Mercoledi sera, ore 23, squilla il telefono: è mio marito, in viaggio: “Sintonizzati su Rai3 LineaNotte. Devi sentire Oscar Giannino. Eseguo. Ascolto. Otto minuti di intervento da master. Micro-lezione di macro-economia. In soli otto minuti il giornalista economico dice quello che il governo agonizzante non ha detto in anni di legislatura.  Probabilmente perché non sapeva, non capiva. Non sa nemmeno ora. Non pare in grado di capire. Comprendo, come innanzi a una rivelazione, l’immensità del baratro dove ci hanno scaraventati. “Spread, ma che è?” dicono a Roma (e se lo chiedono per la verità anche a Montecitorio, come hanno diagnosticato Le Iene). Lo spread è la differenza tra il tasso di interesse dei buoni del tesoro italiano con il tasso di interesse di quelli tedeschi (economia di riferimento). Mentre i nostri mestieranti della politica si azzuffano per chi prende il posto di chi, le banche centrali lavorano e scavano la nostra fossa.

I titoli di stato, emessi a copertura del debito pubblico (non solo i nostri, bensì quelli di tutti i paesi) sono trattati come qualunque valore mobiliare: cioè come azioni o obbligazioni o assegni. Vengono trattati in camera di compensazione in Banca d’Italia, gli uni a copertura degli altri nelle continue transazioni della giornata. Da martedì scorso, quando lo spread ha superato i 450 punti, nelle due camere di compensazione (una a Londra, l’altra a Parigi) che usa la banca centrale europea, i Btp italiani hanno cessato di essere usati come collaterali, cioè come garanzie equivalenti altri titoli consimili.

Perché? Perché con un tasso di interesse così elevato rispetto agli altri, nessuno crede più che possano essere rimborsati a quel tasso. Insomma, nessuno crede più a quello che c’è scritto sopra. Solo che la firma del titolo non è quella di Mario Rossi o Gennaro Esposito. La firma lì sotto è: “Repubblica Italiana”. Questo è il primo piatto del menù Argentina, quello dei tango-bond, ve li ricordate? Proprio quelli. In una situazione come quella di queste ore, il salto tra il 6/7% degli ultimi Btp e il 10 o anche 20% di quelli di prossima emissione (i secondi cercano di coprire il buco dei primi) è questione, per Giannino, di settimane.

Dopodiché le banche, che ne hanno in pancia miliardi, non sapranno neanche più loro quanto valgono, ovvero da che parte scriverli nel foglio di bilancio. Su Rai1, in contemporanea, Bindi, La Russa, Di Pietro e Alfano davano l’ennesima rappresentazione di quattro amici al bar. Mi sovviene alla memoria una lezione di un bravo professore di Storia: nella prima settimana di luglio dell’anno di grazia 1789, si tenne alla Corte di Francia, una solenne riunione di tutte le cariche dello stato per decidere quale dovesse essere la lunghezza ufficiale dello strascico dell’abito di corte. Il 14 la folla infuriata e disperata assaltava la Bastiglia.

Dove sei Robespierre?

di Januaria Piromallo

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