Quando lo Stato non tutela una figura pubblica, è la società civile che gli si stringe attorno a protezione. Succede anche in Cina, dove un artista del calibro di Ai Weiwei si trova a dover contare sulla solidarietà della gente comune, per andare avanti.
In sole due ore ha raccolto quasi 130mila Rmb (circa 15mila euro). Si tratta di circa seicento individui che gli hanno donato una media di 25 euro a testa (e non sono pochi, un cinese è capace di camparci una settimana o più). E il numero è in continuo aumento. Perché?
L’altro ieri, l’artista e attivista Ai ha ricevuto una cartella esattoriale che ha subito pubblicato interamente su Google+. È accusato dallo Stato di evasione fiscale: ha 15 giorni per pagare 15 milioni di yuan (oltre 1,7 milioni di euro).
La faccenda – pubblicata in Cina esclusivamente dal South China Mornig Post – è “ridicola” perché finora non ci sarebbe alcuna prova a dimostrazione dell’evasione fiscale della FaKe, la sua società di progettazione. Almeno secondo il suo legale, Pu Zhiqiang.
Pu ha dichiarato anche che le autorità hanno confiscato tutti i documenti originali, compresi i suoi libri contabili e le registrazioni delle sue operazioni. Tuttavia, i funzionari non avrebbero accusato l’artista di nessun reato in particolare, almeno per ora.
Ma la situazione è comunque grave. Ancora secondo il suo avvocato, se Ai Weiwei si rifiuta di pagare potrebbe nuovamente perdere la propria libertà: “La pena prende di mira la sua azienda, ma se Ai e la sua società si rifiutano di pagare, la situazione potrebbe peggiorare e lui potrebbe essere di nuovo arrestato”.
Dal canto suo Ai si rifiuta di pagare, a meno che non venga dimostrato che si tratti veramente di un problema fiscale e non di una “punizione” per il suo attivismo politico. I reati a fini fiscali, ha aggiunto Ai Weiwei, “dovrebbero essere nelle mani dell’Ufficio fiscale e non della polizia. Ma è la polizia che mi ha recluso in un luogo sconosciuto per 81 giorni per indagare circa una mia eventuale evasione”.
Secondo quanto affermato da Ai, “le autorità hanno minacciato il contabile della società impedendomi di incontrarlo. Voglio anche dire – ha aggiunto – che se un paese è determinato a fare qualcosa nel mondo, deve proteggere i diritti di ogni cittadino. Costruire un sistema legale equo è l’unica opzione. Io non mi sento sicuro”.
E non ha tutti i torti. Il suo arresto ha già dimostrato al mondo intero che in Cina neanche una star internazionale gode di alcuna protezione se non obbedisce alle regole non scritte dell”armonia governativa.
Soprattutto quando l’opinione pubblica è quasi tutta dalla sua parte.