Meridiani, avanti c’è posto!
di Antonio Armano
Fabio Volo, “Romanzi e racconti”, Saviano, “Le mille liste”, Littizzetto, “Tutte le opere”, Cazzullo, “Tutti gli articoli”, Bongiorno,Afor ismi, Il Gabibbo, C a n zo n i … Più che un attacco alla Mondadori, l’elenco dei Meridiani 2012, nella versione del collettivo milanese Il Deboscio, sembra rientrare in una satira più generale. Tant ’è vero che esiste pure la parodia del catalogo Adelphi dove spiccano titoli come “Maracaibo” di Gerry Calà e “Lo fistavo col Daytona” di Fabrizio Corona. Difficile però non vedere un’allusione sarcastica alla tendenza di pubblicare, nella prestigiosa collana di Segrate, nomi non proprio accostabili a Kafka o Dante. Come Tiziano Terzani, Eugenio Scalfari. E prima ancora Andrea Camilleri o Alberto Bevilacqua.
Trovare autori di valore assoluto risulta sempre più arduo e negli ultimi quindici anni si sono pubblicati più Meridiani che in tutta la storia della collana fondata nel ‘69 da Vittorio Sereni, ma questo non spiega tutto. Per Giulio Ferroni nella cultura contemporanea è in atto un ribaltamento nei canoni di valutazione: «Prevale il punto di vista del mercato. Chi vende – dice il critico – è considerato un grande scrittore. Persino Faletti, la Mazzantini. Su “Repubblica ”, Gian Arturo Ferrari, responsabile del Centro per il libro, ha celebrato il decennale dell’uscita di Io non ho paura di Niccolò Ammaniti, definendolo un classico. È incredibile!». Quanto ai Meridiani dedicati ai giornalisti… «Si tratta – dice Ferroni – d’un appiattimento sul presente. Scalfari è un grande giornalista ma quale Scalfari verà meridianizzato? Gli articoli o le opere memorialistica possono andare, ma il resto…. Non mi faccia dire cose crudeli. Tra un po’ avremo un Meridiano Veltroni!
Allora meglio puntare sul passato. Il Meridiano sui poeti della scuola siciliana è un lavoro eccezionale anche dal punto di vista filologico». E Terzani? «Ha scritto cose interessanti ma quanti sono i grandi giornalisti del 900?». Renata Colorni dirige i Meridiani dal ’96, ha tradotto diversi libri dal tedesco, compreso il romanzo di Thomas Mann in una fortunata edizione con nuovo titolo (La montagna magica), e rivendica una linea editoriale d’alto livello annunciando le prossime uscite: Heinrich von Kleist a settembre, Claudio Magris e Maria Luisa Spaziani nel 2012; e più avanti Anna Banti, Amelia Rosselli… A difesa della qualità delle scelte, ricorda i due volumi recenti di Alberto Arbasino: «Dove si trova tra l’altro la prima versione di “Fratelli d’Italia” che resta la migliore, secondo me, ed era introvabile. L’abbiamo chiesta noi ad Arbasino». Rivendica poi la scelta di inserire alcuni giornalisti nel catalogo, perché i giornalisti oggi dominano le classifiche e per raccontare la storia. Terzani – dice la Colorni – di cui esce il secondo volume a settembre, va inquadrato in una serie sui grandi autori di reportage, come Fosco Maraini e Ryszard Kapuscinski; Scalfari in un filone saggistico: «Dove ci sono i Meridiani di Longhi, Debenedetti, Praz, Macchia, Citati». Saggistica d’arte, quella però… «Non lo vedo come un grandissimo scandalo il Meridiano Scalfari, è stato un giornalista importantissimo». Ma perché non Indro Montanelli, nel decennale della morte? «È un autore monopolizzato da Rizzoli». Sempre nella saggistica, per Natale è in uscita un volume sul cardinale Martini, diviso per le tre città del suo apostolato: Roma, Milano, Gerusalemme. Quello di Scalfari uscirà nel Natale 2012. Il filone, ironizzerebbe Il Deboscio, è quello dei sermoni domenicali?
Ferroni dice che «un classico deve comportare un approccio problematico per il lettore, non può essere di facile consumo» e tra i contemporanei cita Antonio Tabucchi e Andrea Zanzotto (già meridianizzato). Tabucchi piacerebbe anche alla Colorni: «Ma non dipende tutto da noi. Vorrei pubblicare Fenoglio, Levi, Gadda, Moravia, la Ortese, Canetti… ma le raccolte delle loro opere sono edite da altri». Niente però è definitivo: «Brancati era nei classici Bompiani. Quando sono scaduti i diritti s’è fatta avanti la vedova, Anna Proclemer, e ha espresso il desiderio di passare ai Meridiani. Che tra l’altro ha curato Ferroni». La Colorni tiene a sottolineare come i Meridiani aggiungano all’opera un lavoro critico e filologico innovativo a partire dalle “cronologie” che sono vere e proprie biografie: «Penso alla cronologia di Soldati o all’introduzione di Santagata alle Opere minori di Dante, un libro a sé in una raccolta che resterà imprescindibile per studiosi e lettori. E questo vale ancora di più per autori meno forti: la biografia dei Meridiani è la prima in assoluto su Terzani. E quella di Camilleri l’ha scritta Antonio Franchini. Abbiamo trattato Camilleri come un vero scrittore e non come un autore di intrattenimento». Ma non c’è il rischio che il lettore sia appunto fuorviato dalla collocazione in una collana di classici?
Se il problema di trovare grandi nomi si pone più per l’Italia che per gli autori stranieri (fosse solo per ragioni di numero), la Colorni annuncia i Meridiani Philip Roth e Bernard Malamud che con Saul Bellow completano una trilogia sugli scrittori ebrei americani, poi il Nobel Vargas Llosa. E rassicura Ferroni: «Non ci sarà un Meridiano Veltroni». Però gira il nome di Corrado Calabrò, garante delle telecomunicazioni e poeta per Mondadori. La Colorni smentisce.
Un tempo bisognava essere molto morti per essere meridianizzabili (a parte il caso Ungaretti, primo volume della collana), oggi? «Un autore vivente non è pubblicabile prima dei 70-75 anni. Deve aver detto quello che aveva da dire». Volo e compagni devono solo attendere? Certo qualunque siano le scelte, una volta effettuate restano: un titolo dei Meridiani non esce mai di catalogo e non si esaurisce mai. Da questo punto di vista sono messi peggio della pur rigorosa Pléiade Gallimard, dove hanno pubblicato Marx o Gorkij che da noi sono da trovarobato del festival dell’Unità. Per non parlare della decisione di pubblicare Milan Kundera (vivente); almeno, per restare a Praga e dintorni, Mondadori ha pubblicato il defunto (e migliore) Bohumil Hrabal. L’insostenibile leggerezza dei classici?