La vicenda della presenza di due italiani nel board Bce ha assunto contorni oramai ridicoli, se non grotteschi. E le responsabilità sono ripartite. Cerchiamo di capire il perché.
Cominciamo da lui, Lorenzo Bini Smaghi (Lbs, per semplificarci la vita). Economista di ottimi studi (Master alla Southern California PhD a Chicago) fu eletto a 48 anni, nel 2005, nel board della Banca Centrale Europea, su proposta dell’allora ministro dell’Economia Siniscalco. All’epoca, aveva una buona carriera da economista impegnato nelle istituzioni, ma non proveniva da incarichi di particolare ‘rango’: era il direttore per le relazioni internazionali del ministero dell’Economia e aveva avuto una esperienza molto qualificata al Fmi, ma di ‘rango’ molto inferiore a quello del board Bce, al quale moltissimi altri economisti italiani potevano aspirare.
Sul piano istituzionale, Lbs aveva ricoperto incarichi di rilievo superiore a quello delle sue pubblicazioni scientifiche (secondo quanto rivela il database Econlit). Contributi scientifici certamente rispettabili, ma – data l’età di Lbs – alquanto contenuti e non certamente comparabili con il livello medio di quelle di molti altri macro-economisti italiani, suoi coetanei, di analogo ‘rango’, ma meno vicini al ministro di allora. Insomma, all’epoca, lavorando presso il Ministero, fu suggerito dall’allora ministro. Certo, la nomina fu europea, perché così recita lo statuto Bce, ma la sua partenza, all’epoca, aveva una buona dose di ‘dipendenza’ politica dietro, soprattutto considerato, come detto, il ‘rango’ di Lbs.
Insisto un po’ sul termine ‘rango’ (che credo di non aver mai usato nella mia vita), perché, come tutti ormai sanno, pare che Lbs si sia rifiutato di lasciare il proprio posto nel board, dopo la nomina di un altro italiano alla guida della Bce, in quanto ‘secondo statuto’, lui è indipendente e deve finire il mandato in piena autonomia. A meno che non gli si trovi una nomina di ‘pari rango’. Eccolo qui, dunque, il ‘rango’.
L’ossessione per il rango non deve però stupire e va in qualche modo compresa. Infatti, da quello che ci racconta Wikipedia, pare che il 6 aprile 1977 il padre abbia ottenuto da Umberto II di Savoia la convalida del titolo di conte. Sono soddisfazioni. Cose che contano. Ora, se uno cresce in una famiglia che negli anni duemila fa ancora application per aver un titolo nobiliare, si può anche capire che possa perdere lucidità di fronte a una questione di ‘rango’, anche se ha passato del tempo tra la la California e Chicago. Noblesse oblige.
Pare che il premier, per ripristinare l’unicità della presenza italiana nel board e assicurare così una presenza francese nella staffetta Trichet-Draghi, gli abbia offerto – con una certa disinvoltura, dato che la nomina spetta congiuntamente ai presidenti di Camera e Senato, ma tant’è – la Presidenza dell’Antitrust, per legge riservata (almeno fino a tempi recenti) a “persone di notoria indipendenza che abbiano ricoperto incarichi istituzionali di grande responsabilità e rilievo”.
Apriti cielo! Sarebbe come dare del conte a un marchese. E’ una questione di rango. Pare che Lbs non ne abbia voluto sapere. E poco importa se governo e opposizioni in Italia e mezzi governi d’Europa gli chiedano un gesto di responsabilità. Lui non molla. La spiegazione che fornisce Lbs è però affascinante. Lui non molla per difendere l’indipendenza del suo mandato. Lui non è stato – formalmente – nominato dal Governo e quindi se cedesse a una richiesta del Governo, sarebbe come ammettere la sua dipendenza (in questo caso dal Governo italiano). Avrebbe detto che, da statuto, lui può dimettersi solo per un incarico di pari rango. Evvai con questo rango!
In realtà lo statuto dice una cosa diversa. Dice che nessun membro può seguire le indicazioni degli Stati membri, è vero, ma si intende – evidentemente – nell’ambito delle decisioni riguardanti le politiche della Banca, mica in relazione alla propria permanenza nel board. Può dimettersi in qualunque momento ove non ritenesse opportuna la sua presenza in Bce. E se non è questo il caso… Qualche mese fa, il suo collega tedesco si è dimesso e non ha chiesto nessun incarico, né ha parlato di rango.
Ciò è peraltro chiaro dal secondo capoverso che recita che le istituzioni europee e i governi nazionali devono rispettare questo principio, impegnandosi a non influenzare le decisioni della Bce. Della Bce appunto. In altri termini, l’indipendenza è riferita all’azione nel board, non alle decisioni personali dei suoi membri in relazione alla loro permanenza.
Dopo di che è vero che nessuno può ‘costringere’ alla dimissioni Lbs, ma ciò vale anche per i nostri ministri, i quali, per essere sfiduciati, hanno bisogno di un voto parlamentare. Pare che Lbs sia ricorso a un parere dell’ufficio giuridico della Bce. Ma dove abbia trovato questa ‘legge’ del pari rango resta un mistero. Perché, probabilmente, non esiste.
In un certo senso, Bini e Smaghi sono in questo due facce dell’Euro e del sistema istituzionale e politico che lo sorregge. Un sistema che dichiara l’autonomia dell’Europa dai governi nazionali, ma che poi da questi è governato e nominato.
La mattina il Dr. Bini si richiama allo statuto Bce per difendere l’indipendenza della Banca, la sera Mr. Smaghi contratta con il premier e rifiuta ranghi inferiori. Certo, anche il premier ha gestito male la cosa, ma per una volta le sue omissioni sono a buon rendere. In Italia, ci sono personaggi che fanno i commissari e i presidenti per carriera. Quasi a vita. Lbs non sfugge, purtroppo per lui e per noi, a questa tradizione.
E allora, come ha scritto il mio amico Massimo D’Antoni su Facebook: cercasi incarico di pari prestigio per Bini Smaghi. O magari due, di rango inferiore, uno per Bini e uno per Smaghi.
Ma io spero ancora che l’Antitrust si salvi. In fondo, forse, il nostro vorrebbe solo diventare Duca. E nessuno lo ha ancora capito.