La plenipotenziaria del Cavaliere in Emilia Romagna corre a Roma per un colloquio decisivo. Ritratto della "liberale" che per vent'anni, tra crociate antistranieri e gnocco fritto, ha guidato il Pdl nella regione più rossa d'Italia. Fino a chiedere un passo indietro al Cavaliere salvo poi trattare la pace
Quarantotto anni, ex avvocato penalista, folgorata sulla via di Arcore nel lontano ’93 quando Berlusconi disse che “se dovessi votare per il sindaco di Roma, tra Rutelli e Fini voterei Fini”, percorre tutta la tradizionale gavetta partitica prima di diventare referente, pare molto ascoltato, del premier.
Sconfitta disonorevole nel ’94 per l’elezione alla Camera dei deputati nel collegio Modena-Sassuolo, poi subito coordinatrice del Pdl provinciale a Modena, consigliere comunale sempre a Modena e regionale contemporaneamente per dieci anni dal ’94 al 2004, coordinatrice regionale del partito e infine il coronamento di una carriera con il seggio in parlamento che si triplica con le elezioni del 2001, del 2006 e del 2008.
Pronta a sminuire ogni intemperanza verbale del re nudo, sotto e fuori dalle lenzuola di Arcore e allo stesso tempo integerrimo difensore delle radici cristiane della civiltà occidentale (si veda lo statuto dell’associazione Valori e Libertà di cui è presidente) Bertolini pochi giorni fa, proprio sul più bello, sembrava che avesse perfino tradito il premier, probabilmente per eccesso di bontà, firmando la lettera del “cambio di passo”: “Non possiamo andare avanti con Scilipoti o senza Scilipoti il paese ha bisogno di stabilità e riforme”.
Un appello perché Berlusconi allargasse la maggioranza all’Udc con risultati alquanto irrisori, ma che le hanno permesso nella giornata più calda, un martedì 8 novembre da estate di San Martino, di essere ricevuta nelle residenza privata del premier ed averci passato un paio d’ore.
All’entrata: “Non ho niente da trattare. A Berlusconi non intendo chiedere di fare un passo indietro, ma di farne uno in avanti e di assumere un’iniziativa politica”. All’uscita: “Il presidente sta prendendo in considerazione tutte le ipotesi, è stato lui a prospettare tutte le opzioni che sta valutando: restare, passo indietro, passo laterale. Molto dipenderà dai numeri sul rendiconto perché se andremo sotto c’è anche il rischio che il Quirinale lo chiami. Comunque l’ho già detto e ripetuto io voterò a favore del rendiconto”.
Ma non era la firmataria della lettera in cui si implorava re Silvio di fare un passo indietro? Sì. Ma Isabella Bertolini non si ritiene una Gabriella Carlucci o uno Scilipoti qualsiasi. Mica è stata – lo ripete spesso – una soubrette o un’agopunturista. Sangue blu nelle vene, quello della Gioventù Liberale Italiana che ricollega a piacere John Stuart Mill e Adam Smith, Benedetto Croce e Luigi Einaudi, Renato Altissimo e Carlo Scognamiglio.
Così la sua agenda politica in questi vent’anni si è attestata attorno all’appoggio incondizionato della legge Bossi-Fini sull’immigrazione, ampie polemiche sul diritto alla vita vs. eutanasia, esaltazione delle radici cristiane dell’Italia repubblicana, crociate contro le droghe leggere, uso ed abuso dellicona dello zio Sam per far sostenere ad elettori e simpatizzanti le proprie “battaglie etiche”.
Anche se il suo racconto dell’incontro con Silvio Berlusconi ha ben poco dell’aristocratica stirpe da cui proviene, ma molto di una sagra paesana modello festa dell’Unità: “Berlusconi lo conobbi tra il ’96 e il ’97, quando organizzammo un mega-evento per lui al Bologna. Il grande rapporto tra noi nacque nel ’99, quando venne a Modena. Non trovavo un posto dove poterlo accogliere perché l’amministrazione rossa ci negava anche i cinema. Lo portai alla Borsa merci, dove facevano il mercato del bestiame. Prima però andammo al ristorante dove lui mangiò di tutto: lo zampone per antipasto, i tortelli, il gnocco fritto. Adesso gli verrà l’abbiocco, pensai. Invece al comizio conquistò pure i compagni”.