“Stiamo valutando l’ipotesi di presentare la mozione di sfiducia”. Pierluigi Bersani lo annuncia nel primo pomeriggio. Subito ribadita da Antonio Di Pietro dell’Idv. E la frase appare come l’epilogo naturale di due giorni di confronto a distanza tra le anime critiche del Pdl, il Terzo Polo e il Partito Democratico. Obbiettivo condiviso: convincere Berlusconi ad andarsene e insediare un governo di unità nazionale. E Gianfranco Fini avverte: “Se martedì il governo avrà un voto in più non basterà, Berlusconi è avulso dalla realtà e usa il pallottoliere”. Ma gli occhi erano puntati sull’intervento a Che tempo che fa del ministro dell’Interno Roberto Maroni: da Fabio Fazio ha ammesso che la maggioranza uscita dalle urne nel 2008 non c’è più, ma ha chiuso anche solo all’ipotesi di un esecutivo d’unità nazionale, così come invocato da settori sempre più larghi di maggioranza e opposizione.
Nel frattempo Berlusconi continua a perdere pezzi. Ultima in ordine cronologico è Gabriella Carlucci che ha lasciato il Pdl per aderire all’Udc di Pierferdinando Casini: “Ritengo che un governo di larghe intese possa essere l’unica soluzione per salvare il Paese. Aderisco all’Udc, partito che fa parte del Ppe, perché spero che i moderati possano trovare nuove strade”.
Tuttavia il presidente del Consiglio si ostina a dire che “i numeri ci sono” e sono “certi” perché “verificati in queste ore”. Intervenendo telefonicamente alla convention di Azione popolare di Silvano Moffa, Berlusconi continua a ostentare tranquillità: “Nonostante queste defezioni continuo a ritenere che gli scontenti possano rientrare”. Poi la chiusura totale a quanti in questi gli hanno chiesto un passo in dietro o di lato: “Non credo a un governo di larghe intese, né a un esecutivo tecnico con un premier ‘fantoccio’ messo lì a dispetto degli italiani”.
Ma a partire dalle prime ore della mattinata di domenica, i segnali sia della maggioranza che dell’opposizione erano di segno opposto alla sicrezza ostentata dal primo ministro.
Ad aprire la giornata politica è stato l’ex ministro Pisanu. L’attacco a Berlusconi arriva il giorno dopo quello di un altro cattolico del partito, Roberto Formigoni, che ieri ha invitato il premier a lasciare, e a stretto giro dalle parole dell’altro dissidente del Pdl, Claudio Scajola, secondo cui “i numeri della maggioranza sono troppo risicati per garantire un governo efficace”. E’ poi il leader dell’Udc ad aggiungere un altro tassello al governo di unità: “Senza il Pd non possiamo ricostruire il Paese, un governo senza il Pd è da irresponsabili”, dice Casini. E specifica ulteriormente la proposta di Pisanu: “Un governo di unità con Terzo Polo, Pd e Pdl”.
Il presidente dell’Antimafia ha avviato l’analisi dal partito. “Chi nel Pdl vede le cose che succedono nel Paese e le denuncia e chiede di cambiare non sono traditori, semmai traditi”, quasi grida quando smonta l’accusa piovuta da Berlusconi, a Cannes, sui critici nella maggioranza. “Come tanti – sottolinea non a caso Pisanu, dalla convention del Terzo Polo – sono persuaso che Italia ha tutte le risorse necesarie per superare la crisi”. Ma “per cambiare le cose da cambiare e che non siamo ancora riusciti a fare, bisogna mobilitare le migliori energie del Paese e tutte le forze che le rappresentano, nella società e nel Paese”. Lo ribadisce più volte, Pisanu nel suo intervento. “Nessun normale governo di centrodestra o di centrosinistra – avverte l’ex ministro dell’Interno – sarebbe in grado di reggere il peso tremendo della crisi e di gettare contemporaneamente le basi per un futuro migliore. C’è bisogno di tutti. Ormai – scandisce – il governo di unità nazionale è quasi una scelta obbligata e un dovere verso gli italiani”. Perché “l’Italia sta male e rischia di finire peggio” a causa della crisi che morde il Paese. “Il paradigma – dice infatti il senatore Pdl – non sono i ristoranti affollati ma le mense della Caritas che si riempiono di nuovi poveri”. Una considerazione seguita da un riferimento al fatto che “l’umiliazione internazionale del nostro Paese non ha precedenti”.
Dopo Pisanu sul palco è salito Casini, che ha aperto al Pd. “Senza il Pd è da irresponsabili pensare di poter ricostruire il Paese” e ha quindi lanciato l’ipotesi di un esecutivo di unità composto da Terzo Polo, Pd e Pdl.
A stretto giro Bersani è andato oltre. ”Stiamo discutendo in queste ore trale forze di opposizione. Ascoltiamo le perplessità e le posizioni che si muovono ai margini della maggioranza. Quanto agli strumenti, stiamo valutando se sarà una mozione di sfiducia o un’altra iniziativa. E’ certo che l’opposizione non starà ferma”, ha risposto così il segretario del Pd ospite di Lucia Annunziata a “in mezz’ora”. Bersani ha spiegato che se il governo si dimette prima la sfiducia diventa superflua. Alla domanda su come si comporteranno le opposizioni se la Camera vota il rendiconto dello Stato, Bersani ha spiegato che quella circostanza “sarà una ragione in più per sfiduciare”.
Al segretario del Pd ha fatto eco Di Pietro. “Prima dobbiamo avere i numeri e poi presentare la mozione di sfiducia. In questo momento non è tanto in discussione la mozione di sfiducia del centrosinistra ma la presa d’atto dello sfaldamento del centrodestra”.