A due giorni dall’inizio della Loya Jirga, la grande assemblea tradizionale afgana, i Talebani hanno messo a segno un colpo. Quantomeno mediatico. Domenica, con un’email mandata da un indirizzo sicuro e già usato per comunicazioni, un portavoce dei turbanti neri ha comunicato che il gruppo era entrato in possesso dei piani di sicurezza approntati dal governo del presidente Hamid Karzai per la Loya Jirga.
L’assemblea, composta da duemila delegati, tra funzionari, politici, leader religiosi e tribali e rappresentanti locali, deve discutere innanzi tutto dell’accordo strategico che il governo di Kabul vuole chiudere con gli Usa per salvaguardare le relazioni tra i due paesi anche dopo la fine del 2014, quando ormai – se tutto va secondo i piani – le truppe internazionali si saranno ritirate dal paese. All’ordine del giorno dell’assemblea anche le trattative di pace con i Taliban, che però hanno promesso di attaccare l’assemblea e ne hanno negato ogni legittimità.
“Con l’aiuto di alcuni infiltrati abbiamo ottenuto le mappe, i piani di sicurezza e altri importanti documenti relativi alla cosiddetta Loya Jirga”, hanno scritto nella loro email alla stampa internazionale i Talebani. Che i documenti siano autentici, però, lo nega Sediq Seddiqi, portavoce del ministero dell’Interno afgano: “I piani di sicurezza sono segreti – ha detto Seddiqi a Kabul rispondendo alle domande dei cronisti – Solo quattro o cinque persone del comitato responsabile per la sicurezza dell’assemblea hanno accesso a questi documenti. Questa dichiarazione è una mossa propagandistica dei Talebani, che cercano in ogni modo di avere attenzione”.
I documenti diffusi dai Talebani, tuttavia, sono molto dettagliati e riportano perfino la disposizione dei reparti attorno alle varie zone di sicurezza nella capitale afgana, nonché lo schieramento delle forze speciali che hanno l’incarico di proteggere Karzai. Secondo l’emittente panaraba Al Jazeera, nei documenti ci sono anche numeri di telefono dei singoli comandanti delle unità militari. I reporter di Al Jazeera hanno provato a contattare quei numeri, rivelatisi veri, ma senza che nessuno rispondesse al telefono. Secondo la Nato, invece, la firma del comandante dell’Isaf, generale Curtis Scaparrotti riportata in uno dei documenti diffusi dai Talebani, è falsa.
Se ha ragione Seddiqi, però, i segnali pre-assemblea non sono incoraggianti. La polizia afgana ieri ha ucciso un attentatore suicida che stava cercando di farsi esplodere proprio nei pressi del luogo dove si svolgerà la Loya Jirga. Il dispositivo di sicurezza attorno a Kabul in vista della grande assemblea è stato rafforzato. All’ormai consueto “Anello d’acciaio” di check point che chiude il centro della città si sono aggiunti altri “strati” di sicurezza che arrivano fino alle periferie e secondo i media afgani il governo ha ordinato il congelamento di compravendite di immobili o anche solo di affittare case attorno alla zona della Jirga, per timore di infiltrazioni talebane.
Non finisce qui. Sempre secondo la stampa afgana, alcuni membri della Loya Jirga hanno ricevuto minacce dirette dai Talebani. E sempre loro stanno soffiando sul fuoco delle contestazioni a Karzai, già impegnato a fronteggiare le critiche di alcuni rappresentanti delle opposizioni che contestano il suo diritto a convocare l’assemblea. L’ultima Loya Jirga, nella scorsa estate, è stata segnata dagli attacchi dei guerriglieri: mentre Karzai teneva il suo discorso, le forze di sicurezza all’esterno hanno intercettato alcuni attentatori suicidi che cercavano di raggiungere il palazzo.
Sotto questi auspici, dunque, si prepara l’apertura della grande assemblea. In vista anche del vertice internazionale di Bonn, dove, il 5 dicembre, si riuniranno rappresentanti di un’ottantina di governi e agenzie internazionali per discutere del futuro dell’Afghanistan. In preparazione del vertice, le Ong europee che fanno parte di Enna, il Network europeo delle organizzazioni non governative impegnate in Afghanistan, hanno diffuso un documento diretto ai governi: “La conferenza di Bonn 2011 arriva in una congiuntura in cui è vitale un cambiamento di direzione della strategia per il Paese– scrivono le Ong – La transizione militare è in corso, con il ritiro della maggior parte delle truppe internazionali previsto per la fine del 2014 […] Ma rimangono enormi difficoltà per gli afgani comuni a esercitare i loro diritti umani fondamentali, ad avere accesso alla giustizia, a un sistema legale in grado di dirimere le controversie, ad avere voce in capitolo nella definizione del futuro del proprio paese attraverso strutture democratiche”. Le Ong europee chiedono ai governi che quei pochi miglioramenti faticosamente conquistati in dieci anni di guerra non vengano sacrificati dalla realpolitik e soprattutto che il ritiro delle truppe non significhi, di nuovo, abbandonare gli afgani alla violenza delle armi.
di Joseph Zarlingo