Sono colpevole. Sono uno degli autori che a Piazzapulita continua a invitare i politici a parlare in diretta. Per giunta anche quelli dell’attuale governo. Sì sono colpevole, lo ammetto, professor Aldo Grasso, lo rivendico, e vorrei spiegarle perché.

Al contrario che nelle fiction, che lei ben conosce e scientificamente analizza, nel genere al quale do il mio contributo, il talk show, le persone che rispondono alle domande del conduttore non sono burattini. Un po’ li trucchiamo nei camerini, è vero, ma loro non imparano a memoria frasi scritte da noi. Inoltre, i nostri “non-attori” a volte non accettano proprio di prendere parte allo show. Bersani ha detto che “il mestiere della politica non è il mestiere della comunicazione, è un’altra cosa”… ma chi ci spiega il valore della lettera della Bce, chi ci spiega se un partito la approva oppure no? Dobbiamo chiamare degli attori che interpretino i comunicati ufficiali del partito? Professor Grasso, mi aiuti!

Lo scopo del talk “di informazione e attualità” (in questo lei ha ragione, non è una gran definizione, e dunque gliene chiedo ufficialmente un’altra per i posteri) non credo sia quello di “approfondire” gli argomenti. Per quello ci sono i giornali, i libri, che regalano molto più tempo a chi vuole saperne di più sul default greco o sui labirinti di Finmeccanica. In televisione, poi, a tal scopo sono sicuramente meglio, per capire, le inchieste di Report o i reportage di Iacona. A Piazzapulita, purtroppo o per fortuna, siamo invece in balìa della parola detta in diretta, senza copione e senza montaggio con musiche a sistemar le cose dopo. Al massimo abbiamo domande da fare e qualche ragionamento editoriale, breve perché altrimenti dovremmo cacciar tutti e lasciar parlare solo conduttore, autore e inviati, e diventare anche noi degli affabulatori monologanti. Al massimo possiamo sudare come cronisti per realizzare filmati che suonano come domande, oppure mostrano schegge di realtà e persone che in diretta non riuscirebbero a raccontarsi né ad esprimere un loro punto di vista preciso in un contraddittorio. Al massimo invitiamo alcuni cittadini a raccontare problemi privati che riguardino però tutti, e presto cominceremo a invitare giovani politici sconosciuti, che cerchino di conquistarsi la fiducia di chi li guarda, prima che del partito.

La nostra ambizione è questa: mostrare chi ci governa o vorrebbe governare. Mostrare coloro che dovrebbero risolvere i problemi. Mostrare come parlano come discutono come si difendono come attaccano e anche come si arrabbiano, certo. E lasciar giudicare gli spettatori, più che i critici. Se i politici italiani sono, in un mischione polveroso, di volta in volta autorevoli o guitti, sinceri o omertosi, competenti o cialtroni, non possono deciderlo gli autori. Lei dirà: almeno rappresentate solo il meglio! E io allora giro la domanda ai cittadini e ai partiti: eleggete solo il meglio! Se ci ritroviamo quel che ci ritroviamo, che fare? Li facciamo fuori? Li oscuriamo? Noi ci proviamo, a fare un’ulteriore scelta e invitare solo quelli che riteniamo, magari sbagliando, ”i migliori”.

Ecco, a quel punto c’è un altro problema: la distanza tra il paese, i potenti e la televisione. E così molti pregiati intellettuali o politici di primo piano accettano solo programmi in cui sedersi da soli a far monologhi interrotti da domande che potrebbero risolversi con un “mi dica un’altra cosa, quel che vuole”. Confondendo la possibilità di parlare con quella di non essere mai contraddetti.

In un dibattito della tv inglese, che ritrasmise Mtv Italia, vidi un confronto tra Tony Blair e 100 giovani in una grande arena universitaria. Si parlava della guerra in Iraq e ognuno chiedeva quel che voleva, con toni di critica molto accesi. Per noi, una fanta-scena.

Si preferiscono sempre i monologhi, da Berlusconi a Grillo. Se non inventiamo una “piazza pulita” nella quale far discutere i politici tra di loro ma soprattutto i cittadini comuni con i politici, rischiando un po’ di confusione ma assaporando il gusto dei contrasti anche aspri, torneremo alle lotte tra principi feudatari, ognuno chiuso nel suo mondo a far la guerra agli altri. E’ il peggiore dei mondi possibili. Quello dove ognuno si fa il suo programma, la sua televisione, il suo partito (che diventano la stessa cosa) per dire le cose che si vuole, circondati dai propri amici. Ognuno a urlare e a rafforzare se stesso a seconda della rete vinta, dello spazio che gli vien concesso.

Noi vogliamo essere altro. Far piazza pulita dei politici per noi è solo un senso, e quello meno nobile, del titolo, spero che il professor Grasso non lo prenda così sul serio. L’abbiamo scelto e anche un po’ temuto perché evocava la voglia di un rinnovamento e magari pure di un’onda che spazzasse via tutti. A patto che arrivino “i nuovi”. Abbiamo tutti la tentazione oggi di fare a meno dei politici. Ma non si può, in televisione come in Italia. Saremmo degli snob insopportabili se invitassimo solo tecnici e professori, quasi fossero loro a decidere del nostro destino.

Quando ci governeranno politici dallo stile nordeuropeo, grigi tecnici affidabili, buoni amministratori irreprensibili, potremo tutti far altro. A quel punto basteranno un paio di talk show, e non le decine che ci circondano, e ci daremo tutti alla fiction per cercare storie più appassionanti. Se però questi politici non li avremo mai, che faremo? Assalteremo tutti insieme il Parlamento e ci libereremo per sempre dei politici e della democrazia, e poi? Né io né lei a quel punto saremmo della partita, credo.

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