La settimana scorsa andava di moda prendersela con Lorenzo Bini Smaghi (Lbs). Questa settimana il nemico pubblico numero uno sembra essere diventato l’Euro tout court. Sono sempre più frequenti e ben accette le proposte di uscita dalla moneta unica, causa di tutti i nostri mali, condite da richieste di default, svalutazione della ritrovata lira, inflazione e, ovviamente, rilancio della spesa pubblica senza la quale, fantasia e Fassina insegnano, non c’è crescita stabile e duratura. Gli esempi da seguire, mi viene detto, sono l’Islanda (un paese di fatto governato dal Fmi) e l’Argentina (un paese sgovernato da una banda forse peggiore della nostra e piagato dalla povertà). Una coerenza perversa, e che va al di là del fatto che Berlusconi abbia indicato entrambi al pubblico ludibrio, collega gli attacchi a Lbs con quelli all’Euro. Essa dice che le regole le seguono e rispettano solo gli sciocchi. Noi italiani abbiamo tanti difetti, ma sciocchi non siamo, e si vede.
Cominciamo con Lbs: in cosa consiste il suo grande affronto? Semplice: ha cercato di rispettare, almeno formalmente, le regole e i principi in base alle quali era stato nominato a fare il lavoro che fa(ceva) a Francoforte. Quando la Banca Centrale Europea venne creata, con il proposito di introdurre e gestire l’Euro, si stabilì – nel consenso più generale di politici, economisti e commentatori vari – che la medesima, per svolgere adeguatamente il proprio ruolo, avrebbe dovuto essere mantenuta immune da ogni influenza esterna. In particolare: (i) avrebbe dovuto essere rigorosamente indipendente, nelle sue scelte di politica monetaria, dalle politiche fiscali dei vari stati e, (ii), una volta nominati, i membri del suo direttorio avrebbero avuto totale libertà di azione e non avrebbero preso ordini dai governi dei paesi membri da cui provenivano. I teorici della bontà e funzionalità dell’Euro cum Trattato di Maastricht (fra cui non mi annoveravo nè mi annovero, ma questo è un altro discorso) garantirono dall’alto della loro saggezza che il trattato e le due regole di cui sopra avrebbero costituito una corazza impenetrabile.
Bene, Lbs ha semplicemente cercato di far rispettare, almeno formalmente, la seconda regola. C’era una banalissima e professionale maniera per raggiungere l’obiettivo di far eleggere Mario Draghi presidente della Bce: soddisfare le legittime richieste francesi e rispettare l’indipendenza dei membri del Direttorio della Bce. Il governo Berlusconi (nella persona del suo ministro del Tesoro) ha avuto quasi un anno di tempo per metterla in pratica: bastava lavorare, discretamente, con Lbs al suo passaggio ad altre funzioni che gli risultassero attraenti. Data la drammatica scarsità di talenti che caratterizza i piani alti dell’amministrazione pubblica italiana, vi sono abbondanti ragioni per ritenere che non si trattasse d’un impegno improbo. Il governo Berlusconi non l’ha soddisfatto ritenendo, evidentemente, che Lbs fosse un suo dipendente distaccato a Francoforte che, al momento opportuno, avrebbe obbedito agli ordini in arrivo da Roma. Grave errore. Uno dei tantissimi di questo governo, di questo ministro del Tesoro e dei suoi alti dirigenti, ma non per questo meno grave. Le regole, specialmente quando si accettano volontariamente e si condividono firmandole, vanno rispettate sia nella forma che nella sostanza. E’ significativo che, in tutta questa penosa vicenda, pochi, pochissimi, in Italia si siano premurati di ricordare pubblicamente questa elementare… regola.
Ma la vicenda Bini Smaghi è acqua passata che non macina più… almeno per questa settimana e forse la prossima. Ora l’attenzione si concentra tutta sul maledetto Euro che, a detta di tutti, ci sta massacrando un po’ come Bini Smaghi era la causa delle risatine di Merkel e Sarkozy. Anche in questo caso, strati sempre più ampi del paese si stanno convincendo che esiste una soluzione rapida e relativamente indolore del problema: basta violare astutamente qualche altra regola che, a suo tempo, abbiamo scelto e controfirmato. Dei costi di violare la prima delle due regole elencate sopra, forzando la Bce a monetizzare il nostro debito, ho già parlato la settimana scorsa e mi prometto di ritornare presto, quindi omettiamoli.
Chiediamoci invece perché siamo arrivati alla situazione in cui ci troviamo oggi, almeno per quanto riguarda l’Euro e il debito pubblico. Chiunque abbia poco più di trent’anni e abbia seguito le vicende europee da Maastricht in poi conosce la risposta: perchè i nostri politici (quelli europei, in generale, ma quelli italiani e greci in particolare e più di tutti) altro non hanno fatto che violare ripetutamente le regole da essi stessi elaborate e firmate. Iniziò ancora prima dell’adozione, quando si decise che su tre parametri del trattato bastava soddisfarne due: ed eccoci noi e Grecia dentro all’Euro con un debito che già allora faceva paura. Si continuò poi allegramente esentando questo e quell’altro paese (Francia e Germania incluse, che ora sperimentano cosa voglia dire perdere la reputazione quando si gioca al poker fiscale) dai vincoli sul deficit e sulle multe da pagare. Passando per i mille trucchi contabili che Eurostat decise di prender per buoni per accomodare la creativa finanza pubblica d’Italia e Grecia, siamo finalmente arrivati alla madre di tutte le regole violate, ossia i conti truccati. Coerente, no? Perché violare una regola sola quando, astutamente, possiamo fregarne almeno cinque o sei di seguito?
Come insegna la teoria dei giochi ripetuti quando, per convenienza di breve periodo, uno dei giocatori viola continuamente le regole che si era auto-imposto, l’altro giocatore si convince che non c’è alcuna regola che il suo opponente non finirà per violare in cambio d’un piatto di lenticchie. Per questa ragione – non solo per questa ma soprattutto per questa – gli investitori stanno oggi puntando sull’ipotesi che i governi della zona Euro violeranno la regola della non monetizzazione del debito e/o che i governi di Grecia e Italia finiranno per fare default, abbandonando la moneta unica. Una prospettiva agghiacciante per i costi economici e sociali che implica ma che attrae molti perché offre, nell’immediato, la possibilità di non tagliare la spesa pubblica e non riformare. Questo il piattino di avvelenate lenticchie che la discrezionalità dell’astuto politico serve, da sempre, ai propri governati in cambio della violazione delle regole. Gustoso, sino a quando il veleno comincia a fare effetto.