E’ durato qualche ora il giallo sulla sorte di Vincenzo Scarantino, l’ex collaboratore di giustizia le cui dichiarazioni hanno contribuito alla condanna all’ergastolo, per la strage di via d’Amelio, di 6 persone ora liberate e per le quali si profila la revisione del processo.
Scarcerato sabato scorso – nonostante in un primo momento la procura generale di Roma avesse detto che, a differenza degli altri condannati per l’eccidio liberati dalla corte d’appello di Catania, a lui non si applicava la sospensione dell’esecuzione della pena – era stato accompagnato in una comunità religiosa del nord Italia che si era offerta di ospitarlo. Una soluzione che aveva temporaneamente risolto il problema della sicurezza di Scarantino nei cui confronti gli investigatori temono la vendetta di chi sarebbe stato ingiustamente condannato sulla base delle sue dichiarazioni.
Come pubblicato da quotidiano La Repubblica la sua permanenza nel centro religioso, però, è durata poche ore perché Scarantino, che non ha obblighi accessori con la giustizia ed è quindi un uomo libero, ha fatto perdere le sue tracce e non è mai tornato in convento. La “scomparsa” del falso pentito, però è durata solo qualche ora perchè Scarantino si sarebbe rimesso in contatto con gli uomini della Dia che ora ne conoscono il nascondiglio e ne seguono gli spostamenti.
Appresa la notizia di poter ritornare in libertà, Scarantino avrebbe chiesto di poter rimanere in carcere proprio per il timore di ritorsioni. “La libertà per lui è diventata un incubo, così come lo è stata la detenzione degli anni di Pianosa, dal ‘ 92 al ‘ 94, quelli in cui è maturato il suo falso pentimento – scrivevano sul Fatto Quotidiano Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, autori de “L’Agenda nera della seconda Repubblica” (Chiarelettere) – Era bastata mezz’ora di interrogatorio al pm di Palermo Alfonso Sabella per cacciarlo via, dopo avere raccolto l’improbabile confessione di Enzino “serial killer” che staccava la testa delle sue vittime con un taglierino. Ma su via D’Amelio, le parole del falso pentito, rese inossidabili dalla ragion di Stato, hanno scavalcato le montagne della logica, trovando accoglienza in tre sentenze timbrate dalla Cassazione”.
Scarantino, che oltre ad accusare una serie di persone che ha coinvolto nella fase esecutiva dell’attentato a Borsellino, si è autoaccusato della strage, è stato condannato a 18 anni. Il falso pentito aveva anche altre due condanne da espiare inizialmente la procura generale di Roma aveva escluso la sua liberazione, nonostante la sospensione della pena, proprio in virtù degli altri due verdetti di colpevolezza. Un nuovo calcolo del cumulo di pene, però, ha consentito a Scarantino di lasciare il carcere di Torino.