Politica

Governo senza maggioranza alla Camera<br/>Si fa strada l’ipotesi di Monti premier

Da Gianfranco Fini a Romano Prodi, passando per Santini del Pdl e Rosi Bindi: la soluzione è un passo indietro di Berlusconi, l'intervento di Napolitano e l'incarico di formare un esecutivo istituzionale all'ex commissario europeo. Berlusconi però insiste: non mi dimetto. Ma a Montecitorio non ha più la maggioranza e martedì arriva in Aula il rendiconto dello Stato

Un esecutivo istituzionale guidato da Mario Monti e composto per lo più da tecnici. L’ipotesi circola da giorni con sempre maggiore insistenza e trova il consenso di molti. Dal Terzo Polo al Pd, passando anche da alcuni esponenti dello stesso Pdl, nelle ultime ore ufficializzano l’apertura garantendo sostegno a Giorgio Napolitano nel caso in cui si trovasse a dover incaricare un nuovo Presidente del Consiglio nei prossimi giorni. L’indicazione è chiara.

“Mario Monti ha esperienza e credo sia, a detta di tutti, una delle personalità italiane più stimate a livello europeo”, ha detto Gianfranco Fini. Aggiungendo che certo “dipenderà dall’evolversi della situazione e dalla volontà del capo dello Stato”. Identica opinione espressa da Giacomo Santini, senatore del Pdl vicino al dissidente Beppe Pisanu, tanto da essere stato indicato tra i firmatari della lettera dell’ex ministro. Secondo Santini si deve “convincere Berlusconi che un Governo di transizione guidato da un suo uomo oppure da un tecnico consentirebbe all’Italia di uscire dall’angolo”, come già consigliato al premier dai fidatissimi Angelino Alfano, Paolo Bonaiuti, Gianni Letta e Denis Verdini. Ma Santini aggiunge altro: “Dare l’incarico ad un tecnico come Mario Monti significherebbe scrollare di dosso al Governo ogni scoria partitica e recuperare sicuramente grande prestigio in Europa e nel mondo”. Soluzione “invisa agli integralisti di partito che hanno a cuore soltanto la supremazia ideologica, i voti ed i seggi in Parlamento, senza nessuno scrupolo per i destini del Paese. La sola cosa che l’Italia non si può permettere ora è andare ad elezioni anticipate”. Come chiede il Carroccio, per bocca di Roberto Calderoli. Ma i deputati leghisti, saldamente in mano a Roberto Maroni, vedono invece di buon occhio un esecutivo di transizione così da poter cambiare la legge elettorale, superare il Porcellum e quindi tornare al voto nominale. L’ipotesi Monti potrebbe andar bene anche in via Bellerio dunque.

Sicuramente è più che condivisa dal Partito Democratico. Rispetto all’ipotesi di un governo guidato da Mario Monti, Pier Luigi Bersani dice “lascio la parola a Napolitano”. Ma certo, aggiunge, “il Pd darà il suo sostegno a un governo che abbia credibilità nel mondo”. E il segretario ha bocciato l’ipotesi Gianni Letta e Renato SChifani, salvando solo Monti.  Ma è stata Rosi Bindi ieri a ufficializzare l’apertura. “Berlusconi vada al Quirinale, Napolitano certifichi che non c’è più una maggioranza e dia l’incarico a una figura che gode di prestigio europeo. A me andrebbe bene Mario Monti. Si crei poi intorno a lui un governo di pochissime e autorevoli nei vari settori in cui il Paese ha più bisogno e lo sostengano tutte le forze politiche. Preferirei che i componenti del governo fossero tecnici e non politici”. E stamani, in un’intervista a Repubblica, è arrivata la benedizione totale di Romano Prodi. “E’ l’ora di Monti. Non si può aspettare ancora” che all’Italia serve “un uomo rispettato in Europa e nel mondo, una garanzia di autorevolezza, e Monti è questa persona”.

Ma Berlusconi deve lasciare. E lui non ne ha alcuna intenzione. Però la settimana che si apre con domani sarà una prova del fuoco per il premier. Martedì a Montecitorio arriva il voto sul rendiconto dello Stato, su cui il mese scorso l’esecutivo era stato battuto (ed era poi stato costretto al voto di fiducia del 14 ottobre). La situazione si è complicata ulteriormente: la maggioranza non c’è più. Tra defezioni, dissidenti e cambi di casacche, è ferma a quota 300. E secondo quanto riporta Repubblica, i “20 ribelli” sarebbero pronti a dare vita a un nuovo gruppo. Eppure il Cavaliere si dice certo che il governo resisterà: “Non mi dimetto”.