Secondo il think tank britannico Demos, i movimenti estremisti fanno sempre più adepti tra i giovanissimi. Comune denominatore, l'odio per lo straniero. E tra i partiti italiani spicca il Carroccio accumunato a Casa Pound
Proprio la forte identità nazionale sembra il nuovo aggregatore degli under 30 nei 27 Paesi Ue, che sempre più spesso, secondo Demos, si riconoscono in movimenti o gruppi di estrema destra. A volta si tratta di veri partiti, come la Lega Nord in Italia o il Front National in Francia, ma spesso di semplici gruppi organizzati e apartitici, che anzi non disdegnano l’anti-politica. “Mentre numerosi Paesi europei hanno gli occhi puntati sulla loro economia, un’altra crisi di fiducia si prepara. In tutta l’Europa, i giovani si sentono abbandonati dai partiti tradizionali e dai loro rappresentanti e manifestano simpatia per i gruppi populisti”, avverte Jamie Bartlett, uno degli autori dei report.
Giovane è tra l’altro l’approccio allo studio stesso, realizzato in gran parte grazie a domande e risposte fatte su Facebook a circa 11mila simpatizzanti di 14 gruppi di estrema destra in undici Paesi europei, per l’Italia Casa Pound e appunto la Lega Nord. Tra i nemici comuni troviamo l’islamismo, visto da sempre più ragazzi come una minaccia che “si insinua a casa nostra”. E poi ancora la globalizzazione che “distrugge i diritti dei lavoratori”.
Ma qual è il profilo del giovane di estrema destra. Innanzitutto giovanissimo, spesso minorenne. Tre volte su quattro maschio, anche se la percentuale rosa non si può sottovalutare. Nella maggior parte dei casi lavoratore (54% dei casi), poi studente (30%), infine disoccupato (14%). Alla domanda “perché fai parte di un gruppo di estrema destra”, le risposte vanno dai valori di gruppo condivisi, all’identità, alla paura dell’immigrato.
Di sicuro la politica non è vista come la soluzione al problema. “I giovani hanno perso la fiducia nel loro governo, nelle istituzioni europee e nella giustizia. Ai loro occhi, i principali partiti politici hanno perso il contatto con la realtà, sono insipidi e lontani, incapaci di rispondere alle difficoltà che incontrano quotidianamente nella vita di tutti i giorni”, riassume Bartlett che scrive quanto sia “necessario prendere sul serio le loro inquietudini”. Infine “i responsabili politici europei devono scuotersi, ascoltare e rispondere”.
Vediamo i principali movimenti o partiti di estrema destra attivi in Europa.
Lega Nord (Italia) Rapido excursus del movimento federalista e secessionista dagli anni Novanta all’ultimo governo Berlusconi.
Bloc identitaire (Francia). Fondato nel 2003, è un movimento di strada che vuole creare un network di movimenti regionalisti ispirandosi apertamente alla Lega Nord italiana. Si oppone al consumismo, alla globalizzazione e all’immigrazione. Diventato famoso per la “zuppa di maiale”, piatto provocatoriamente anti musulmano.
British National Party (Gran Bretagna). Fondato nel 1982 da John Tyndall, ex leader del neo-Nazi National Socialist Movement, dal 2010 ammette solo membri bianchi. L’attuale leader ha più volte dichiarato che “L’Islam e la nostra società non si integreranno mai”.
CasaPound (Italia). Nasce nel 2003 a Roma durante un’occupazione di studenti di estrema destra: rifiuta il libero mercato e ha tra le sue principali battaglie il diritto alla casa, motivo per cui ha organizzato l’irruzione sul set de Il Grande Fratello nel 2009.
Dansk Folkeparti (Danimarca). Si tratta del terzo partito danese fondato nel 1995 da Pia Kjærsgaard. Ha partecipato alla stesura di molte leggi sull’immigrazione, tra cui quella che rende difficile il permesso di soggiorno per il coniuge extraeuropeo di un non danese.
English Defence League (Gran Bretagna). Fortemente anti islamico, vive con la paura della Sharia, tant’è che i suoi membri si credono parte di una organizzazione per i diritti umani.
Front National (Francia) fondato nel 1972 da Jean-Marie Le Pen e oggi diretto dalla figlia d’arte Marine. Velatamente antisemita, raccoglieva alla sua nascita il supporto dei simpatizzanti della repubblica fascista di Vichy, è arrivato al ballottaggio per le elezioni presidenziali nel 2002 perdendo poi contro Chirac, appoggiato perfino dai socialisti. Il passaggio di testimone da padre a figlia ha spostato l’obiettivo della discriminazione dagli ebrei ai musulmani.
Partij voor de Vrijheid (Olanda). Fondato nel 2004 dal carismatico Geert Wilders, vede nell’immigrazione la causa principale dei problemi di welfare, alloggi, trasporti e infrastrutture pubbliche. Cerca da anni di proibire la costruzione di moschee nel Paese e di imporre una tassa alle donne che indossano il velo.
Die Freiheit (Germania). Fondato nel 2010 dall’ex cristiano democratico René Stadtkewitz, si ispira apertamente al PVV di Wilders. In visita in Israele a fine 2010, ha firmato la “Jerusalem Declaration” per proteggere i valori occidentali giudeo cristiani dal fondamentalismo islamico.
Freiheitliche Partei Österreichs (Austria). Fondato addirittura nel 1956, raggiunse il 26.9% dei voti nel 1999 andando al governo con i popolari. Forzatamente anti europeo, fece mettere l’Austria sotto sanzioni Ue per la sua politica razzista.
Fremskrittspartiet (Norvegia). Nato nel 1973, è finito sulle pagine dei giornali per aver ospitato nelle sue file il giovanissimo Anders Breivik, il pazzo omicida che lo scorso luglio a ucciso decine di giovani socialisti a colpi d’arma da fuoco. I membri del partito hanno preso le distanze da questo folle gesto, ma non hanno abbandonato le loro posizioni anti islamiche e xenofobe.
Perussuomalaiset (Finland). Detti “True Finns”, salgono alla ribalta politica finlandese grazie agli scandali che coinvolgono membri degli altri partiti del Paese. Xenofobi ed euroscettici, hanno opposto duramente l’aiuto economico agli Stati del sud Europa, in primis Grecia.
Sverigedemokraterna (Svezia). Accusato inizialmente di avere legali “nazisti”, hanno abbracciato negli anni Novanta lo slogan “Mantieni la Svezia svedese”.
Vlaams Belang (Belgio). Leader è Bruno Valkeniers, il partito lotta per l’indipendenza delle Fiandre tramite secessione del Paese. Nasce dalla dissoluzione forzata del Vlaams Bloc, formazione di stampo fascista dissolta dopo l’accusa di istigazione al razzismo.