Diceva Greenspan nel 2006: “Non c’è nessuna bolla immobiliare! … Se anche ci fosse, chi può dirlo?” In ogni caso “Deregolamentiamo i mercati”: “Se scoppia una bolla so come neutralizzarla!”. Le 4 affermazioni del governatore erano fondate sui modelli neo-liberisti (Mercati efficienti, Lucas’ critique, Aspettative Razionali, Real Business Cycle) sviluppati in alcune Università (Chicago, Minnesota, Rochester, Bocconi) che dominano l’accademia e la cultura di massa. Secondo la “teoria neoclassica” (che si rifà all’epoca pre-keynesiana) certe cose non possono accadere: una massiccia prolungata caduta della domanda… la recessione del 1929-39… e del 2008-11. E se invece ‘certe cose’ accadono?
A fine 2008 Greenspan si disse choccato: “il mondo non funziona come ho creduto per 40 anni”. Altri preferirono riscrivere la storia: recente e lontana.
Nel 2009 i neolib negavano che la crisi finanziaria stesse causando una caduta generalizzata della domanda. “Le recessioni nascono sempre dall’offerta!. Le imprese hanno investito in settori/prodotti che non interessano”. Quando gli si fece notare che tutti i settori non alcuni, stavano licenziando, risposero: “Sì? Ah!? Comunque questa crisi si risolverà quando nuove scoperte scientifiche stimoleranno un’altra ondata d’investimenti”. Aspetta e spera!, fu il loro contributo.
In America e in Europa, si opposero alle politiche fiscali espansive: “la caduta della domanda è sempre di breve periodo”. Tirati per la giacca da due scuole contrapposte, i politici (Obama, Merkel) introdussero stimoli nettamente sottodimensionati per importi e durata. E la domanda non si è ancora ripresa: molti milioni di disoccupati pagano quella scelta sbagliata. Gli studi econometrici ci dicono oggi che il poco stimolo impartito ha salvato l’economia mondiale da una spirale in stile 1932.
Sul fronte monetario, le banche centrali di USA, Inghilterra, Giappone, Svizzera reagirono alla crisi aumentando la base monetaria del 300-400%. I neolib protestarono: “Provocherete una botta d’inflazione”: che non si è mai verificata. Inoltre previdero: “I rischi d’inflazione e i deficit pubblici faranno lievitare i tassi d’interesse di lungo termine, frenando la ripresa”. Ma i tassi sono scesi ai minimi storici.
In Europa, la BCE aumentò i tassi nel Luglio 2008: un errore clamoroso. Poi limitò l’aumento della base monetaria al 135%. Il 7 Luglio scorso alzò di nuovo (per gli stessi motivi del 2008) i tassi: il giorno dopo il debito italiano e spagnolo cominciò a franare (Tremonti concausa). E così in Agosto la BCE è stata costretta ad avviare la monetizzazione dei debiti pubblici di Italia e Spagna: è la via neoliberista all’iper-inflazione! Ma la BCE non ama riconoscere di aver sbagliato: i tassi – caschi il mondo – non li riduce! E i debiti volano.
Nel 2010 nella periferia d’Europa la recessione spingeva in alto i debiti pubblici. Gli Chicago Boys avevano una soluzione: l’austerità … espansiva! “Taglia e tassa: la domanda salirà!” Voodoo economics? “Nooo. Tornerà la fiducia! L’aumento di spesa privata più che compenserà il taglio della spesa pubblica, rilanciando la crescita”. E così fecero. Sono andati in crisi prima i bilanci delle famiglie (“va bè…”), poi quelli delle banche (“Uh?”), infine degli Stati (“!@#!*!”). Fiducia: ai minimi. Allora aggiunsero le riforme strutturali: “Migliora l’apparato produttivo! È inutilizzato, non c’è domanda? Non importa: la fiducia…”. La teoria voodoo ha devastato Grecia, Portogallo, Irlanda. Ma piace ai tedeschi: “Foi restitvire soldi. Svbito sakrifici, ia!” La Spagna di Zapatero si è rifiutata: sembra possa cavarsela.
Certe incoerenze logiche lasciano basiti: “Se la BCE riducesse i tassi di un mezzo punto, lo stimolo sarebbe minimo!”. (Io, se una cura è troppo debole, aumento la dose). E così niente politica monetaria. Politiche di bilancio? Macché! “I debiti pubblici sono ovunque troppo alti”. (I mercati dicono il contrario). Quindi? “Gli stimoli sono impossibili”. I neolib hanno ignorato qualsiasi moderna politica della domanda a saldo zero: le politiche monetarie in trappola della liquidità; le politiche fiscali a saldo zero – redistribuzione espansiva, ricomposizione tasse/spese, ecc. -; la regolamentazione espansiva. E per la crisi di competitività, ai PIIGS propongono la deflazione, che aumenta il rapporto debito/Pil.
C’è chi sostiene che gli Chicago Boys non si occupano di politica economica. Il prof. Moro derubrica una assurda previsione di Lucas ad evento casuale. Ma gli Chicago Boys intervengono continuamente, com’è logico, nel dibattito sulle politiche economiche; e i loro errori non sono casuali. Dall’nizio della crisi, gli Chicago Boys hanno confuso il messaggio degli economisti sulle terapie, e giustificato le strumentalizzazioni della destra. Su altre cose hanno prodotto contributi validi; ma sulla teoria del ciclo il naufragio intellettuale è completo, e direi senza appello. Oggi, quelle teorie neo-ottocentesche paralizzano le politiche economiche; la mancanza di reflazione affonda l’Europa. Su questo naufragio, facendo di ogni erba un fascio, speculano demagoghi: attaccano la scientificità dell’economia per aprire la strada alle loro teorie ad hoc, fondate sul sentito dire.
Perché tanta ritrosia ad avviare un ripensamento teorico? Arroganza? Il Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace ha pubblicato di recente un documento tutt’altro che estremista, in cui si legge: “La crisi è stata generata dalle ideologie liberiste”. Perché non raccogliere questo invito sereno alla riflessione?
[Post scritto il 27/10/11]