Nessuna patrimoniale, nessun prelievo forzoso sui conti correnti e nessun decreto (per ora). Silvio Berlusconi si presenterà oggi al G20 di Nizza solo con un maxi emendamento al disegno di legge sulla Stabilità al cui interno sono ribaditi alcuni dei punti focali della lettera d’intenti inviata la scorsa settimana dal premier all’Ue. Ovvero: liberalizzazioni, privatizzazioni, semplificazioni, infrastrutture, dismissioni del patrimonio pubblico, piano Sud, piano lavoro (ma no ai licenziamenti “facili” né la sforbiciata alle pensioni), smaltimento dell’arretrato della giustizia civile, credito di imposta per la ricerca, banda larga. E’ quanto ha deciso, dopo novanta minuti di seduta, il consiglio dei ministri straordinario che si è tenuto stasera a Palazzo Chigi. L’emendamento in questione, inoltre, sarebbe la prima tappa di un’azione che vedrà a breve un decreto ed un disegno di legge ad hoc per combattere la crisi. Una decisione dettata da motivi formali: per legge, possono essere inserite nell’emendamento al ddl Stabilità solo misure che prevedono la modifica dei saldi. A prescindere da ciò che sarà, quanto partorito dalla riunione di governo ha tutta l’aria di essere una versione depotenziata della famosa missiva all’Unione europea, che conteneva misure sulle pensioni e sul mercato del lavoro. Uno strumento debole che ricalca la debolezza di un governo ormai spaccato su tutto e alla prese con smarcamenti, fronde e imboscate. Ormai compromesso, infine, il rapporto tra capo del Governo e ministro dell’Economia.
Ieri sera l’ultimo capitolo di una storia d’amore finita da un pezzo: Tremonti, facendo leva sulla volontà del Colle (“no a decreti carrozzone”) ha puntato i piedi sul maxi emendamento, Berlusconi e la Lega volevano assolutamente il decreto. Per dare un segno forte, per provare il tutto per tutto. Alla fine ha vinto Tremonti e le reazioni degli ‘sconfitti’ sono state durissime. Il presidente del Consiglio è arrivato sul punto di cacciare il suo ministro più influente e non è detto che ciò non succeda. La linea morbida a cui è stato costretto l’esecutivo non è andata assolutamente giù alla Lega, che non le manda a dire, pur utilizzando frasi sibilline. “Decreto legge alla memoria: quando si calano le braghe bisogna stare molto attenti a coprirsi le spalle perchè svolazzano i temuti uccelli paduli…”: parole e previsioni infauste a firma del ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, che ha espresso così il “totale disappunto” suo e del Carroccio per la mancata approvazione delle misure anticrisi per decreto, strumento non gradito al Colle. La posizione della Lega, inoltre, è la conferma del clima di tensione che si è respirato all’interno del cdm, con molti ministri favorevoli ad provvedimento più duro (il decreto voluto dai leghisti) ed altri che hanno spinto per un provvedimento soft (Tremonti?). I contrasti e la confusione all’interno dell’esecutivo, inoltre, sono testimoniati anche da una nota diramata da Palazzo Chigi a pochi minuti dal termine del cdm: “eventuali testi in circolazione non corrispondono a quanto esaminato e approvato nel Consiglio dei Ministri appena concluso”. Questa precisazione è l’ennesimo tassello di una giornata all’insegna della confusione ed in cui gli equilibri del governo si sono giocati anche sul mezzo da utilizzare per rispondere all’attacco dei mercati.
IL TESTO DELL’EMENDAMENTO
La proposta, che dovrebbe arrivare in Senato venerdì prossimo per dar seguito alle parole di Giorgio Napolitano (decreto e ddl arriveranno dopo), contiene i primi interventi su semplificazioni varie e rilancio delle infrastrutture (defiscalizzazione per chi realizza e gestisce un’opera). In pratica, come previsto dalla riforma del bilancio, dovrebbero esserci solo misure che incidono sui saldi: quindi appunto la Tremonti-Infrastrutture, le prime dismissioni di immobili, o lo snellimento delle procedure della pubblica amministrazione. Poi ci sarà il capitolo lavoro (rilancio per giovani e donne, ma no la flessibilità in uscita), liberalizzazioni (servizi pubblici locali in testa) anche degli ordini professionali, tutte misure già comparse nelle bozze del decreto sviluppo. Molto più lunga, invece, la lista di ciò che non c’è nel maxi emendamento: si va dal prelievo sui conti correnti ai condoni, dalla patrimoniale (5 per mille) all’aumento dell’età pensionabile, dall’aumento dell’Iva al 23%, fino ad arrivare un un possibile ritorno dell’Ici sulla prima casa, imposta cancellata proprio dal governo Berlusconi.
“Per ora ci sono solo i titoli”: questo il commento di qualche ‘tecnico’ all’uscita da Palazzo Chigi; una frase che testimonia la preoccupazione per l’ennesima risposta negativa dei mercati. In realtà, domani a Nizza l’Italia porterà ben poco, specie alla luce di quanto era stato prospettato alla vigilia del cdm. Nella lettera all’Ue, infatti, il Governo indicava cinque miliardi l’anno per tre anni dalle dismissioni e valorizzazioni immobiliari, meno vincoli alla concorrenza, un piano per il rilancio del Sud. Interventi sul lavoro (non la flessibilità in uscita, al momento), con particolare attenzione a giovani e donne, ipotesi di intervento sulle pensioni (età a 67 anni), attuazione della delega fiscale-assistenziale (20 miliardi). Misure che inizialmente dovevano essere contenute in un decreto. Ma si è optato per il maxiemendamento alla Legge di Stabilità e poi, decreto e Ddl.
Tra gli interventi indicati a breve il Governo segnalava nella lettera all’Ue, entro 2 mesi, la rimozione di vincoli e restrizioni alla concorrenza e all’attività economica, così da consentire, in particolare nei servizi, livelli produttivi maggiori e costi e prezzi inferiori. Entro 4 mesi, la definizione di un contesto istituzionale, amministrativo e regolatorio che favorisca il dinamismo delle imprese; ed entro 6 mesi, l’adozione di misure che favoriscano l’accumulazione di capitale fisico e di capitale umano e ne accrescano l’efficacia. Si punta inoltre entro 8 mesi, al completamento delle riforme del mercato del lavoro, per superarne il dualismo e favorire una maggiore partecipazione. Nei prossimi 4 mesi è “prioritario aggredire con decisione il dualismo Nord-Sud che storicamente caratterizza e penalizza l’economia italiana”. L’esecutivo è intenzionato a utilizzare pienamente i fondi strutturali. Il piano (Eurosud) arriverà entro metà novembre.
LE REAZIONI
“Il governo non ce la fa più, le sue misure sono molto, molto deboli”. Parola di Gianfranco Fini, che sul futuro prossimo ha le idee chiare: “Nessuno auspica che Berlusconi sene vada per dar vita a un governicchio – ha detto il presidente della Camera – . Berlusconi lascia o non ha la maggioranza? Se non si riesce a dar vita ad un governo di larghe intese composto da tutte le forze che si sentono in grado di presentare grandi sacrifici va bene, altrimenti è meglio che si vada a votare”. Il leader di Fli, inoltre, non risparmia una durissima stoccata sul tema della patrimoniale: “La Confindustria, che non è proprio un’organizzazione bolscevica dice: mettiamo una tassa sui patrimoni gli italiani lo capiscono benissimo. Se, al contrario, dicono, interveniamo sul mercato del lavoro, rendendo più facili i licenziamenti, gli italiani qualche motivo per arrabbiarsi credo lo abbiano. Berlusconi è contrario e tutti hanno capito il perchè. Perchè difende i suoi interessi”.
LA GIORNATA
LE PRIME INDISCREZIONI
Una serie di “interventi straordinari”: patrimoniale, prelievo forzoso su conti correnti e depositi, un doloroso piano di dismissioni. Le pensioni, invece, non si devono toccare, perché – lo ha detto Umberto Bossi nel pomeriggio – “faremmo scoppiare una rivoluzione di sicuro”. Ecco le “misure choc” a cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi starebbe pensando per porre un freno alla crisi economica che ha investito in pieno l’Italia. Misure – lo ha confermato il leader del Carroccio – da inserire in un decreto legge che conterrà quanto annunciato nella lettera all’Ue della scorsa settimana. Si tratterebbe, quindi, di tre strumenti messi in campo dal governo per varare il primo pacchetto di misure anticrisi concordato con l’Unione europea all’ultimo vertice del 26 ottobre. La situazione, però, è ancora in divenire. La conferma è arrivata nel tardo pomeriggio di oggi, con il sottosegretario all’Economia Luigi Casero che ha smentito l’ipotesi di una patrimoniale (“Non ci saranno interventi in tal senso”), mentre nel pomeriggio altre fonti governative avevano bollato come infondate le voci su un possibile prelievo forzoso sui conti correnti. Tutto e il contrario di tutto, quindi. E se le indiscrezioni e le smentite venissero confermate dal Cdm di stasera, il governo avrebbe davvero pochi margini di manovra: senza condono, patrimoniale, prelievo forzoso e riforma delle pensioni, la strada da percorrere per risanare il debito e mantenere le promesse fatte all’Ue nella famosa ‘letterina’ sarebbe davvero strettissima.
Ancora da decidere, del resto, lo strumento da utilizzare per presentare il pacchetto anti-crisi nel vertice del G20 di Cannes. Centrale, in tal senso, il consiglio dei ministri di stasera, che è stato preceduto nel pomeriggio da un ufficio di presidenza del Pdl. E’ durato cinque ore, invece, il vertice ministeriale di stamane, al quale il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si è presentato con due ore di ritardo (nel pomeriggio, invece, il ministro del Tesoro è andato da Napolitano). Al termine dell’incontro, poche indiscrezioni e una sola voce ufficiale, quella del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. “Stiamo scrivendo il decreto che sarà varato nel cdm di stasera con le misure più urgenti contenute nella lettera inviata dal governo a Bruxelles” ha detto Matteoli, confermando la notizia che dal consiglio dei ministri uscirà un provvedimento urgente per contrastare la bufera dei mercati.
LE CONSULTAZIONI DI NAPOLITANO
In attesa del cdm, nel pomeriggio e in serata è andata in scena la salita collettiva al Colle, dove Giorgio Napolitano ha dato vita ad una sorta di consultazioni preventive con i leader di opposizione. Il Terzo Polo, dopo una riunione a Montecitorio, ha inviato una sua delegazione (Bocchino, Casini e Rutelli), con il numero uno dell’Udc a confermare come “senza un passo indietro di Silvio Berlusconi saranno inutili tutti gli ulteriori sacrifici”. A colloquio con il presidente della Repubblica anche il Pd: Bersani, dopo la riunione dello stato maggiore dei democratici, è andato al Colle. “C’è l’esigenza assoluta e urgente di un colpo di reni e di una scossa nella politica e nei contenuti per dare una risposta credibile a questa situazione che è il passaggio più difficile per l’Italia dal dopoguerra ad oggi” ha detto Bersani prima del colloquio con Napolitano, in cui il Pd ha “ribadito che senza un gesto chiaro di discontinuità politica ogni provvedimento potrà risultare inutile”. Bersani, poi, ha confermato “che il Pd è pronto, con le sue proposte, a corrispondere alle esigenze segnalate dall’Unione europea e la disponibilità ad assumere la propria responsabilità in un governo di transizione e di emergenza che sia in grado di predisporre con credibilità interna e internazionale misure efficaci e adeguate alla gravità della situazione”. La delagazione del Pd, hanno fatto sapere i democratici, era composta dai presidenti dei gruppi del Senato e della Camera, Anna Finocchiaro e Dario Franceschini, dalla presidente del Pd Rosy Bindi e dal vicesegretario Enrico Letta.
Il presidente della Repubblica, inoltre, avrebbe dovuto ricevere anche il segretario del Pdl Angelino Alfano (”Andrò al Quirinale con i capigruppo per illustrare la posizione del Pdl e cioè che in questa legislatura c’è solo il governo Berlusconi” ha detto l’ex ministro prima di salire al Colle), ma il perdurare della riunione del consiglio di presidenza del Pdl ha fatto slittare la visita a domani, stesso giorno in cui potrebbe essere ricevuta anche una delegazione della Lega. Condizionale d’obbligo, tuttavia, specie dopo quanto affermato dal leader del Carroccio. “No, non siamo stati invitati perché sa che siamo troppo saggi”, ha detto con una battuta Umberto Bossi, lasciando Montecitorio prima di andare a Palazzo Chigi per la riunione del Consiglio dei ministri. Poi, però, ha confermato che una delegazione della Lega sarà effettivamente ricevuta domattina dal capo dello Stato.
MAURIZIO PANIZ SI DEFILA
Tutta da decifrare, invece, la posizione di un altro fedelissimo del premier, Maurizio Paniz, che in un’intervista al sito ilnordest.eu ha accusato il premier di aver “sbagliato a portare una commistione fra pubblico e privato”, prima di candidare alla guida del governo Gianni Letta. “Sono gli uomini veri che fanno ladifferenza. E, in questo momento – ha detto Paniz -, io sono critico con Berlusconi per aver portato una commistione fra pubblico e privato che non va bene. Berlusconi ha messo molte persone in posti per i quali non erano all’altezza. In generale la politica sbaglia quando agisce così, per questioni di partito o per ragioni personali”. Sul futuro, il deputato bellunese ha dimostrato di non aver dubbi: “Nel 2013 il presidente Berlusconi, a mio parere, non è candidabile. Non perché non abbia dato molto all’Italia, ma perché ha perso il consenso popolare dato che la commistione pubblico-privato lo ha danneggiato in maniera superiore ai crediti che aveva maturato”. Parole durissime quelle di Paniz, che ha aggiunto di non credere ad ipotesi di un governo tecnico. “Non esiste – ha spiegato – perché non avrebbe nessun tipo di maggioranza parlamentare”.
Quale la via di uscita? Anche su questo Paniz non ha dubbi: salire al Colle per un governo proposto dallo stesso centrodestra e per far ciò l’uomo giusto sarebbe sottosegretario Gianni Letta. “Oggi – ha detto Paniz – potrebbe fare un governo Gianni Letta, che è la persona che riesce a coagulare un percorso di consensi molto forte, utilizzando per un anno e mezzo il massimo delle energie di questa maggioranza. Farebbe senz’altro delle cose molto significative”. In alternativa, ha osservato Paniz “anche il presidente Schifani potrebbe farlo bene”. E cosa farebbe poi Berlusconi? “Secondo me – ha risposto Paniz – non lo accetterà, perché ritiene, giustamente, di aver dato un contributo fondamentale per tenere insieme tutte le componenti. Ma io ritengo – ha concluso – che un segnale di discontinuità ad un anno e mezzo dalle elezioni, mantenendo salda questa maggioranza, potrebbe rappresentare un’evoluzione positiva in prospettiva, aiutando Alfano ad acquisire consenso, autorevolezza e prestigio, che possono essere determinanti per vincere le elezioni del 2013”. Come dire: uno ‘smarcamento’ in piena regola, che assume ancor più importanza perché arriverebbe da uno dei personaggi del cerchio magico del premier.
Anche in questo caso, per, il condizionale è d’obbligo. Maurizio Paniz, infatti, dopo qualche ora ha corretto il tiro con una nota. Il deputato del Pdl, infatti, ha voluto precisare quanto affermato dicendo di ribadire “integralmente l’intervista oggi rilasciata al quotidiano online del Nordest, erroneamente sintetizzata in lanci di agenzie. Confermo – ha spiegato Paniz – di avere detto che il presidente Berlusconi ha perso parte del consenso elettorale e che la causa principale di tale perdita di consenso nell’elettorato può essere stata la commistione pubblico-privato. Ho precisato – ha spiegato ancora – che il Presidente Berlusconi, per autorevolezza e carisma, avrebbe continuato a guidare il Paese ma, se avesse ritenuto di fare un passo indietro, escludevo che la scelta opportuna sarebbe potuta essere quella di un governo tecnico. L’unica soluzione opportuna, nel caso di un passo indietro – che non chiedevo e non auspicavo – sarebbe un governo con questa maggioranza, guidato da una personalità di spicco della stessa. Tra i nomi, ho indicato quelli di Gianni Letta e Renato Schifani“.
TREMONTI E BOSSI
Tornando agli incontri di oggi al Colle, chi è riuscito a vedere Napolitano, invece, è stato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il quale, durante la seduta pomeridiana della commissione Bilancio del Senato, ha detto che sarà il cdm “a decidere se utilizzare lo strumento del maxiemendamento da inserire nel ddl stabilità o un decreto legge”. Smentiti, quindi, gli annunci di Matteoli e Bossi, secondo cui sarebbe stata scelta la strada del dl per il pacchetto anti-crisi.
Una situazione tutta in divenire, quindi, con una serie di ipotesi che rimangono sul tavolo, prima fra tutte quelle di un governo di responsabilità nazionale a guida di Mario Monti. Su questa eventualità, da registrare il ‘commento’ di Umberto Bossi, che alla domanda ad hoc dei giornalisti ha risposto con una pernacchia. Di congiura, invece, ha parlato l’ex Guardasigilli, secondo cui c’è un tentativo da parte dell’opposizione di “attirare una decina di deputati” e tentare un “governo del ribaltone”. “Ma per farlo – ha detto Alfano nel vertice pomeridiano dell’Ufficio di presidenza del Pdl – hanno tempo fino a Natale perché poi l’unica alternativa all’attuale governo è il voto elezioni anticipato a marzo o aprile”.
GLI APPELLI DI CONFINDUSTRIA E BANKITALIA
In attesa dei provvedimenti, anche il presidente di Confindustria è tornata sulla questione delle misure da approvare al più presto. “Il Paese è oggettivamente in una situazione di pericolo, abbiamo chiesto di fare presto e che il governo venga a Cannes con riforme già approvate e non con una lista di cose da fare” ha detto il numero uno degli industriali, che poi ha commentato le prime indiscrezioni su quanto il governo ha intenzione di fare. “No al prelievo forzoso sui conti correnti” ha detto Emma Marcegaglia, secondo cui “non serve una tassa straordinaria, meglio allora una tassa ordinaria sui patrimoni o sulla casa per abbassare le tasse su lavoro e imprese. Il prelievo – è il parere del presidente di Confindustria – è una misura eccezionale che crea panico”. A stretto giro è arrivata anche la presa di posizione del Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, secondo cui “l’impegno assunto in sede europea a ridurre il debito pubblico e avviare un ampio programma di riforme strutturali va onorato, con rapidità e coerenza”.
CIO’ CHE VOLEVA BERLUSCONI E I VERTICI DI PREPARAZIONE
Tornando alle misure da inserire d’urgenza del documento da presentare al cdm delle 20, il presidente del Consiglio avrebbe spinto sulla necessità di inserire misure d’urgenza in un decreto proprio per rafforzare la volontà politica del governo di andare immediatamente al nocciolo del problema con misure ‘immediate’, così come chiesto da Bruxelles ma anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un decreto che potrebbe accompagnare il maxiemendamento alla Legge di stabilità – che sarà votata il 15 novembre al Senato e il 20 alla Camera – e un altro disegno di legge che, dopo la terapia d’urto del dl, consentirebbero l’introduzione progressiva e diluita nel tempo di tutti gli altri provvedimenti anticrisi. Alla ‘scaletta’, però, si sarebbe opposto il ministro Tremonti, che sosterrebbe l’unica opzione del maxiemendamento con voto secco in Parlamento: senza altri provvedimenti che, a suo avviso, accenderebbero gli appetiti da assalto alla diligenza facendo diventare delle misure nate per il contenimento della spesa delle misure di spesa aggiuntiva.
La discussione sarebbe proseguita anche nel vertice ristretto tra Berlusconi, Tremonti ed il ministro leghista Roberto Calderoli, senza modificare sostanzialmente le posizioni in campo. Anzi, con il premier che, secondo voci circolate in ambienti della maggioranza, ma smentite questa mattina dal portavoce di Tremonti – ”La ricostruzione dell’incontro di ieri sera a palazzo Chigi e la posizione che avrebbe assunto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti non rispecchiano quanto avvenuto realmente e quindi sono false” – avrebbe addirittura minacciato di salire al Quirinale per dimettersi. Alla fine si è deciso di rinviare qualsiasi decisione a un nuovo vertice previsto per stamane. “Le misure proposte nella lettera all’Ue non so se si faranno con maxiemendamento o decreto”, afferma il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. “Vediamo le forme, quello che conta è che siano provvedimenti veloci e che siano rapidamente approvati. Vorremmo un dialogo con le parti sociali a questo proposito per ottenere un consenso sociale anche su misure difficili e impopolari”. Tutte ipotesi che saranno vagliate nel corso della riunione che inizierà tra poco a Palazzo Chigi.
Aggiornato da Redazione web alle 8.48 del 3 novembre 2011