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Berlino, la caduta degli dei (e di Berlusconi)

Sono davanti alla Porta di Brandeburgo, sotto la quale Berlusconi sognava di passare a braccetto con la storia e con la Merkel, quando aspirava ancora a essere ricevuto al Bundestag, il Parlemento tedesco, in soccorso all’Euro e a un’economia agonizzante. Sotto l’imponente carro della vittoria che trionfa sul colonnato, improvvisati soldati in vecchia tenuta militare, americana e russa, si fanno immortalare su richiesta con le bandiere sventolanti. E’ il mercimonio post-bellico. Di fianco un ambulante fa bella mostra di un cartello scritto a lettere cubitali con il pennarello: “Berlusconi bye bye”.

Anche Berlino gli dà il benservito.

La nostra guida per un giorno  si chiama Claudio Cassetti e da 30 anni abita a Berlino. Laureato in Lettere, ha una grande cultura, sia storica che architettonica, della città. Per lui Berlino sta al resto della Germania come Napoli al resto dell’Italia. Il tasso di disoccupazione in Germania è al 9% mentre a Berlino è al 14%. Anche a Berlino c’è molta creatività che può esprimersi liberamente.

Per quanto riguarda la politica della ristrutturazione urbana, si scontrano due scuole di pensiero: quelli che vogliono recuperare le vestigia del passato e gli altri che vogliono cancellare tutto fin dalle fondamenta per ricostruire ex novo. Questi ultimi sono convinti che sradicando il passato annidato tra le pietre si annienta anche il doloroso passato nascosto tra le pieghe della coscienza collettiva di un popolo che ha vissuto la distruzione di 64 milioni di persone (9 milioni della prima guerra mondiale e 55 della seconda). La memoria del passato è presente dovunque, ma si gioca su un doppio registro: non dimenticare la tragedia di un passato recente e sfuggire alla tentazione di coltivare i ricordi di un passato meno recente, glorioso e arrogante, che portava in germe il futuro destino di distruzione.

Ma siamo sempre in una capitale d’Europa e in giro per la città vedo moltissime Mercedes e Volkswagen, qualche Bmw, molte Audi di diversa cilindrata, ma anche utilitarie di sottomarche, Skoda e Seat, comunque di fattura tedesca. Non si vedono in giro né Fiat, né Toyota, né Peugeot. Cosa vorrà dire? Non conosco come funziona qui l’economia e mi chiedo se per caso abbiano adottato misure protezionistiche del mercato, o se sia che il cittadino tedesco si autoeduca ad aiutare il prodotto nazionale.

In Italia, sulle strade sfreccia una disomogeneità di brand e le auto di fabbricazione italiana non sono decisamente la maggioranza. L’ex premier Berlusconi ha un parco macchine di svariate Audi, e, principalmente Audi sono le macchine blu d’ordinanza dei politici e delle loro scorte. Insomma noi siamo il più grande spot vivente dei brand automobilistici stranieri. Meno male che l’ambasciatore italiano a Berlino, Michele Valensise, ha una Lancia Thesis. Almeno lui all’estero rappresenta il prodotto italiano.

E’ una vecchia regola di noi ex-giovani rampanti cronisti: quella di tastare il polso del paese “interrogando” il tassista. Ismail Efe è turco, ha 44 anni, da 35 anni vive a Berlino, 2.500 euro al mese e con gli straordinari di 14 ore al giorno arriva a 3.000. Vuole comprarsi una casa nel suo villaggio d’origine, Adana. Ha rifiutato il passaporto tedesco solo perché teme che da cittadino tedesco gli possano tassare la casa che sta per costruire. Ma i tre figli che sono nati in Germania hanno il passaporto con l’aquila imperiale. Gli chiedo: “Magst du Berlusconi?” ( Ti piace Berlusconi?) e si fa una risata: “Berlusconi ist Casanova”. “Ti piace la Merkel?” E giù lodi a non finire.

Sbarco a Napoli e chiedo a Renato, tassista da 35 anni: “Le piace Berlusconi?”. “Mi piacciono le sue case”. “Le piace la Merkel?” “Me piace assai, assai”.

E mi viene in mente la parodia di Maurizio Crozza, tailleurino un po’ dismesso alla Merkel e vistoso accento gutturale: “Berlusconi dire di me kulona inkiafapile… E io gli faccio uno spread così (allargando le mani nell’inconfondibile gesto)”. E la vera Merkel glielo fece davvero.

Proprio ieri il Frankfurter Allgemeine in prima pagina sparava una foto a colori del faccione di Berlusconi dentro una cornice a forma di cuore con brillanti incastonati e sopra la scritta “Ciao amore” (ovviamente in italiano).

di Januaria Piromallo