L'attacco di questi giorni arriva dopo dieci anni di voltafaccia sulla valuta europea. E nel 2002 il ministro Tremonti tranquillizzava tutti: "Solo effetti economici positivi, il rischio di inflazione non esiste"
Cominciamo dall’inizio. E’ il 1997, il governo retto da Romano Prodi cerca di raggiungere i paramentri economici richiesti per entrare nel club della moneta unica, impresa tutt’altro che scontata per l’Italia. Interviene Berlusconi, capo dell’opposizione: “L’euro non è solo l’obbiettivo della maggioranza ma anche dell’opposizione. Noi siamo contrari ad un rinvio dell’euro su richiesta unilaterale italiana, sarebbe un dramma in termini di inflazione, export e occupazione” (6 marzo 1997). A prezzo di notrevoli sacrifici, l’obiettivo viene centrato. Berlusconi rivendica la sua parte di gloria: “Un bel po’ di merito per l’entrata dell’Italia nell’euro ce l’abbiamo anche noi, abbiamo sempre avuto un comportamento responsabile in diverse occasioni” (25 marzo 1998).
Nel 2001 la Casa delle libertà vince le elezioni e Berlusconi torna a Palazzo Chigi. Tocca al suo governo accompagnare l’Italia nell’adozione della nuova moneta, in circolazione dal primo gennaio 2002 in coesistenza con la lira per i primi tre mesi. La svolta è epocale, sorgono preoccupazioni, ma il premier tranquillizza il popolo: “Qualche difficoltà l’avremo tutti, ma il vantaggio per il Paese è enorme perché tutta l’Europa, con 300 milioni di persone avrà la stessa moneta e tutti potremo operare senza incontrare difficoltà di cambio. Questo aumenterà gli scambi e le esportazioni. Soprattutto avremo una moneta forte che eliminerà i rischi di inflazione” (27 novembre 2001).
Arriva il grande giorno, le monete e le banconote europee possono essere finalmente spese nei negozi. Anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti assicura che i prezzi al consumo non aumenteranno: “Non ci si possono aspettare altro che effetti economici positivi. Non ci sarà nessun rischio di inflazione, in base alle nostre informazioni il pericolo non esiste” (1 gennaio 2002). Insomma, la partenza è trionfale. Ancora Berlusconi: “L’Euro funziona, questa è una verità e incostestabile” (15 gennaio 2002). E poi: “Siamo tutti uniti da un comune destino. L’Euro si è imposto positivamente, diventando un simbolo dell’Europa” (16 gennaio 2002). E soprattutto, “il governo non ha posizioni di scetticismo sull’euro, non credete a quelli che lo dicono” (4 marzo 2002).
Un anno dopo l’introduzione della moneta unica, ci si comincia a rendere conto di un generale aumento dei prezzi. Il presidente del consiglio non sembra dargli molto peso, è solo un problema di arrotondamento: “Anche mia zia, che è il direttore del teatro Manzoni a Milano, ha arrotondato a sei euro il prezzo delle poltrone che, con il cambio esatto, ammontava 5,72 euro. E lo ha fatto nonostante il mio consiglio contrario. Ma io avevo previsto che con l’euro ci sarebbe stato un incremento dei prezzi al dettaglio per via degli arrotondamenti che sono stati automatici” (21 settembre 2002).
Un anno dopo, nel mezzo della legislatura che doveva veder fiorire il “nuovo miracolo italiano”, i toni cambiano. Berlusconi inverte decisamente la rotta, rinnegando la retorica della moneta che unisce popoli e mercati. L’euro diventa una piaga da addebitare a Romano Prodi. Ecco la nuova versione: “L’aumento dei prezzi si deve soprattutto all’introduzione dell’euro, che è stato deciso dai governi precedenti al nostro. È evidente che con l’euro i conti sarebbero stati arrotondati all’insù. Bisogna prendere atto che molte volte da parte di commercianti non c’è stato senso di responsabilità”. Consiglio finale alla cittadinanza: “Imparate a impiegare più tempo nelle scelte, non vi accontentate del negozio più vicino” (20 dicembre 2003).
E così finisce nel dimenticatoio il Berlusconi euroentusiasta. Come fosse appena sbarcato da Marte, solo ora si accorge che “la moneta unica è stata adottata senza adeguati studi e trattative” (23 gennaio 2004).
C’è un problema, però. Un presidente del consiglio non può passare le giornate a parlar male della propria moneta, pena una pericolosa perdita di credibilità che finisce per colpire i partner dell’eurozona. Così, come in una commedia degli equivoci, Berlusconi è costretto a cambiare faccia da una settimana con l’altra. E riesce a sostenere il contrario di quanto detto pochi giorni prima con l’entusiasmo del comiziante: “Noi non abbiamo niente contro la moneta unica, che non si sarebbe mai fatta senza l’impulso decisivo delle classi dirigenti democratiche e liberali del continente. Quando l’Europa liberale e popolare lavorava per l’integrazione monetaria, i comunisti, le sinistre, si opponevano all’ingresso dell’Italia nel sistema monetario europeo” (19 febbraio 2004). Il premier conta sulla buona compagnia del ministro Tremonti, anche lui dimentico del recente passato: “L’unica cosa negativa del governo Berlusconi è stata l’euro, che non abbiamo voluto noi e che ha creato un disastro nei conti delle famiglie italiane” (16 marzo 2005).
Ormai è impossibile districare il vero pensiero del governo italiano sulla moneta unica, ma appena si profila una nuova sfida con Prodi per le politiche del 2006, Berlusconi raduna il comitato di presidenza di Forza Italia per dettare la strategia elettorale. Che non è difficile: “Bisogna associare e legare il malcontento sull’euro all’operato di Prodi” (28 luglio 2005). Nelle occasioni istituzionali e internazionali, il Cavaliere va serenamente a sostenere il contrario: “L’euro è stato assolutamente positivo e riconosco il merito di Prodi” (4 settembre 2005).
E così via, ad libitum.