Presentata a Bruxelles un'iniziativa che parte dall'Ateneo di Bologna: oltre al cibo la campagna si occuperà anche di risorse idriche ed energia. "Obiettivi ambiziosi, ma non utopici", dicono gli organizzatori
La campagna “Lotta allo Spreco” è nata a Bologna nel 2010 sul tema dello spreco alimentare, mutuato nel 2011 sul tema idrico, e continuerà nel 2012 sul tema dell’energia. La presentazione del Rapporto “Stop water waste!”, impegnerà infatti esperti e politici europei intorno ai temi dello spreco idrico in Europa. La Risoluzione sarà poi votata a Bruxelles il 23 novembre in Commissione agricoltura, e successivamente in Plenaria all’Europarlamento di Strasburgo a dicembre. L’obiettivo della Campagna, definito “ambizioso, ma non utopico” dagli stessi promotori, è la una riduzione del 50% dello spreco idrico ed agroalimentare a livello europeo entro il 2025.
Il dossier è accompagnato dalla presentazione del “Libro Blu 2011” (di Last Minute Market, Edizioni Ambiente) sullo spreco idrico. Pur essendo una risorsa rinnovabile l’acqua è comunque scarsa. Infatti solo circa lo 0,001%, sui circa 1,4 miliardi di Kmetri cubi d’acqua presenti sul pianeta, è effettivamente a disposizione del consumo umano. Come sottolinea la World Bank “l’acqua la possiamo contenere, incanalare, raccogliere, purificare, confezionare, trasportare e trasformare, ma non la possiamo produrre”. E come viene utilizzata? A livello planetario, il 70% circa dei consumi di acqua dolce è impiegato nel settore agricolo – indicativamente intorno al 40% nei paesi industrializzati e poco più dell’80% nei Paesi in via di sviluppo (PVS). Questo significa che si ha una percentuale altissima di spreco soprattutto nella filiera alimentare. E se il consumo giornaliero medio della popolazione dei PVS si aggira sui 20 litri, contro i 213 litri Italiani e i 600 litri Usa, e ad esempio solo 3 dei 213 litri di acqua potabile disponibile in Italia sono utilizzati per bere, risulta evidente come l’accesso all’acqua rappresenti un ulteriore elemento di sperequazione globale, per cui l’11% della popolazione dei Paesi industrializzati consumi tra produzione agricola e uso domestico l’88% delle risorse idriche complessive, e contestualmente 1,4 miliardi di persone non abbia accesso all’acqua potabile.
Veniamo ai numeri dello spreco. Nel solo 2010, si sono persi 12,6 miliardi di metri cubi d’acqua – pari a 1/10 del Mare Adriatico – per la produzione di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli, rimasti poi abbandonati nei campi. Solo in Italia, circa 180 t di mele per la cui produzione sono stati utilizzati 125 milioni di metri cubi di acqua; 378 mila t di arance per un consumo di quasi 190 milioni metri cubi di acqua, e 3,5 miliardi di t di pomodori per quasi 650 milioni metri cubi di acqua. Uno spreco nello spreco. E ancora enormi quantità di acqua sono utilizzate per i pasti che consumiamo quotidianamente. Per la produzione di un chilo di carne di manzo, ad esempio, sono richiesti 16 mila litri di acqua, mentre per produrre una tazza di caffè ce ne vogliono 140 litri.
Le cause degli sprechi nella produzione agro-alimentare non sono sempre le stesse: cambiano a seconda dei diversi livelli della catena agroalimentare, del tipo di prodotto e anche dal luogo. Suddividendo la catena in cinque settori – produzione agricola, gestione e stoccaggio, trattamento, distribuzione e consumo -, si nota come diversi comportamenti in ognuno di essi portino allo scarto di cibo perfettamente commestibile. Dalle perdite nella raccolta e nello stoccaggio, al trasporto in condizioni poco sicure, agli errori nell’imballaggio, fino alle cattive abitudini dei consumatori finali nell’acquisto e nell’utilizzo dei prodotti alimentari. Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, lo spreco si concentra nelle prime fasi, a causa della mancanza di tecniche agricole avanzate, sistemi ed infrastrutture di trasporto efficienti – ad esempio la catena del freddo – e possibilità di stoccaggio sicure. Nei paesi industrializzati, si ha invece maggiore spreco nelle ultime fasi, ossia nella distribuzione e nel consumo, soprattutto a causa della sovrabbondanza di cibo prodotto.
Un recente studio commissionato dalla Fao mette in luce dati piuttosto allarmanti, in particolar modo per questi ultimi. Europei e nordamericani sprecano a testa all’incirca tra i 95 e i 115 kg di cibo all’anno – contro i 6/11 kg dell’Africa sub sahariana -quindi fino al 50% si perde lungo tutti gli anelli della catena agroalimentare diventando rifiuto, con una stima annuale di circa 89 milioni t di rifiuti alimentari, ossia 179 kg pro capite. Inoltre nell’Unione europea vivono ancora 79 milioni di persone al di sotto del livello di povertà – indicativamente il 15% dei cittadini europei – e che, di questi, 16 milioni hanno ricevuto aiuti alimentari attraverso enti di beneficienza, quindi sostenendo un massiccio investimento economico. Alla luce di queste stime, si ritiene pertanto possibile poter raggiungere l’obiettivo di ridurre del 50 % lo spreco dell’acqua entro il 2025, passando per un complessivo miglioramento dell’efficienza della filiera agroalimentare, ed attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su un tema ancora per molti aspetti ignorato, o perlomeno sottovalutato. Formare una consapevolezza critica al consumo per evitare lo spreco. Questo è l’obiettivo della Campagna 2013 Anno europeo contro lo spreco alimentare.
di Giovannij Lucci e Davide Marceddu