Gestacci e minacce. Minacce e gestacci. Quella che Indro Montanelli chiamava “la feccia risalita dal pozzo” ha dato il peggio di sé anche nel giorno delle dimissioni del Capo, Silvio Berlusconi.
Dopo 17 anni quel finalmente, che avremmo voluto gridare a pieni polmoni, resta quasi strozzato dalle immagini di un importante presidente di Regione come Roberto Formigoni immortalato mentre fa le corna e sfida la folla alzando il dito medio, esattamente come avevano fatto in giornata il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi e, più volte nei mesi precedenti, il cosiddetto responsabile delle Riforme, Umberto Bossi.
I sedicenti moderati, nel momento della sconfitta, perdono ogni residuo decoro istituzionale e diventano il simbolo della crisi di credibilità che, prima ancora di quella economica, sta affondando il nostro Paese. Le monetine lanciate fuori bersaglio e le contestazioni al premier uscente da parte dei cittadini, peraltro poi diventate una grande, rumorosa, inaspettata e pacifica festa di popolo, non bastano da sole per spiegare le iraconde reazioni di un pezzo importante dell’ex maggioranza.
I nervi saltano perché tutto il mondo ha ormai certificato che il sogno del miracolo italiano, più volte promesso da Berlusconi a partire dai primi anni ’90, era solo una truffa e un incubo. Un incubo così lungo e interminabile, da non essere ancora realmente finito.
“Intanto, stacchiamo la spina quando vogliamo”, ha detto il Cavaliere ai suoi dopo aver incontrato Mario Monti. E mentre metà del Pdl tentava inutilmente di convincere il Capo che nessun governo tecnico andava appoggiato, le agenzie battevano la notizia delle condizioni poste dal presidente del Consiglio uscente all’ex rettore della Bocconi. Due colpiscono in particolare. L’impegno di Monti e dei suoi futuri ministri tecnici a non presentarsi alle elezioni e la solita richiesta: non toccatemi le televisioni, non voglio nessuna legge anti-trust.
Ecco allora perché quel finalmente, che tanto ci sarebbe piaciuto urlare, va invece pronunciato con prudenza. Va sillabato sì col sorriso, ma ricordando sempre che è un semplice dato di cronaca politica.
Berlusconi, questo è certo, non tornerà mai più a Palazzo Chigi. Glielo impediscono l’età e la lunga e clamorosa catena d’insuccessi. Ma l’era della paura, non si è ancora chiusa. Il tempo delle minacce, non è ancora finito. E anzi adesso rischia di sommarsi a quello delle lacrime e del sangue che, inevitabilmente, a causa dell’ignavia di chi lo ha preceduto, il prossimo esecutivo riserverà agli italiani.
Perché a Berlusconi, l’uomo che passerà alla storia per aver portato non solo l’Italia, ma l’intera Europa, a un passo (si spera) dal baratro, è riuscito anche questo. Rendere amara persino la festa per la sua uscita di scena.