È ora della responsabilità, per tutti e per fortuna il Colle sembra saldo e forte. Ora dobbiamo salire il primo gradino per uscire dalla melma in cui ci ha cacciato un governo che si è dimostrato irresponsabile coi i suoi bugna bugna infiniti. Purtroppo il primo gradino, come tutti i gradini che si debbono salire quando si è piccoli, è alto, arduo. È quello della velocità.
Si bandiscano le liturgie, gli inciuci, i doppi giochi a cui la nostra politica ci ha troppe volte abituato. La risposta arrivi celere. O un governo con il carisma della stabilità o le urne più veloci della storia.
Spero in un governo tecnico. Puramente tecnico. Senza la politica balbettante degli ultimi anni, impegnata a difendere caste e castine e non un Paese che ha bisogno di certezze e velocità. Per un governo di tal fatta la politica inconcludente e miope deve farsi da parte, deve tacere, e deve lasciar lavorare chi sa fare il suo mestiere.
Purtroppo il nostro parlamento di nominati non dà troppe garanzie in questo senso. Perché è pieno di “figli” di Berlusconi e del berlusconismo. Perché tra i potenziali alleati di una nuova maggioranza che sostenga un governo tecnico c’è chi ha giocato assieme a Berlusconi per anni e che negli ultimi mesi e ore si è impegnato in una cura di riverginazione che ha dell’immorale.
Liberarsi del capro, in questo caso, è la cosa più facile. Ma è il suo stile, la sua idea di politica, che permea gran parte di quel parlamento, di quei “politici”. “Politici” abbarbicati su quelle poltrone per una notte di goduria pagata da qualcun altro, stretti a un poterucolo che ti circonda di servi mercenari che si vendono al primo offerente.
E se il governo tecnico non ci sarà, allora alle urne. E qui inizio a tremare. Potrà reggere la povera Italia ai terremoti di tre mesi di campagna elettorale? Al solo pensiero mi vengono i brividi e mi vien da guardare l’orario dei voli in partenza verso altri mondi.
Allora guardo verso il colle del Quirinale. Guardo verso il Presidente della nostra Repubblica. Guardo a Giorgio Napolitano. E spero. Spero che le decisioni siano sagge e veloci. Lo ha detto oggi: “Decidere subito, nuovo governo o si va al voto”. Speriamo, davvero. Un futuro più fosco non se lo meritano gli italiani, non se lo merita l’Italia.
L’Italia fatta da quei cittadini (anche stranieri) che in questi anni, nonostante i teatrini e gli esempi negativi che venivano dall’alto, hanno continuato ad andare a lavorare tutti i giorni, chi come lavoratore dipendente, chi come imprenditore, chi come libero professionista. A quell’Italia piena di pensionati che aiutano i loro figli ad andare avanti tutti i giorni. A quell’Italia che negli ospedali soffre e guarda dalla finestra un Paese che vale molto di più di come viene descritto e governato oggi. All’Italia degli studenti, che sognano un futuro grande e diverso. All’Italia della cultura nuova e fresca che non è schiava del potente di turno. All’Italia che non si piega alle mafie, alle inondazioni e ai soprusi quotidiani.
Vogliamo un futuro migliore per quell’Italia, che uscita da questa emergenza però, dovrà riservare un elettorale “calcio nel sedere” a quegli italiucoli che, definendosi politici hanno macchiato brutalmente uno dei servizi più nobili che si possono rendere al proprio Paese.