, va in soccorso agli imprenditori privati.
E il rischio di impresa, che dovrebbe essere uno dei cardini del libero mercato? Qualcuno per caso l’ha visto?
Ma, ripeto, è un po’ come dare l’ossigeno a un moribondo. Ormai ai piedi delle Alpi si produce ottimo olio di oliva…