Silvio Berlusconi non ha più la maggioranza assoluta a Montecitorio. Con il passaggio di Ida D’Ippolito Viale e di Alessio Bonciani dal Pdl all’Udc il premier scende sotto i 316 voti e torna a quota 314, quella raggiunta con estrema difficoltà il 14 dicembre, quando l’assemblea bocciò per appena tre voti la mozione di sfiducia. A questi però vanno sottratti anche i sei “ribelli” che hanno firmato la lettera che chiede al premier di promuovere un nuovo esecutivo e gli ex Responsabili che si stanno perdendo in mille rivoli: Luciano Sardelli (ha lasciato dopo il voto di fiducia del 5 ottobre), Amerigo Porfidia, Elio Belcastro e Arturo Iannaccone (che sono passati al gruppo Misto). Poi ci sono Calogero Mannino, Antonio Buonfiglio. La maggioranza di cui dispone il premier alla Camera è dunque di 302 deputati. E il numero subirà ulteriori aggiornamenti in negativo, perché da stamani i partiti che sostengono l’esecutivo si stanno lentamente sfaldando. Molti hanno letto nelle parole espresse stamani da Giorgio Napolitano l’epitaffio all’attuale esecutivo.
Permane, ha scritto il Quirinale, “il contrasto tra forze di opposizione – da un lato – che considerano necessaria una nuova compagine di governo, su basi parlamentari più ampie e non ristrette a un solo schieramento, come condizione di credibilità e attuabilità degli obbiettivi assunti dall’Italia; e forze di maggioranza – dall’altro lato – che confermano la loro fiducia nell’attuale governo, giudicandolo senza alternative e in grado, allo stato attuale, di portare avanti con il loro sostegno gli impegni sottoscritti, insieme con i doverosi adempimenti di bilancio. Ora alle une e alle altre forze appartiene interamente la libertà di assumere le rispettive determinazioni in Parlamento e le responsabilità che ne conseguono rispetto agli interessi generali dell’Italia e dell’Europa, in una crisi finanziaria ancora gravida di incognite. I prossimi sviluppi dell’attività parlamentare mi consentiranno di valutare concretamente la effettiva evoluzione del quadro politico-istituzionale”.
Così, ai sei “ribelli” del Pdl, se ne sono aggiunti subito altri due. E le defezioni dalla maggioranza proseguono. Roberto Antonione, Isabella Bertolini, Giancarlo Pittelli, Giorgio Stracquadanio, Fabio Gava, Giustina Destro, D’Ippolito e Bonciani. Già così la maggioranza, come detto, scenderebbe a quota 310. Poi ci sono Luciana Sbarbati, Antonio Del Pennino e Francesco Nucara che, riuniti sotto il Pri, oggi espresso dubbi sulla fiducia: “Prima guardiamo il testo”, hanno detto. Gli stessi che il 14 ottobre invece garantirono il voto favorevole a Berlusconi. Ma le incognite non sono finite qui. Persino Domenico Scilipoti, il peone numero uno del Cavaliere, ha detto che forse potrebbe votare no alla fiducia. Insofferenti sono pure gli ex Fli poi passati al Misto rinnovando la fiducia a Berlusconi Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Antonio Buonfiglio, Pippo Scalia. Senza il loro voto il governo scenderebbe a quota 306, che è esattamente la quota a cui è ferma ora l’opposizione. Se gli scontenti non solo abbandonassero il premier ma entrassero nel fronte di chi intende sfiduciarlo, Berlusconi potrebbe dire addio a Palazzo Chigi. Ma ci sono i sei deputati Radicali, autosospesi dal gruppo dei democratici, che il 15 ottobre hanno partecipato al voto di fiducia all’esecutivo Berlusconi e che potrebbero essere i nuovi Responsabili pronti a correre in salvataggio del premier. Ma Mario Staderini in mattinata garantisce: “Read my (virtual) lips: i Radicali voteranno no alla fiducia chiesta dal governo. Come è accaduto sempre in questi anni, senza eccezioni”, ha scritto il segretario dei Radicali italiani sul suo Twitter.
Articolo pubblicato il 3 novembre e aggiornato dalla redazione web alle 15.40 del 4 novembre