“Sofferenza cerebrale su base ischemica”. E’ questo il responso ufficiale dei medici del reparto di Neurologia del Policlinico di Milano che hanno seguito l’evolversi del malore che ha colpito Antonio Cassano sabato scorso. La notizia è stata pubblicata poco fa dal sito web ufficiale rossonero.
Nel comunicato, che porta la doppia firma dell’ufficio stampa del nosocomio e del club di via Turati, si conferma la necessità di intervenire chirurgicamente nei prossimi giorni per risolvere un problema cardiaco. “Gli esami strumentali e neuroradiologici – si legge nel documento – hanno richiesto 72 ore per il loro svolgimento e hanno evidenziato la sofferenza di un’area cerebrale circoscritta che non ha determinato deficit neurologici persistenti. La causa è stata identificata nella presenza di un forame ovale pervio cardiaco interatriale, evidenziabile solo con sofisticati esami specialistici. La tempestività della terapia instaurata ha permesso un rapido recupero e miglioramento delle condizioni cliniche che sono buone. Il calciatore verrà sottoposto nei prossimi giorni a un piccolo intervento di cardiologia interventistica (chiusura del forame ovale), i tempi di recupero per il ritorno all’attività agonistica saranno meglio definiti dopo l’intervento, ma verosimilmente saranno di qualche mese”. In tal senso, si parla di un ritorno in campo in un arco di tempo che va dai quattro ai sei mesi.
Dunque, tutto vero quello che si diceva fino a qualche ora fa. Cassano è stato colpito da un’ischemia cerebrale. Che fortunatamente non ha lasciato danni permanenti. Il talento di Bari Vecchia è vigile e non accusa sintomi di alcun tipo. La crisi, stando alle parole dei medici che l’hanno in cura, sarebbe ormai completamente superata. Come del resto avevano già avuto modo di verificare di persona i numerosi amici e compagni di squadra che hanno fatto visita al giocatore nelle ultime 48 ore.
A causare la sofferenza cerebrale, sarebbe stato un “forame ovale pervio” (Pfo), un’anomalia cardiaca congenita che, secondo le prime informazioni raccolte, interessa statisticamente circa il 25-30% della popolazione adulta. Un difetto quindi piuttosto diffuso anche tra gli atleti, ma riscontrabile solo con esami cardiologici approfonditi. Va detto che il Pfo non rappresenta di per sé una patologia. Soltanto in condizioni particolari (la bibliografia scientifica parla di “eventi rarissimi”) può favorire l’insorgenza di un ictus o di un’ischemia. E’ capitato a Cassano, insomma, ma poteva capitare a chiunque altro.
Il Pfo non sarebbe riscontrabile con i comuni esami diagnostici, quelli per intenderci che vengono consigliati alle persone che non praticano sport a livello agonistico e professionale. Ma è un’anomalia diffusa e può provocare problemi di una certa gravità. Da qui, la domanda, che non nasconde alcun tipo di malizia: poteva una struttura sanitaria di prim’ordine come il Milan Lab, il centro di ricerca scientifica ad alto contenuto tecnologico che segue da vicino e da tempo tutti i calciatori rossoneri, non conoscere il difetto del cuore di Cassano? E, più in generale, se il Pfo è davvero così diffuso come si legge un po’ ovunque sul web, è ipotizzabile che i calciatori di serie A non siano sottoposti ad un’analisi specifica per verificare la presenza o meno di questa anomalia?