Dopo aver occupato la Stazione Centrale di Bologna e aver recitato una preghiera ironica a Santa Insolvenza, sorella acquisita di San Precario, stamane l’Assemblea degli Insolventi ha colpito le aule dell’Alma Mater, interrompendo gli incontri del Recruiting Day per protestare contro i tirocini e gli stage, che “mortificano le competenze dei giovani sfruttandoli come manodopera gratuita o miseramente retribuita”.
Alle 10, da Piazza Verdi, è iniziata una piccola processione lungo via Zamboni, affollata di studenti e curiosi che hanno sorriso al passaggio del feticcio, simbolo di una generazione “che vive nell’incertezza e deve riprendersi il proprio futuro”.
La prima meta del pellegrinaggio è stata la Facoltà di Economia, dove studenti e professori curiosi hanno assistito all’ingresso della piccola folla armata di megafono, che si è riversata nelle aule gremite interrompendo gli incontri e inneggiando allo sciopero precario.
Contro Hera, che in quel momento stava arruolando futuri economisti seduti tra i banchi pieni di speranze, contro le banche “che attraverso il sistema del debito sottraggono la ricchezza sociale quotidianamente prodotta da tutti noi”, contro l’Università stessa “ che oggi” gridano i ragazzi “è la prima fabbrica della precarietà”.
Così gli insolventi hanno recitato slogan per comunicare “un invito alla lotta” direttamente ai loro coetanei, per recuperare i propri diritti, per contrastare un sistema, quello del tirocinio universitario, “che è ormai diventato una forma di sfruttamento e di incentivo alla precarietà”.
“Le aziende si approfittano degli stagisti inserendoli ciclicamente nel loro organico senza assumere così dipendenti regolarmente pagati, eliminando impunemente posti di lavoro. Ma chi viene scelto è in realtà impiegato senza alcuna retribuzione, per svolgere spesso mansioni che non richiederebbero alcuna formazione” denunciano gli indignati, riferendosi ai tirocini promossi all’interno di realtà come Leroy Merlin o l’Ikea. Dove il lavoro non implica alcuna particolare competenza “e si riassume in manodopera gratuita”.
E gli studenti seduti applaudono, mentre tra i banchi gli insolventi distribuiscono un questionario ironico che strappa sorrisi amari e risatine di scherno. Molti di loro sono consapevoli che non verranno assunti, qualora fossero ammessi allo stage, sanno che i contributi sono un’utopia e che lo stipendio generalmente non esiste.
“Questo è il questionario ironico, ma dopo l’11 novembre intendiamo svolgere un’inchiesta vera e propria per approfondire la situazione di studenti e precari ed indagare quali realmente siano le condizioni imposte dagli stage che vengono svenduti come opportunità” spiega Marianna di Bartleby.
“Dobbiamo restare uniti” grida un indignato al megafono “per riconquistare il diritto a un lavoro dignitoso in un mercato sempre più simile a una giungla, dove un’intera generazione si vede negata qualsiasi possibilità di rendersi autonoma dalle famiglie, di progettare il futuro, e molto spesso anche di vivere decorosamente il presente.”.
“Questo è un sistema che genera dispersione e individualizzazione, è difficile, per chi lo vive, riconoscersi in un gruppo e alzarsi in piedi per rivendicare i propri diritti. Quando inizi un tirocinio ci sei tu solo, per sei mesi, sotto il ricatto di una prospettiva futura millantata ma spesso inesistente” denuncia un insolvente, scuotendo il capo.
Fanno girare la voce, informano sperando di coinvolgere quanti più ragazzi nell’evento di domani, l’Occupy Everything, che partirà alla mattina, con il corteo degli studenti medi, per poi proseguire nel pomeriggio, con la processione di Santa Insolvenza. Che da Piazza di Porta Ravegnana sfilerà in centro, verso l’occupazione di un Community Center che a questo punto potrebbe essere l’ex mercato di mezzo, tra via Drapperie e via Clavature, appena occupato da un gruppo di studenti.
di Annalisa Dall’Oca