L’idea di un esecutivo guidato da Alfano è circolata nella giornata odierna nonostante tanto il diretto interessato quanto il premier uscente abbiano, al contrario, parlato apertamente di elezioni. L’ipotesi, probabilmente, nasce in seno al Pdl di fronte alla mai sopita speranza di ricompattare il vecchio centro destra attraverso il coinvolgimento del terzo polo. Casini, si dice, apprezzerebbe la figura dell’ex ministro della giustizia e qualche consenso non mancherebbe nemmeno all’interno di Futuro e Libertà. Ma negli ambienti finanziari sembrano pensarla diversamente. “Un eventuale governo Alfano – che a quanto si capisce andrebbe in tandem con le elezioni anticipate – non conterrebbe alcun elemento di rottura con il governo Berlusconi. E i mercati in questo momento si augurano che ci sia una chiara discontinuità rispetto a quest’ultimo” afferma Lavinia Santovetti, analista di Nomura Holdings e responsabile, insieme a Alastair Newton, della stesura dell’ultimo rapporto della banca d’affari sui possibili scenari italiani per il prossimo futuro. Un futuro che, si augurano gli osservatori, non dovrà implicare un ricorso alle urne.
“Passare direttamente dalle dimissioni di Berlusconi alle elezioni anticipate sarebbe lo scenario peggiore – commenta ancora la Santovetti – . L’attenzione della politica si concentrerebbe tutta sulla campagna elettorale e la soluzione della crisi sarebbe spostata in avanti. Ma oggi l’Italia non ha più tempo di perdere tempo”. Nel corso del 2012, il Tesoro dovrà collocare titoli per 440 miliardi. Nel primo trimestre ci saranno bond in scadenza per 91 miliardi. Di fronte a una rinnovata sfiducia dei mercati, il loro rifinanziamento attraverso nuove emissioni potrebbe costare molto caro, e la campagna elettorale, con l’assenza quindi di una guida economico-politica, lascerebbe campo libero agli speculatori.
Gli analisti di Nomura, insomma, non sembrano avere dubbi. “Un governo tecnico, probabilmente guidato da Mario Monti, costituirebbe dal nostro punto di vista l’unico esito credibile” si legge nel rapporto. Le osservazioni non sorprendono affatto. Da tempo la cosiddetta business community sembra aver fatto la sua scelta. Il Financial Times si è schierato ormai da mesi a sostegno dell’ipotesi Monti, Goldman Sachs, dal canto suo, si è espressa in modo altrettanto chiaro sostenendo che un esecutivo “guidato da un’autorevole personalità esterna farebbe rapidamente scendere a 350 punti lo spread tra Btp decennali e bund”. L’incarico ufficiale, insomma, non c’è ancora. Ma non ci sono più dubbi ormai sull’esito della scelta europea. Una decisione “imposta” a tutti gli effetti, certo. Ma in fondo, cerchiamo di non dimenticarlo, siamo pur sempre un Paese commissariato. E chi è sotto tutela, si sa, non può certo aspettarsi di conservare la piena autonomia delle decisioni.
(Ha collaborato Mauro Meggiolaro)