Il decreto conferma conflitto di interessi della cordata Ior-Malacalza, che potrebbe trovarsi a valutare proposte di acquisto di gruppi concorrenti. Il piano prevede conferimenti cash per oltre 260 milioni di euro e investimenti per 113. Saranno liquidate le attività non strategiche che hanno contribuito ad affondare il gruppo
Non sono state sufficienti, dunque, le memorie aggiuntive che i tre pm titolari dell’inchiesta, Luigi Orsi, Laura Pedio e Gaetano Ruta, avevano depositato per convincere i giudici della opportunità di dichiarare il fallimento dell’ospedale fondato da don Luigi Verzè. I giudici, come ilfattoquotidiano.it aveva anticipato, hanno deciso di accogliere le istanze avanzate dagli avvocati nel tentativo di salvare l’azienda ospedaliera sulla quale pesano circa un miliardo e mezzo di debiti.
Tuttavia, nel provvedimento di trenta pagine, il collegio presieduto da Filippo Lamanna ha sottolineato una serie di punti critici da risolvere, tra cui il conflitto di interessi sollevato dalla Procura. Nel consiglio d’amministrazione della Fondazione, infatti, siedono i rappresentanti degli investitori che si sono candidati al salvataggio, cioè lo Ior – la banca vaticana – e l’imprenditore Vittorio Malacalza.
“Come ha osservato il pm”, scrivono i giudici nel decreto di ammissione al concordato preventivo, “tale compenetrazione tra offerta degli investitori e proposta concordataria potrebbe apparire finalizzata a sottrarre aprioristicamente ad altre possibili offerte del libero mercato”. In altre parole, se altri soggetti imprenditoriali fossero interessati a cimentarsi nel salvataggio, il consiglio d’amministrazione si troverebbe in imbarazzo. Ma, osservano i giudici, al momento il conflitto è solo potenziale perché non sono pervenute altre offerte e il consiglio non si è mai trovato a dover deliberare in materia. A vigilare, d’ora in poi,dovranno essere i tre commissari nominati dal tribunale fallimentare: Salvatore Sanzo, Rolando Brambilla e Luigi Salvatore Saporito.
Nella decisione di non mandare al fallimento la creatura di don Luigi Verzé, i giudici hanno tenuto conto anche della “salvaguardia del bene sociale-impresa e del bene-sociale lavoro”. Nonostante il buco stimato in un miliardo e mezzo di euro, il San Raffaele è riconosciuto come un centro scientifico-sanitario di alto livello e dà lavoro a circa 3.800 persone. E, sottolinea il tribunale, quella degli investitori sostenuti dal Vaticano “è stata finora l’unica, seria e garantita proposta di intervento finalizzata alla salvaguardia delle migliaia di posti di lavoro e al salvataggio di questa impresa sanitaria che viene in effetti comunemente considerata come struttura di eccellenza anche nell’ambito della ricerca scientifica”. E non c’è ragione di dubitare della “personale affidabilità e solvibilità” dei componenti della cordata.
Il piano di salvataggio proposto da Ior e Malacalza prevede la creazione di una new company con le attività “buone” del San Raffaele, in particolare quelle sanitarie e scientifiche, e la liquidazione in uno-tre anni della galassia di attività collaterali, dalle fazenda in Brasile a numerose proprietà immobiliari. L’esborso promesso è di 250 milioni di euro cash per l’acquisto della new company, 11 milioni 100 mila euro da versare subito a dipendenti e medici, con in più l’accollo di svariati oneri per altre decine di milioni e un impegno in investimenti straordinari per 113 milioni.
E’ proprio il peso delle attività collaterali decisamente slegate dal core business, secondo la relazione presentata ai giudici dal nuovo consiglio della Fondazione, ad aver affondato la vecchia gestione targata don Verzè, schiacciata da pesanti oneri finanziari e arrivata al punto di non poter più pagare i fornitori. Per esempio “l’acquisto di un aereo per il tramite della controllata Air Viaggi, o iniziative di imprese agricole in Brasile”. Ma i nuovi soci ricordano anche “il mancato accreditamento al sistema sanitario nazionale dell’ospedale San Raffaele di Roma”, investimenti in perdita, la stipula di accordi estremamente onerosi, “come il contratto di somministrazione di energia con la Blu Energy Milano s.r.l. e un contratto di leasing relativo ad immobili siti ad Olbia”.
L’ammissione al concordato preventivo è stata accolta con “soddisfazione” dal cda del San Raffaele, “perché consente di centrare l’obiettivo della salvaguardia dei posti di lavoro e del rilancio dell’ospedale”. A proposito del conflitto d’interessi, il consiglio promette “l’impegno a considerare offerte significativamente migliorative qualora queste venissero. Siamo stati obbligati a essere incompatibili per salvare il San Raffaele, in quanto questa è l’unica offerta seria pervenuta”.