Il ricordo delle inondazioni passate, in particolare quella del 2000 in cui si sfiorò l’incidente atomico, si fa ancora sentire. In provincia di Vercelli sono stipate il 50 per cento delle scorie italiane
Gli esperti del centro operativo della Protezione civile regionale e dell’Arpa garantiscono che, nonostante il maltempo, “non c’è stato nessun pericolo” ai siti atomici in questione. Se da una parte il deposito di Bosco Marengo (Al) è distante dai corsi d’acqua, dall’altra l’ex centrale di Trino, vicino al Po, e i depositi di Saluggia, circondati da Dora Baltea e i canali Fanali e Cavour, non sono stati toccati. “Non c’è stata nessuna esondazione del Po e della Dora Baltea”, affermano i tecnici che rassicurano: “Gli impianti sono stati oggetto di particolare attenzione e monitoraggio continuo”.
Domenica si era diffuso il timore per il livello Po a Trino, dove il fiume ha solo ricoperto le golene. “C’è sempre un po’ di paura”, dice Gianpiero Godio, responsabile del settore energia per Legambiente in Piemonte e membro “laico” della commissione Ambiente nel Comune di Saluggia. Il ricordo delle alluvioni passate, in particolar modo quella del 2000 in cui si sfiorò l’incidente nucleare, si fa ancora sentire.
“Abbiamo avuto delle grosse esondazioni nel 1993, nel 1994 e nel 2000 – racconta – In soli sette anni ci sono state per tre volte alluvioni considerate come eventi catastrofici molto rari”. In questi giorni però la piena era più debole: “La Dora Baltea si è ingrossata, ma in maniera minore. La portata era di 800 metri cubi al secondo ed è passata via, mentre in passato ha raggiunto i 2000 o i 3000 metri cubi. Certo, a sapere che in quei depositi c’è il 50 per cento delle scorie nucleari italiane non si sta molto tranquilli”.
Per queste ragioni i tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente, incaricati del monitoraggio “radiologico ionizzante” e cioè del controllo delle radiazioni, hanno effettuato dei sopralluoghi nei siti di Saluggia martedì mattina. “Non c’è stato nessun problema in nessuno dei tre siti in Piemonte perché non ci sono state esondazioni – racconta Laura Porzio, una degli esperti – Noi siamo entrati nell’impianto del deposito ‘Sorin-Avogadro’, il più colpito in passato perché vicino al canale Farini”. Questa struttura, una volta del gruppo Fiat, è un complesso diviso in due parti: una, quella della Sorin, dove si preparavano prodotti farmaceutici con radioisotopi, è destinata a deposito di rifiuti radioattivi solidi e ha una nuova rimessa, più sicura, ultimata un paio di anni fa.
Nella seconda zona, Avogadro, “c’è ancora la piscina, che era quella del reattore e ora funziona come deposito del combustibile nucleare irraggiato”, spiega Porzio. Per Godio è un’area rischiosa: “Sta a 700-800 metri dal fiume e non ha alcuna difesa”. Come ricorda l’esperta dell’Arpa: “Nel 2000 sono stati allagati solo i locali ausiliari e non l’isola nucleare, però il sito Sorin-Avogadro non ha le protezioni del sito Eurex-So.g.i.n.”.
Questa è l’area che desta più preoccupazioni, ma anche dove sono stati apportati dei miglioramenti. Si tratta di un ex centro ricerche dell’Enea passato ai privati di So.g.i.n: “È il primo impianto che la Dora Baltea incontra quando esonda e allaga – dice Porzio -. Nel 2000 abbiamo rischiato che il fiume entrasse nel sito. Nel 2002 è stata terminata la costruzione di un muro di difesa idraulica alto cinque metri e profondo quindici. Prima aveva una piscina con il combustibile irraggiato, ma dopo i rischi passati è stato tutto trasferito all’estero e la piscina è stata svuotata”. La soluzione del muro di cinta non convince il rappresentante di Legambiente: “Eurex è attaccato al fiume e l’impianto viene ugualmente alluvionato perché per il principio dei vasi comunicanti l’acqua sale dalle profondità”.