Il presidente Berlusconi, accusato di frode fiscale, aveva sollevato il caso dopo che il tribunale gli aveva negato il rinvio di un'udienza per legittimo impedimento legato alle funzioni di governo
Il giorno dopo l’annuncio delle dimissioni di Silvio Berlusconi da presidente del consiglio dopo l’approvazione della legge di stabilità, la Corte costituzionale rende note le motivazioni per le quali ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dallo stesso Berlusconi nei confronti del Tribunale di Milano, relativo all’udienza del primo marzo 2010 per il processo per frode fiscale sui diritti tv. Una decisione prelimininare, che prelude al pronunciamento nel merito della Consulta.
Il conflitto era stato sollevato dopo che il Tribunale aveva respinto la richiesta di rinvio dell’udienza per “legittimo impedimento” dovuto a impegni governativi. Secondo la Corte costituzionale, ”sussistono i requisiti soggettivi e oggettivi” per procedere all’esame del caso. Infatti, si legge nelle motivazioni, “il Presidente del Consiglio dei ministri è legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene”. Mentre al Tribunale di Milano “va riconosciuta la legittimazione a resistere nel presente conflitto, in conformità al principio secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono competenti, nei procedimenti di cui sono investiti, a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e, pertanto, sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione”.