Il parlamentare aveva portato via un pc rivendicandone la proprietà durante una perquisizione della Gdf nell'ufficio a Roma del titolare dell'Atlantis Francesco Corallo anche lui accusato di falsa attestazione di generalità e qualifica per aver tentato di accreditarsi come ambasciatore presso la Fao per conto del Commonwealth di Dominica per godere dell'immunità diplomatica
Favoreggiamento. Con questa accusa i pm di Milano Roberto Pellicano e Mauro Clerici stanno valutando l’iscrizione nel registro degli indagati del deputato del Pdl e membro della Commissione Antimafia Amedeo Laboccetta che, il 10 novembre scorso, aveva portato via un computer (leggi) rivendicandone la proprietà durante la perquisizione della Guardia di Finanza nell’ufficio/abitazione in piazza di Spagna a Roma di Francesco Corallo, patron della società Bplus Atlantis. Da quanto si è saputo, i pm dopo una riunione con il procuratore aggiunto Francesco Greco, nei prossimi giorni dovrebbero inviare alla Giunta per le autorizzazioni l’istanza di sequestro del pc che settimana scorsa la Guardia di Finanza non ha potuto acquisire.
Due le accuse anche per Corallo: falsa attestazione a un pubblico ufficiale di identità o qualità personali (art. 495 cp), come rivela l’agenzia di stampa Agi. Il titolare della Bplus Atlantis infatti – perquisito nell’ambito dell’inchiesta sulla Banca popolare di Milano (Bpm) che vede indagato l’ex presidente Massimo Ponzellini e il suo braccio destro Antonio Cannalire per associazione a delinquere e ostacolo all’attività di vigilanza (leggi) – aveva cercato di impedire la perquisizione del suo ufficio affermando di essere ambasciatore presso la Fao per conto del Commonwealth di Dominica e quindi di godere dell’immunità diplomatica. Circostanza, questa, smentita dalla stessa organizzazione dell’Onu che si occupa di cibo e agricoltura. Ieri infatti la Guardia di Finanza ha acquisito al ministero degli Esteri la documentazione relativa alla procedura di accreditamento di Corallo come ambasciatore presso la Fao. Nei mesi scorsi, in qualità di Paese ospitante, la Farnesina, secondo fonti del ministero, ha effettivamente ricevuto una “richiesta di parere” da parte della Fao sull’eventuale accreditamento di Corallo. Parere poi risultato negativo perché, spiegano alla Farnesina, il titolare del gruppo Atlantis “svolge attività economiche in Italia” e si ritiene dunque “inopportuno” che qualcuno con interessi economici nel nostro Paese goda di immunità diplomatica.
Sulla proprietà del computer le versioni sono discordanti. Prima Corallo avrebbe tentato di sottrarre ai finanzieri il pc rivendicando l’immunità diplomatica in quanto ambasciatore, poi ne avrebbe attribuito la proprietà a una donna sudamericana, presente nell’appartamento al momento dell’irruzione dei militari (leggi). Poi, stando a quanto ricostruito il giorno successivo, il titolare della società Atlantis avrebbe telefonato ai suoi avvocati fra cui la deputata di Fli Giulia Bongiorno. E proprio mentre i finanzieri verificavano presso la Farnesina l’effettiva appartenenza di Corallo alla Fao e mentre i legali raggiungevano piazza di Spagna, sarebbe arrivato il parlamentare del Pdl Laboccetta che, invocando l’immunità parlamentare avrebbe preso il computer per portarlo via. Le rivendicazioni di Laboccetta arrivano sia subito dopo la perquisizione, sia il giorno seguente, quando in più occasioni, l’ex finiano ribadisce (anche ai microfoni del Fatto.it): “Quel computer è mio e chiunque dica il contrario ne risponderà”.
Anche questa sera il deputato napoletano del Pdl è rimasto fedele alle dichiarazioni precedenti e non ha risparmiato una stoccata alla procura di Milano: “E’ incredibile che qualcuno possa immaginare che io venga indagato in questa vicenda – ha scritto in una nota – L’accusa che mi si vorrebbe muovere è quella di aver posseduto qualcosa che mi appartiene e che, ovviamente, non avrei potuto sottrarre”. Secondo Laboccetta, “è sbalorditivo che qualcuno ipotizzi addirittura un reato di favoreggiamento” perché “manca ogni presupposto giuridico e di fatto”. Anzi, per il deputato Pdl un’accusa di favoreggiamento nei suoi confronti altro non rappresenterebbe che il tentativo, da parte della Procura di Milano, di “alzare l’ennesimo polverone mediatico per giustificare un’indagine (quella su Ponzellini, ndr) che, per quanto si legge sui giornali, si fonda su illazioni e congetture che appaiono prive di fondamento”.