Che fine ha fatto la famosa tabella unica nazionale (confidenzialmente riassunta in Tun dagli addetti ai lavori) per il risarcimento del danno biologico che tante critiche ha sollevato fin dal momento della sua comparsa, alla vigilia delle ferie 2011? Tranquilli, non è stata ritirata, anzi: domani, 8 novembre, sarà esaminata dal Consiglio di Stato. Il presidente della Repubblica, a cui tanti si erano appellati, non l’ha quindi ancora ricevuta.

La data non ha niente a che vedere con il destino che si va compiendo per il governo, essendo stata fissata settimane or sono. Trattasi di pura casualità.

Senza appesantirvi troppo, in vista dell’esame, vi propongo alcune riflessioni dall’aspetto interessante, redatte nei giorni scorsi dal presidente di una società bellunese che si occupa appunto di risarcimento, Bruno Marusso. Per cominciare, Marusso fa notare l’incongruenza politica delle tabelle governative con le quali, volendo dare risposta alla disparità di trattamento registrata nei vari tribunali italiani, si è legiferato per uniformare verso il basso il valore del punto. Oltretutto, dopo che due sentenze della Corte di Cassazione, in assenza di norma, avevano uniformato verso l’alto quello stesso valore, indicando per tutti i tribunali l’uso delle (ottime, senza essere esagerate) tabelle milanesi.

Le considerazioni più significative riguardano comunque le cifre nude e crude. Scrive Marusso nelle note mandate sia al Consiglio di Stato sia al Quirinale, che il  valore del punto base non è stato nemmeno aggiornato: “Il valore del punto base adottato dal Dpr è quello del 2005 (!!), cioè € 674,78, non essendosi tenuto conto delle indicizzazioni annuali previste per legge e del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 17 giugno scorso, che ha stabilito per il 2011 il valore base di € 759,04”.

In tal modo, il primo paradosso sarebbe che “un cinquantenne maschio con 9% di invalidità percepirebbe € 12.569,70, mentre lo stesso cinquantenne con il 10% di invalidità percepirebbe € 12.264,66”. Quindi, maggior invalidità e minor risarcimento: solo questo governo poteva partorire una simile assurdità. Altri esempi: un trentenne maschio avrebbe 14.150 euro con il 9% e 13.950 con il 10% di invalidità; un ottantenne, maschio o femmina, 10.200 con il 9% e 9.600 con il 10% se maschio. Inoltre, è decisamente censurabile il fatto che si sia stabilito un doppio abbattimento per i coefficienti di riduzione del punto, uno per ogni anno di età dopo il decimo, un altro per differenza di sesso.

Come vedete, un esame attento del provvedimento dovrebbe concludersi con  parecchi segni di matita rossa da parte del Consiglio di Stato. Chissà.

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