Mentre la gente al bar o negli uffici discute di spread con la stessa naturalezza cono cui di solito parla di calcio, mentre i giornali indicano in un tizio quasi ottuagenario, ricco, infido e dimissionario (?) come il male del mondo, mentre questo paese continua ad essere attraversato da vermi striscianti che passano per gente onesta, c’è un’Italia nuova che appena nata non ha già più chance.
E’ un’Italia silenziosa, che non fa notizia, e quando la fa di solito non interessa a nessuno.
E’ l’Italia della gente normale. Una normalità che negli ultimi tempi ha ingaggiato una pesante galoppata al ribasso. Dopo l’Italia del precariato quarantenne, ha ormai trovato piena maturità l’Italia del sottoprecariato, categoria infima che si candida ad essere maggioranza silenziosa di un paese in rovina, con o senza B.
I sotto precari hanno un’età che va dai 20 ai 35 anni, una o più lauree, e aspettative di vita che hanno avuto una pesante regressione negli anni: dai sacrifici enormi per raggiungere l’obbiettivo iniziale, alle alternative precarie utili solo per poter sostenere i pesanti sacrifici, fino al feroce risveglio in cui tutto assume la consistenza dell’aria. Sono i figli sfortunati di questo Paese, quelli a cui è stato detto di stringere i denti, di rimanere qui per studiare e faticare, di arrangiarsi come potevano finchè i tempi non erano migliori, senza sapere che i tempi al massimo sarebbero soltanto peggiorati. E nel frattempo anche le piccole alternative precarie si sono volatilizzate.
E’ la generazione di chi ha scelto di non andare via, di chi ha scelto di rimanere per cambiare, e in cambio ha ricevuto soltanto una solida esperienza nelle dinamiche di raccomandazione criminale altrui. E’ una generazione maledetta che vorrebbe soltanto andare a trovare la propria insegnante delle elementari, quella che è stata la prima maestra di vita, per dirle che certe lezioni sulla meritocrazia e sull’applicazione si sono poi rivelate fasulle. Ci dicevano che bisognava sacrificarsi se si voleva raggiungere un obbiettivo. Ma alla resa dei conti l’obbiettivo è svanito e raggiungerlo diventa insieme insopportabile e impossibile come quando si rincorre l’orizzonte.
Semplicemente questo Paese, ormai corroso di corruzione fin dalle radici, non è più in grado di valutare i suoi figli per quello che valgono e offrire loro un futuro che prescinda da stage gratuiti o call center. Poco importa se a 20 anni bisognerebbe ridere di questa vita piuttosto che preoccuparsi di come continuarla. Per la generazione dei sotto precari l’orizzonte rimarrà sempre irraggiungibile anche quando riusciranno a emigrare, perché con B. e senza di lui ci sarà sempre un ministro come Ferruccio Fazio a dire che “la fuga di cervelli non esiste ed è soltanto la normale mobilità della ricerca”.