Il prete di strada: “La pioggia è stata eccezionale, ma le colline sono state deturpate per 50 anni”
Don Gallo, dopo le Cinque Terre la natura se l’è presa con Genova.
I ragazzi della mia comunità (San Benedetto al porto, ndr) vengono di continuo a portarmi notizie terribili, la città è sconvolta. Io dovevo andare a Sant’Arcangelo di Romagna, pensi che lì oggi (ieri, ndr) c’era il sole. Abbiamo telefonato, per spiegare che io non potevo partire con l’autostrada allagata e con questa situazione. Sono morti anche dei bambini…
L’opposizione accusa il sindaco Vincenzi di non aver fatto abbastanza per prevenire l’alluvione.
Guardi, i tagli del governo alle amministrazioni sono stati tremendi, e questo pesa tanto. Però bisognava organizzarsi meglio. Dalla parte del Bisagno, sul Levante, non hanno previsto nulla. E dire che c’era l’allerta, dopo quello che è successo alle Cinque Terre. E poi, perché non hanno chiuso le scuole questa mattina?
Il sindaco replica che la chiusura avrebbe ingolfato la viabilità (“i genitori avrebbero portato i bimbi dai nonni”), e che “comunque tanta gente che era in giro si è potuta rifugiare nelle scuole”.
Sarà, ma in certe scuole per salvarsi sono dovuti arrivare al quarto piano. Se parliamo di viabilità che non funzionava, ma di chi è la colpa? Ricominciamo con lo scaricabarile dei politici. La pioggia sarà pure stata eccezionale, però a Genova le alluvioni non sono certo una novità. E si capisce: basta guardare come hanno deturpato le colline in 50 anni. Ma c’è un’altra cosa che mi preoccupa.
Ovvero?
L’indifferenza. Tanta gente ti dice: ‘ L’alluvione? Non mi ha toccato, quindi pazienza’. E non va bene, perché stare in una città significa condividere delle cose, partecipare alla vita di tutti.
Vede troppa indifferenza nella sua Genova?
Sì, anche tra i giovani. Qualche sera fa sono stato a una premiazione, a Pegli, e spiegavano che qui in città è molto peggiorata la situazione del volontariato per la pubblica assistenza.
Eppure quando ci fu un’altra alluvione nel 1970 furono proprio i giovani a rimettere in piedi la città.
Certo, io ero con loro in mezzo a quel fango. Pensi che al tempo volevano costruire il monumento al giovane, per celebrare quell’impegno. Ma oggi è diverso. I ragazzi sono scoraggia-ti, delusi. Non cercano più lavoro, sognano di andarsene altrove, all’estero. E questa città è preda di una lenta eutanasia. Non c’è quel vento del cambiamento che soffia da qualche anno a Milano. Le persone e la politica si mobilitano solo per vietare. Per esempio, per impedire la costruzione della moschea.
Lei sembra mettere in correlazione l’alluvione con i problemi di Genova.
Penso che questo dramma faccia emergere le ferite della nostra città. Dobbiamo utilizzare quanto accaduto per un momento di riflessione, per guardarci dentro. Io voglio bene a Genova, è la mia città e la conosco molto bene. Ma dobbiamo tornare tutti a partecipare, ad aiutarci. Lo ripeto: la pioggia è stata eccezionale, ma la non-partecipazione è la normalità.
Ora come si riparte?
I ragazzi delle nostre comunità sono pronti ad aiutare, come sempre. Pur essendo stati emarginati in questa città, sono molto felici di aiutarla. Per loro, è uno stimolo a migliorarsi. In diversi sono già andati nelle Cinque Terre per aiutare la Protezione Civile. E poi abbiamo raccolto scorte e fondi. Lo faremo anche nella nostra Genova.
Don Gallo, cosa chiederebbe a Dio dopo un dramma come l’alluvione?
Gli chiederei perché non ha dato a Mosè l’ 11 ° comandamento: “Rispetta la natura”. Padre Zanotelli (missionario, ndr) me lo ripete sempre: la Bibbia è una contemplazione della natura e delle sue bellezze.