Finalmente l’onorevole Esposito (Pd) e con lui tanti altri saranno contenti.
Con il maxiemendamento alla cosiddetta “legge di stabilità”, già “decreto sviluppo” (e quando sento parlare di sviluppo mi viene la pelle d’oca: che cosa diavolo dovremmo ancora sviluppare noi italiani, che viviamo ampiamente al di sopra delle possibilità consentite dal pianeta? Noi che abbiamo un’impronta ecologica da far paura?), è passata in Parlamento la militarizzazione del sito della Torino-Lione.
All’art. 19 della legge l’area è definita “sito strategico nazionale”, con la conseguenza che “chiunque si introduce abusivamente nelle aree di interesse strategico nazionale ovvero impedisce o ostacola l’accesso autorizzato alle aree medesime è punito a norma dell’articolo 682 del codice penale.” Articolo questo che prevede l’arresto da tre mesi ad un anno o l’ammenda da 51 a 309 euro.
Non sarà un grande reato (è una contravvenzione, non è un delitto), ma non è poco. E’ comunque il massimo che col sistema giuridico attualmente in vigore lo Stato può fare per punire chi si oppone alla linea inutile.
Tanto inutile che, come tutti i lettori del Fatto ormai sapranno, il traffico merci fra Italia e Francia è in continua, costante diminuzione, così come il traffico passeggeri, tant’è che fra Torino e Lione i collegamenti veloci sono stati soppressi per carenza di richiesta. Ma si sa, la linea è strategica, o meglio, è “un’apertura psicologica all’Europa“, come ha magnificamente affermato di recente il governatore Cota.
E comunque, la militarizzazione ce la aspettavamo, non è stato un coup de foudre. Intanto, non è stata peraltro digerita neppure dallo stesso sindaco di Chiomonte, Renzo Pinard, Pdl e pure favorevole all’opera, il quale ha preannunciato le sue dimissioni affermando che non si può tollerare che un’opera pubblica sia realizzata con la forza (sic).
Ma (un’altra chicca) tanta è la frenesia del fare la linea, che la vecchia formulazione del decreto sviluppo prevedeva un’altra norma ad hoc, se possibile ancor più tremenda di quella del sito strategico. L’art. 36 prevedeva infatti che “le rocce da scavo provenienti dalla realizzazione di opere pubbliche che siano contaminate o inquinate non sono da considerare rifiuti, ma sottoprodotti di lavorazione.”
Il che significa che se io, scavando per un’opera pubblica (e perché non anche per un’opera privata???), estraggo rocce contenenti, ad esempio, amianto o uranio (ecco la Tav…), non sarò costretto a smaltirle come rifiuti pericolosi. Insomma, per garantire prezzi più bassi alla realizzazione di un’opera pubblica, si metteva a rischio la salute di quelli che ci lavorano e di quelli che la subiscono… Per fortuna almeno per adesso questa norma disgraziata l’hanno cancellata.
Intanto continuano a fallire le imprese che lavorano alla realizzazione dell’opera. Già dissi dell’Italcoge, adesso è fallita anche la Geomont, cioè l’impresa che fu incaricata di eseguire le trivellazioni (carotaggi) propedeutiche all’opera. Non crediamo che la Tav porti sfiga, crediamo invece molto più semplicemente che le ditte a cui la Lyon Turin Ferroviaire ha fino ad oggi affidato lavori magari non siano così affidabili. E ci domandiamo come possano essere perfettamente in regola con i pagamenti dei contributi previdenziali ed assicurativi imprese che dopo pochi mesi dall’affidamento dell’appalto falliscono miseramente…
Così come ci domandiamo come sia possibile che non venga esperita una gara internazionale per il cunicolo esplorativo di Chiomonte, ma lo si affidi direttamente ad unco consorzio di imprese guidato dalla Cmc, sempre lei, la famosa cooperativa rossa di Ravenna. Materia per avvocati…
Intanto l’intolleranza, la rabbia, la preoccupazione in valle salgono. E adesso, con un governo presumibilmente gradito e sostenuto da Confindustria, viene in mente la celeberrima scena de La venticinquesima ora in cui il poliziotto trova i panetti di hashish dentro al divano di Edward Norton e lentamente, mostrandoli, commenta: “Sono c…”.
Qui comincia a fare freddo. Ci attende un lungo inverno. L’ennesimo.