“No say the cat is in the sack when you have not the cat in the sack“. Giovanni Trapattoni, capitano di lungo corso del calcio internazionale, guida illuminante nella Juventus che raccoglieva trionfi in Italia e in Europa e nell’Inter dei record, ha presentato così la gara di andata della sua Irlanda contro l’Estonia, valida per l’accesso agli Europei del 2012. Irlanda favorita, gli fanno notare i giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione della partita, l’Estonia non può andare lontano, lo dice la logica, lo credono tutti. E lui, che crede da sempre nell’influenza della scaramanzia (dove la mettiamo la boccetta di acqua benedetta ai tempi del Mondiale 2002?) nelle cose del quotidiano, si è lasciato andare ad una traduzione improvvisata di un detto popolare che ha fatto il giro del mondo. Per la cronaca, i verdi del Trap hanno piastrellato gli avversari per 4 a 0. Certo, c’è anche il ritorno, ma si può dire senza possibilità di smentita che the cat is quas in the sack.
Il Trap giramondo non è nuovo a queste uscite strappa applausi. “Coccodè coccodè go“, disse poco prima dell’amichevole contro l’Italia nel giugno scorso. Gli avevano chiesto di commentare le difficoltà di fare calcio nel nostro paese. E lui spiegò in italiano, che la traduttrice al suo fianco stava già per mettersi le mani tra i capelli, che dalle nostre parti si vuole “l’uovo, il culo caldo e la gallina“. Poi, per dare meglio l’idea del suo discorso fece il verso del pennuto, che noi italiani quando vogliamo farci capire, sappiamo come fare. Immaginate la reazione dei presenti di lingua inglese alla traduzione del proverbio. Altro che mister tra i più titolati del calcio italiano, Trapattoni è anche uno showman, un fenomeno da palcoscenico, un attore fatto e finito. I video delle sue esibizioni sono cliccatissimi e non soltanto da calciofili della prima ora.
Tutto o quasi iniziò il 10 marzo del 1998. Allora, il Trap era il numero uno del Bayern Monaco, la squadra più titolata in Germania. Al termine di un incontro non proprio convincente dei suoi giocatori, l’ex bandiera del Milan prese la parola di fronte alla truppa di giornalisti pronti a chiedergli conto del momento no. Era in Germania e provò ad eprimersi in tedesco. Insomma, tedesco… Diciamo una lingua che in qualche passaggio poteva ricordare il tedesco. In tre minuti e trenta secondi sfornò una performance degna dei più grandi comici di ogni tempo. Roba che ancora adesso vien da ridere a ricordarla. Il bersaglio principale della sua sfuriata, che il Trap era serio, era davvero arrabbiato nero, fu il centrocampista Thomas Strunz, che il destino, quando si mette di traverso, crea episodi da prima pagina. Ecco cosa capirono i giornalisti tedeschi presenti in sala. La traduzione è corretta in eccesso, non in difetto e arriva dal sito web viaggio-in-germania.de. “Struuunz! Strunz è qui da due anni, dieci partita ha giocato, è sempre ferito. Cosa permetten Strunz?! Anni scorsi diventato campione con Hamann, eh…, Nerlinger. Questi giocatori erano giocatori ed erano diventati campioni. È sempre ferito! Ha giocuato 25 partite in questo squadra, in questa club. Respectare deve gli altri collegen!”.
“For me Champions League is… ehm… a beautiful sensation”. Se è vero che Trapattoni ha preparato la strada al grande sbarco dei tecnici italiani all’estero, non si può certo dire che gli unici guai con una lingua straniera li abbia avuti lui. Perché Carletto Ancelotti, in fuga da Milano dopo i successi alla guida della corazzata rossonera, quando decise di accettare la proposta di Abramovich per diventare il nuovo trainer del Chelsea dimostrò a tutto il mondo di aver bisogno di un aiuto non indifferente per farsi capire da tifosi e stampa. L’uscita sulla Champions è da manuale, meno brillante di quelle del Trap, che meglio di lui non si può fare, ma tutt’altro che trascurabile. Col tempo, Ancelotti imparò a cavarsela senza far troppi danni. Non fu messo alla berlina come Fabio Capello, commissario tecnico della Nazionale inglese.
Per l’ex allenatore di Juventus, Roma e Milan, scese addirittura in campo il Times, il quotidiano più letto del Paese. Che con un fondo cannoneggiante chiese ai suoi lettori se non fosse il caso di convincere Capello ad imparare la lingua più diffusa al mondo, visto che la Federcalcio inglese gli girava assegni per 6 milioni di euro all’anno. E lui, che non le ha mai mandate a dire, rispose senza troppi giri di parole: “Se dovessi discutere di economia potrei avere qualche problema, ma quando si parla di calcio 100 parole sono sufficienti. E poi io leggo i quotidiani, guardo la tv e ascolto la radio inglese tutti i giorni. E cerco sempre di migliorare”. Inutile spiegargli che Mourinho rinunciò al traduttore dopo soltanto un paio di mesi di frequentazione delle cose italiane, potrebbe prenderla male.