Ancora sofferenza. Mentre Mario Monti apre le consultazioni con i partiti e le parti sociali per la formazione del nuovo governo, i mercati europei girano subito in negativo sull’onda del -0,61% di Wall Street e del -0,72% di Tokyo. Milano apre a -1,19% e continua in rosso per tutta la mattinata con la tempesta dei mercati che si abbatte su Finmeccanica e Unicredit (leggi la cronaca della giornata minuto per minuto). Il colosso italiano della difesa non riesce ad aprire per eccesso di ribasso sulle prime contrattazioni. Poco dopo le nove i titoli di Finmeccanica segnano un -13,06% teorico, dopo la diffusione dei conti trimestrali e l’annuncio che la società non distribuirà dividendi sull’esercizio 2011. Finmeccanica riesce a “fare prezzo” prima delle dieci, ma viene subito ricongelata per eccesso di ribasso a -11,95%. I conti evidenziano una perdita di 324 milioni di euro nei primi nove mesi dell’anno (contro un utile di 321 milioni nello stesso periodo del 2010) dovuta principalmente a difficoltà nei settori elettronico e aeronautico, con “oneri di natura non ricorrente” per 753 milioni di euro connessi al lancio del Boeing 787.

Intanto la tempesta torna a colpire Unicredit: congelato al ribasso dopo un’ora di contrattazioni, il titolo rientra mezz’ora dopo e viene sospeso di nuovo a -9%, per poi continuare in negativo per tutto il giorno. Dal mercato dei titoli di stato le notizie non sono migliori: lo spread dei BTP decennali con i bund continua ad allargarsi e non danno tregua nemmeno i titoli spagnoli e francesi. “Sui titoli italiani non c’è in pratica domanda sul mercato secondario”, scrive il Financial Times nell’edizione di oggi. “Se non intervenisse la Bce non ci sarebbe mercato”. Secondo il quotidiano finanziario londinese anche l’intervento della Banca Centrale Europea starebbe diventando sempre meno frequente e per quantitativi sempre più ridotti, portando gli interessi sui titoli italiani alle stelle. “La mancanza di domanda internazionale per il debito italiano fa sì che un buon numero di investitori siano scettici sulle prospettive future del paese, nonostante la nuova leadership”, conclude Ft.

Durante la giornata, attorno al debito italiano, girano le voci più disparate e sempre più preoccupanti. A partire dalla dichiarazione shock di Christian Clausen, presidente della Federazione delle banche europee, riportata da Vittoria Puledda su Repubblica: “Le banche stanno facendo esattamente quello che dovrebbero fare: ridurre il rischio (di essere travolte della crisi) vendendo i titoli italiani”. A metà mattinata Thomas Mayer, chief economist di Deutsche Bank, getta benzina sul fuoco: “Se i tassi di interesse continuano a salire al cinque, sei, sette o otto per cento, Mario Monti non riuscirà ad attuare le sue riforme”. L’Italia – secondo Mayer – sarebbe “parzialmente insolvente”, perché attualmente potrebbe avere problemi su due fronti: la crescita economica, che continua a stagnare e l’abilità di pagare gli interessi sul debito, che continuano a salire. Non aiuta di certo l’uscita dell’agenzia Bloomberg, verso le due del pomeriggio, che cita dati di Moody’s Analytics. “Anche se l’Italia ha un rating ufficiale pari ad A2, in realtà il debito italiano viene percepito come junk (spazzatura), a un livello di rating più basso, pari a Ba2”.

La giornata si chiude con gli spread in ulteriore ascesa: i Btp allargano a 529 basis point sul bund (dai 492 di partenza, + 7,44%), i Bonos spagnoli salgono del 5,32% a 455,61 bp e lo spread dei titoli francesi schizza a quota 190, con un incremento del 15,67% in una sola giornata. E se Milano riesce a ridurre le perdite a -1,16%, grazie all’appoggio di Pd e Pdl al governo Monti, Finmeccanica chiude le contrattazioni in un bagno di sangue a -20,33%. Tra i titoli peggiori ancora una volta Unicredit (-4,46%) e Banca Popolare di Milano (-4,23%), mentre Mediaset perde altri due punti (-2,40%). Tutte negative le borse dell’area euro, con Parigi a -1,91%, Madrid a -1,61% e Francoforte a -0,87%. Atene sprofonda a -4,71%, a causa dell’ondata di vendite sui titoli finanziari innescate dai pessimi dati sul Pil. Ma ormai questa non è più una notizia.

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