Non tutti sanno, o meglio. pochi sanno che esiste una Convenzione delle Alpi, e dei protocolli collegati, per la tutela dell’intero arco alpino. L’associazione che fin dalla sua nascita si è battuta perché esistesse fra i paesi alpini una convenzione per la tutela delle loro montagne è stata la Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi. Essa ha una sezione italiana a Torino, Via Patrengo 20 (presso Pro Natura Torino), il cui direttore è Francesco Pastorelli, di cui ospito qui un sentito intervento sull’ennesima brutta figura fatta dal nostro amato (?) paese.
Il 7 novembre di vent’anni fa, a Salisburgo, i ministri dell’Ambiente dei Paesi alpini sottoscrivevano la Convenzione delle Alpi, un trattato di diritto pubblico internazionale per tutelare l’ambiente naturale delle Alpi salvaguardando le esigenze delle popolazioni alpine. Dopo ritardi ed inadempienze da parte dei governi che si sono succeduti in questi venti anni, il 25 ottobre scorso – anche se per soli 4 voti – la Camera dei Deputati, accogliendo le richieste della Lega Nord, ha affossato questo strumento facendo rimediare all’Italia l’ennesima figuraccia a livello internazionale. Cosa è successo esattamente il 25 ottobre?
Occorre spiegare che la Convenzione delle Alpi si regge su specifici protocolli attuativi che contengono le misure previste dalla Convenzione e le iniziative concrete da intraprendersi in diversi settori che vanno dal turismo all’agricoltura, dall’energia alle foreste, dalla pianificazione territoriale ai trasporti. Proprio il Protocollo sui trasporti costituisce una delle colonne portanti della Convenzione.
Esso prevede l’impegno dei Paesi alpini nel ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico, mira a mettere un freno al trasporto su gomma introducendo politiche trasportistiche innovative (non necessariamente infrastrutturali), come l’introduzione della realtà dei costi, al fine di riequilibrare le modalità di trasporto a favore di quelle meno impattanti (trasferimento modale, trasporto pubblico). Il 25 ottobre la Camera era chiamata a votare perché gli otto protocolli diventassero legge dello Stato (gli altri Paesi alpini europei hanno già effettuato da anni questo passaggio).
La Lega Nord, tutelando gli interessi della lobby dell’autotrasporto e dei costruttori di autostrade, anziché quelli delle popolazioni alpine, ha chiesto che questo fondamentale protocollo venisse stralciato. Riuscendoci grazie al voto del Pdl, sempre più tenuto sotto ricatto dalla Lega stessa e di alcuni suoi ministri (Prestigiacomo, Frattini) che a livello internazionale avevano garantito l’impegno italiano.
In questo modo non soltanto si indebolisce la struttura portante della Convenzione, ma la si affossa del tutto in quanto il provvedimento dovrà fare ritorno al Senato (che a suo tempo aveva approvato tutti i protocolli) con una legislatura che – speriamo – si avvia al capolinea. Quale credibilità può avere sul piano internazionale un Paese che aderisce a un trattato soltanto per le parti che gli fanno comodo e si divincola laddove sono richiesti degli impegni?
Con quale presunzione un Governo si può presentare all’Unione Europea o ai Paesi alpini confinanti per chiedere di co-finanziare grandi opere ferroviarie come la Torino-Lione e il tunnel del Brennero, già di per sé discutibili per mille ragioni, quando si dimostra incapace di adottare strumenti basilari per il trasferimento modale e continua a favorire il trasporto su strada e la lobby che ci sta attorno, unica ad essere sempre beneficiata, anche in tempi di crisi, dalle scelte governative?
E cosa andranno a raccontare il Governo e la Lega agli autotrasportatori quando questi si lamenteranno che l’Austria imporrà unilateralmente limiti ai transiti e aumenterà i pedaggi per attraversare il suo territorio?
Se un Paese non è in grado di stare al gioco, rispettando le regole internazionali, avrà poco da lagnarsi.
In alto, tir sul Monte Bianco (foto di Francesco Pastorelli). Per ingrandire clicca qui