Vi ricordate le obbligazioni argentine? E quelle della Parmalat? All’epoca alcune banche italiane vendettero queste obbligazioni ai loro clienti, presentandole come investimenti a basso rischio (o addirittura senza rischio). Ed erano in chiaro conflitto d’interessi perché detenevano queste obbligazioni e desideravano sbarazzarsene, rendendosi conto che le cose potevano prendere una brutta piega. Sappiamo poi come sono finite le cose.
A partire dall’anno scorso, varie istituzioni finanziarie si sono trovate in un conflitto d’interessi simile. Grosse detentrici di titoli di stato italiani, hanno continuato a esprimere valutazioni positive su di essi ai loro clienti, motivandole con argomentazioni del tipo: l’Italia è immune dai problemi che affliggono gli stati della periferia europea; prendere in considerazione un default dell’Italia è equivalente a mettere in conto la distruzione del sistema finanziario globale; quello che conta è l’indebitamento totale del sistema Italia e non il debito pubblico; in fondo l’Italia è un paese ricco… Insomma, dimostrando incompetenza o mala fede.
Lo scorso 12 ottobre ho ascoltato Erik Nielsen, global Chief Economist di UniCredit SpA, decantare la bontà dei bonds italiani e la sua forte preferenza per questi rispetto a quelli inglesi. Questo giusto prima che i titoli italiani si prendessero l’ennesima mazzata sui mercati. Naturalmente il conflitto d’interessi sta nel fatto che le banche italiane hanno interesse a sostenere i prezzi di questi titoli, o eventualmente alleggerire le loro posizioni vendendoli ai clienti. Intanto i risparmiatori che possiedono titoli italiani hanno sofferto pesanti perdite.
Ora è di gran moda per le banche italiane, non solo le grandi ma anche le piccole, emettere prestiti obbligazionari e venderli alla loro clientela. Si offrono tassi d’interesse che possono sembrare interessanti. Ma non è che le banche sono diventate improvvisamente generose; c’è piuttosto un pesante problema di mancanza di liquidità nel sistema bancario italiano, e anche in quello europeo. Le banche hanno paura a fare prestiti ad altre banche, in una forma di credit crunch che ricorda il 2008, seppur non ancora in maniera così virulenta. L’aumentato volume di emissioni obbligazionarie degli istituti di credito, a tassi d’interesse più alti di prima, é quindi espressione di un disagio, e ci sono dei rischi che le accompagnano. L’ipotesi che una banca italiana vada incontro a difficoltà talmente serie, tali da comportare perdite per i detentori delle loro obbligazioni, sembra ora lontana. Anche l’ipotesi di un forte aumento degli spread sui titoli italiani era presentata come lontana o impossibile.
Ci sono poi le formule d’investimento di tipo assicurativo o “a cedola”, largamente pubblicizzate, che rispetto a un portafoglio d’investimento “normale” hanno solo lo svantaggio di un carico di costi elevatissimo che l’investitore va a pagare e che diminuisce il rendimento effettivo.
Anche non cadendo in queste trappole, è molto difficile per un risparmiatore capire chi può fornire indicazioni valide per la gestione del proprio patrimonio. Sono pochi coloro che sanno farlo con vera cognizione di causa. E inoltre la situazione economica e dei mercati nei prossimi anni non sarà tale da rendere efficaci le soluzioni standard che sono applicate tradizionalmente, come un portafoglio ben diversificato e detenuto a lungo termine, ripartito fra azioni e obbligazioni. Le soluzioni devono essere più dinamiche e intelligenti.
Perché? Il mondo attraverserà una fase di grossi cambiamenti e rischi importanti: l’accumulazione nei paesi sviluppati di un debito pubblico e privato troppo alto che ora deve essere diminuito; il surplus di lavoratori a basso costo e di capitale nei paesi emergenti; i problemi relativi alla gestione dell’area Euro, che si protrarranno con tutta probabilità negli anni a venire con grosse tensioni politiche ed economiche; la scarsità delle risorse e i problemi ambientali legati al veloce sviluppo di parti del mondo dove risiedono miliardi di persone. Sono solo alcuni dei temi che richiedono analisi e soluzioni diverse.
Andrea Arata
Analista finanziario
Economia & Lobby - 10 Novembre 2011
Il calvario del risparmiatore italiano
Vi ricordate le obbligazioni argentine? E quelle della Parmalat? All’epoca alcune banche italiane vendettero queste obbligazioni ai loro clienti, presentandole come investimenti a basso rischio (o addirittura senza rischio). Ed erano in chiaro conflitto d’interessi perché detenevano queste obbligazioni e desideravano sbarazzarsene, rendendosi conto che le cose potevano prendere una brutta piega. Sappiamo poi come sono finite le cose.
A partire dall’anno scorso, varie istituzioni finanziarie si sono trovate in un conflitto d’interessi simile. Grosse detentrici di titoli di stato italiani, hanno continuato a esprimere valutazioni positive su di essi ai loro clienti, motivandole con argomentazioni del tipo: l’Italia è immune dai problemi che affliggono gli stati della periferia europea; prendere in considerazione un default dell’Italia è equivalente a mettere in conto la distruzione del sistema finanziario globale; quello che conta è l’indebitamento totale del sistema Italia e non il debito pubblico; in fondo l’Italia è un paese ricco… Insomma, dimostrando incompetenza o mala fede.
Lo scorso 12 ottobre ho ascoltato Erik Nielsen, global Chief Economist di UniCredit SpA, decantare la bontà dei bonds italiani e la sua forte preferenza per questi rispetto a quelli inglesi. Questo giusto prima che i titoli italiani si prendessero l’ennesima mazzata sui mercati. Naturalmente il conflitto d’interessi sta nel fatto che le banche italiane hanno interesse a sostenere i prezzi di questi titoli, o eventualmente alleggerire le loro posizioni vendendoli ai clienti. Intanto i risparmiatori che possiedono titoli italiani hanno sofferto pesanti perdite.
Ora è di gran moda per le banche italiane, non solo le grandi ma anche le piccole, emettere prestiti obbligazionari e venderli alla loro clientela. Si offrono tassi d’interesse che possono sembrare interessanti. Ma non è che le banche sono diventate improvvisamente generose; c’è piuttosto un pesante problema di mancanza di liquidità nel sistema bancario italiano, e anche in quello europeo. Le banche hanno paura a fare prestiti ad altre banche, in una forma di credit crunch che ricorda il 2008, seppur non ancora in maniera così virulenta. L’aumentato volume di emissioni obbligazionarie degli istituti di credito, a tassi d’interesse più alti di prima, é quindi espressione di un disagio, e ci sono dei rischi che le accompagnano. L’ipotesi che una banca italiana vada incontro a difficoltà talmente serie, tali da comportare perdite per i detentori delle loro obbligazioni, sembra ora lontana. Anche l’ipotesi di un forte aumento degli spread sui titoli italiani era presentata come lontana o impossibile.
Ci sono poi le formule d’investimento di tipo assicurativo o “a cedola”, largamente pubblicizzate, che rispetto a un portafoglio d’investimento “normale” hanno solo lo svantaggio di un carico di costi elevatissimo che l’investitore va a pagare e che diminuisce il rendimento effettivo.
Anche non cadendo in queste trappole, è molto difficile per un risparmiatore capire chi può fornire indicazioni valide per la gestione del proprio patrimonio. Sono pochi coloro che sanno farlo con vera cognizione di causa. E inoltre la situazione economica e dei mercati nei prossimi anni non sarà tale da rendere efficaci le soluzioni standard che sono applicate tradizionalmente, come un portafoglio ben diversificato e detenuto a lungo termine, ripartito fra azioni e obbligazioni. Le soluzioni devono essere più dinamiche e intelligenti.
Perché? Il mondo attraverserà una fase di grossi cambiamenti e rischi importanti: l’accumulazione nei paesi sviluppati di un debito pubblico e privato troppo alto che ora deve essere diminuito; il surplus di lavoratori a basso costo e di capitale nei paesi emergenti; i problemi relativi alla gestione dell’area Euro, che si protrarranno con tutta probabilità negli anni a venire con grosse tensioni politiche ed economiche; la scarsità delle risorse e i problemi ambientali legati al veloce sviluppo di parti del mondo dove risiedono miliardi di persone. Sono solo alcuni dei temi che richiedono analisi e soluzioni diverse.
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Manifestazione per l’Europa, “Siamo 50mila”. In piazza bandiere Ue, arcobaleno e “Bella ciao”. Dalla difesa comune al riarmo: le parole
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.