Per fortuna che certe foto, certe immagini, continuano ad avere un significato. E con quello esercitano la loro influenza anche su persone che non ti aspetti. Per fortuna. Il 31 ottobre del 2009, i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Milano riferiscono di un summit di ‘ndrangheta. Non a San Luca o sull’Aspromonte, ma nell’hinterland milanese. A Paderno Dugnano, al circolo anziani intitolato ai giudici “Falcone e Borsellino”, la criminalità organizzata che fa affari all’ombra della Madonnina aveva riunito i propri vertici per scegliere tutti insieme un nuovo capo.
La foto dei due magistrati siciliani – quella famosa in cui sono leggermente piegati l’uno verso l’altro e Giovanni Falcone sussurra qualcosa all’orecchio di Paolo Borsellino – campeggia nella sala scelta per la riunione, mascherata da bonaria “mangiata” tra vecchi amici. A organizzare il tutto e a dare le ultime indicazioni perché ogni cosa sia al posto giusto, è Vincenzo Mandalari, dai giudici considerato il capo società di Bollate. Su di lui pesa una richiesta per una condanna a 18 anni di carcere, formulata dal Pm Alessandra Dolci al processo “infinito”, nel suo troncone celebrato con rito abbreviato.
Si attende ora la sentenza. Ma due anni prima Mandalari sembrava lontanissimo da tutto questo, mentre al circolo di Paderno impartiva gli ordini come un consumato direttore di sala. Evidentemente ci teneva a far bella figura coi suoi commensali. Tutta la scena è stata proiettata all’ultima udienza del processo che si sta celebrando in rito ordinario presso l’aula Bunker di piazza Filangeri a Milano, e che vede alla sbarra 40 accoliti dei clan calabresi.
Mandalari non sembra nervoso, ma non si lascia sfuggire nessun dettaglio. A un certo punto nota che il vertice del ferro di cavallo in cui sono stati disposti i tavoli si trova esattamente sotto la famosa foto dei giudici Falcone e Borsellino. Sotto di loro rischiano di sedersi coloro i quali dagli inquirenti saranno poi indicati come i massimi esponenti della ‘ndrangheta in Lombardia: Mandalari stesso, l’avvocato Giuseppe “Pino” Neri da Pavia e Pasquale Zappia, colui che dovrebbe essere scelto come “Mastro generale” e successore di Carmelo Novella, ucciso un anno prima a San Vittore Olona, in provincia di Milano, perché voleva rendersi indipendente dalla Calabria.
A spiegare in aula i movimenti del boss di Bollate, presenti in un video in bianco e nero dall’immagine nitida ma dall’audio confuso, è il tenente Luca Latino, comandante della prima sezione del Nucleo investigativo carabinieri di Monza. “Mandalari ha visto che la foto dei giudici Falcone e Borsellino incombeva sulla tavolata in un modo improprio” sostiene l’ufficiale dei carabinieri. In effetti poteva risultare difficoltoso parlare di ‘ndrangheta sotto due icone dell’antimafia.E così il presunto boss ordina di disporre i tavoli in un modo diverso.
Successivamente Mandalari denuncia il bisogno di maggiore privacy. Vuole schermare i vetri delle finestre che danno verso un parcheggio esterno. “Questa esigenza – spiega Latino – viene riferita ad Arturo Baldassarre, che era consigliere comunale del Pd a Paderno Dugnano e gestiva il centro” (qui la videointervista a Baldasssare il giorno dopo gli arresti). Vengono così appiccicati dei pesanti fogli di carta sui vetri, tipo poster, in modo che da fuori sia impossibile distinguere ciò che avviene all’interno.
Il centro anziani di Paderno oggi non è più gestito da Baldassarre. La nuova amministrazione, dopo averlo tenuto chiuso per un po’, lo ha affidato ad altri enti, tra cui l’Associazione carabinieri in congedo, con l’idea che possa vigilare affinché certe cose non accadano più.
Ma quella sera di due anni fa, la cena iniziò verso le 21 e 15 e terminò poco dopo le 23. Tra gli ultimi fotogrammi del video mostrato in aula, l’ingresso in scena di due personaggi presentati agli altri dal solito Mandalari: “Erano i ragazzi – riferisce il tenente – che si sono occupati del servizio di vedetta esterna”.
Ecco come potrebbe organizzarsi un summit di mafia al nord. Se in qualche modo, anche solo per la scomoda presenza delle loro effige, Falcone e Borsellino hanno disturbato quell’incontro, è una soddisfazione per la società civile. E ancora una volta bisognerebbe ringraziare i due magistrati uccisi a Palermo.